Calenzano (Firenze), Torrazza Piemonte (Torino), e in Lombardia Buccinasco (Milano), Milano via Toffetti, Origgio (Varese), Monza, Burago di Molgora (Monza), Brescia e Casirate d’Adda (Bergamo). Continuano le proteste e le mobilitazioni dei lavoratori degli stabilimenti Amazon, dove sono aperte le vertenze per chiedere che vengano garantite la salute e la sicurezza, in alcuni casi assicurate solo sulla carta, e per limitare le attività solo ai beni e servizi essenziali. “L’unica strada per affrontare con responsabilità l’emergenza sanitaria è ridurre le attività – spiega la Cgil in una nota - in modo da consentire la minore esposizione degli addetti, adeguare l'organizzazione del lavoro e permettere quindi il rispetto di tutte le indicazioni del ministero della Salute”. Perché in stabilimenti come quelli di Amazon, dalle dimensioni gigantesche, che contano in alcuni casi 1500 o anche 1800 dipendenti, non è facile mantenere le distanze di sicurezza, igienizzare sempre le postazioni, dotare tutti di guanti e mascherine. Per risolvere il problema, le spedizioni dovrebbero essere ridotte a quello che serve veramente, come la stessa Amazon si era impegnata a fare. “E invece se ordini la cover del cellulare o la pallina per il gatto, ti arrivano a casa nel giro di pochi giorni – ci racconta Teresa Bovino, Filt Cgil Piemonte -. Adesso ditemi voi se questi prodotti sono essenziali. Ma ha senso oggi rischiare il contagio e quindi la vita per vendere un gioco per l’animale domestico?”. 

Calenzano

A Calenzano, che conta circa 300 lavoratori, i sindacati Filt Cgil, Fit Cisl e Uil Trasporti Firenze hanno proclamato lo sciopero oggi per tutto il turno di lavoro. Qui il Comitato per la sicurezza previsto dalla legge non è stato costituito, e Amazon se ne vuole lavare le mani. “Abbiamo chiesto un incontro in Prefettura, che si è detta disponibile, ma Amazon non intende presenziare al tavolo: vorrebbe mandare le quattro aziende che hanno l’appalto - spiega Gabrio Guidotti, Filt Cgil Toscana -. Invece è fondamentale che sia presente la committenza che è responsabile di ciò che accade in azienda. Le situazioni da risolvere sono tante: qualcuno ha la mascherina da una settimana ma non ha i guanti, le distanze non vengono rispettate, e poi vengono effettuate troppe consegne, i carichi di lavoro sono esagerati rispetto al momento che stiamo vivendo, si consegna merce non necessaria. Insomma riteniamo che le condizioni di lavoro siano insufficienti”. 

Torrazza Piemonte

Dopo i due casi di contagio delle scorse settimane, circa novecento dei 1800 lavoratori, la maggior parte dipendenti della multinazionale e molti iscritti Filt Cgil, hanno preso coraggio e si sono sospesi dal servizio perché non vengono garantite le condizioni di sicurezza. Lo consente l’articolo 44 del decreto 81 del 2008, per tutelare il lavoratore e la salute pubblica. L’azienda per tutta risposta ha scritto ai lavoratori sostenendo che il Comitato previsto dal Protocollo è stato costituito e che sono state messe in atto tutte le misure per scongiurare il pericolo di contagio. Inoltre, ha scritto Amazon, poiché non ci sono reali motivi per assentarsi, la prossima sarà considerata assenza ingiustificata. “È vero che il Comitato è stato costituito, ma non basta - precisa Teresa Bovino, Filt Cgil Piemonte -. Ci sono molte problematiche che vanno affrontate e risolte. A Torrazza hanno detto che hanno evitato gli assembramenti ma in realtà se non riduci il volume delle merci che movimenti non puoi diminuire il numero di persone che si trovano in uno stesso luogo contemporaneamente. Amazon ci ha risposto che è tutto a posto, ma non può essere l’azienda a stabilirlo. Per questo, abbiamo chiesto l’intervento del Prefetto di Torino, della Asl di appartenenza e del dirigente dell’unità di crisi Covid-19 del Piemonte, che possono entrare nello stabilimento ed effettivamente verificare qual è la situazione. Ma finora nessuno ci ha risposto”. 

Lombardia

Nei sette stabilimenti lombardi di Amazon sono stati segnalati alcuni casi di positività, sia tra i dipendenti che tra i driver. I sindacati hanno chiesto notizie ma l’azienda non ne ha fornite. Non solo. In regione operano dodici aziende in appalto, e di queste soltanto una ha costituito il Comitato previsto dal Protocollo con governo e parti sociali. “Noi abbiamo chiesto un Comitato unico per tutta la Lombardia ma anche in questo caso non siamo stati ascoltati - dice Emanuele Barosselli, Filt Cgil Lombardia -. Da quindici giorni ci scontriamo con Amazon e tutta la filiera. Abbiamo denunciato le irregolarità, il mancato rispetto delle procedure previste dal Protocollo. Il Comitato che si è costituito in Amazon, composto dai due Rsa e Rls, ha fatto delle contestazioni ma l’azienda non ha recepito gli input dei delegati sindacali”.

Per quanto riguarda i corrieri, cioè chi trasporta e distribuisce le merci, la sanificazione dei mezzi c’è chi la fa e chi non la fa, le dotazioni sono scarse, le distanze di sicurezza all’interno dei parcheggi e dei magazzini difficilmente vengono rispettate. “Il driver non ha più il contatto con il cliente - prosegue Barosselli -, perché è stato eliminato l’obbligo di firma, però c’è un altro problema: i corrieri stanno in strada dalle 9 alle 10 ore al giorno, ma non hanno posti dove fermarsi per andare in bagno o comprare un panino, nessuno li vuole fare entrare, come se fossero degli appestati. E tra loro ci sono molte donne, a differenza di altre filiere”. 

Niente mascherine e nessun calo dei ritmi di lavoro anche nel centro di smistamento di Casirate d’Adda (Bergamo), malgrado l’azienda con una comunicazione del 19 marzo avesse annunciato “la sospensione e l’adeguamento delle attività che non consentono distanza interpersonale di sicurezza”. Anzi, ci sono lavoratori impegnati anche in turni che finiscono alle due di notte. “Ci è stato riferito da alcuni dipendenti che un quarto dei circa 200 lavoratori sia in malattia e che 5 persone, fino a poco tempo fa presenti al lavoro, sarebbero risultate positive al tampone - dichiara Pierluigi Costelli, Filt Cgil Bergamo -. Alcune misure di contenimento del contagio sono state prese, non lo neghiamo, ma il problema è che non c’è stato alcun calo del lavoro, sappiamo di turni di notte e di domenica”. “E sul fronte dei lavoratori in somministrazione la situazione è anche più delicata, si ha paura di chiedere dispositivi di protezione, dal momento che si è assunti con contratti brevissimi, alcuni in scadenza proprio a fine marzo, cioè in queste ore”, aggiunge Paola Redondi, Nidil Cgil provinciale.

Piacenza 

Una buona notizia arriva invece dallo stabilimento di Castel San Giovanni, in provincia di Piacenza, circa 1500 lavoratori. Dopo 11 giorni di sciopero e una trattativa lunga e soprattutto onerosa per le buste paga, venerdì è stato sottoscritto l’accordo con Amazon. È stato costituito il Comitato che prevede la presenza di almeno due Rsa o Rls per ogni turno che possono monitorare l’applicazione delle normative di sicurezza per tutte e otto le ore. “Abbiamo convenuto che i processi di pulizia siano costanti e le sanificazioni programmate e tracciate - spiega Elisa Barbieri, Filcams Cgil Piacenza -. La distanza tra i lavoratori durante le attività è stata portata a due metri, docce, spogliatoi e aree fumatori sono state chiuse, consentendo ai dipendenti di portare con sé telefonini e altri effetti personali e aumentando di 5 minuti la pausa retribuita. Gli ingressi e le uscite saranno contingentate e divise in tre gruppi, stesso criterio per l’accesso alla mensa. Infine, ci saranno il controllo della temperatura in ingresso a tutti e la distribuzione quotidiana di mascherine e guanti. Insomma, una vittoria su tutti i fronti, ma non possiamo abbassare la guardia, questo è ciò che è stato promesso, adesso vediamo se sarà attuato”.