Andrea Cuomo, 50 anni, addetto del settore manutenzioni di Engie di Milano. Massimo Dominici, cinquantenne, commerciale della RCS Thales Italia. Sono gli ultimi due metalmeccanici vittime del Coronavirus, scomparsi prematuramente nei giorni scorsi. Due lavoratori che hanno continuato a impegnarsi finché non sono stati trovati positivi, e che ricordano come sia fondamentale battersi per la salute e la sicurezza di chi è costretto ad uscire di casa. “La morte di Andrea e Massimo ci avverte che abbiamo bisogno di fare le scelte più ponderate per salvaguardare la salute delle persone - dice Roberta Turi, Fiom Cgil Milano -. Naturalmente siamo preoccupati per la situazione economica, ma poiché continuano a esserci lavoratori che perdono la vita a causa del Covid-19, non possiamo dare seguito a chi chiede di riaprire subito le produzioni non essenziali, come sta facendo Confindustria”. 

Andrea Cuomo faceva il tecnico, gestiva le centrali termiche. Erano anni che si occupava della manutenzione al Comune di Limbiate, lui che abitava a Sesto San Giovanni con il padre. “Il pericolo di aver contagiato l’anziano genitore lo aveva preoccupato molto quando era risultato positivo - racconta il delegato Fiom di Engie, Stefano Bassi -. Era una persona attenta alle questioni sindacalie da poco si era iscritto alla Fiom, questo ci aveva fatto un grande piacere. Ma era anche sensibile ai problemi sociali, svolgeva attività di volontariato alla Croce Rossa. Dopo il ricovero in ospedale, le sue condizioni si sono aggravate velocemente”. A quanto risulta, Andrea non si è infettato sul luogo di lavoro. Da un mese l’azienda energetica francese Engie, che conta circa 3 mila dipendenti sparsi in tutta Italia, ha chiuso prima le sedi principali a Milano, Roma e Bari, e poi anche quelle nelle province. Un accordo sindacale ha permesso ai lavoratori di fare lo smart working e dove questo non era possibile, di ricorrere alle ferie pregresse. 

I delegati sindacali di Engie hanno voluto mandare un messaggio a tutti i lavoratori e le lavoratrici, partendo proprio dal dolore per la tragedia di Andrea: “Le procedure governative, aziendali e contrattuali non solo devono essere rispettate ma devono impegnarci ancora più responsabilmente - dicono -. Questo triste evento legato alla pandemia non può essere descritto come una fatalità o, peggio ancora, come una eventualità del nostro lavoro. Noi tutti dobbiamo sapere e dire che senza le protezioni adeguate nessuno deve lavorare, che senza i giusti dispositivi non esiste né emergenza né pronto intervento. Nessuno può permettersi di mettere a repentaglio la sicurezza delle persone”.

Anche in RCS Thales Italia, azienda del settore bigliettazione elettronica che ha sede a Pessano Con Bornago (Milano), i colleghi di Massimo Dominici sono vicini alla famiglia e al figlio per la perdita del loro caro. “Massimo era con noi da un paio di anni, si occupava della parte commerciale, andava in giro per clienti, in Emilia Romagna, in parte del Nord e del Centro Italia - ricorda Matteo Marinelli, Rls Rsu Fiom Cgil -. Su quaranta dipendenti oggi in azienda siamo solo in quattro, ma il direttore dello stabilimento vorrebbe portare a due le presenze giornaliere. Qui per fortuna l’emergenza viene gestita responsabilmente”. 

A differenza di queste, però, ci sono molte aziende con focolai di Covid-19 e numerosi lavoratori ammalati. “Il modo migliore per ricordare i lavoratori che muoiono in questi giorni drammatici è esercitare al meglio il nostro ruolo – conclude Roberta Turi –. Per questo abbiamo inviato al Prefetto di Milano una nota che denuncia alcune aziende metalmeccaniche che, in base alle informazioni in nostro possesso, non stanno rispettando il Protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus negli ambienti di lavoro o che dichiarano di voler proseguire l’attività in quanto ‘essenziale’, ma che riteniamo siano legate a quelle attività solo in modo marginale”.