“Si parla di noi soprattutto quando c'è un guasto. Ma noi siamo quelli che danno la possibilità di accendere la televisione la sera, per ascoltare le notizie in questo periodo difficile”. Inizia così il racconto di Ciro Colursi, operaio elettrico di E-distribuzione, l'azienda del gruppo Enel che opera nel settore dell'energia elettrica. Uno dei tanti lavoratori “essenziali” che sono rimasti in servizio al tempo del Coronavirus, perché del loro ruolo non si può fare a meno. Colursi è iscritto alla Filctem Cgil, rappresentante Rsu e coordinatore provinciale per tutta l'area di Caserta. Anche adesso va in giro a risolvere i problemi dei circuiti elettrici.

“Nella nostra categoria siamo abbastanza fortunati – spiega -, nel senso che abbiamo alle spalle una grande impresa che guarda alla sicurezza. Ma non tutto è così semplice: sicurezza è una bellissima parola, poi bisogna vedere nel concreto come viene applicata”. Già da febbraio, all'inizio dell'epidemia di Covid-19, in azienda sono uscite le istruzioni operative per evitare il virus: “All'inizio però è stato molto teorico: abbiamo chiesto di applicare le istruzioni che venivano date, come l'uso delle mascherine e il rispetto delle distanze di sicurezza. In macchina eravamo l'uno vicino all'altro, senza troppa prevenzione. Tra l'altro noi in Campania dobbiamo rispettare una doppia ordinanza, quella del governo nazionale e le integrazioni del presidente De Luca. Siamo arrivati a minacciare uno sciopero per la sicurezza, poi la situazione si è gradualmente normalizzata: diciamo che mettersi in regola è stato un 'work in progress', alla fine ci siamo arrivati”.

“Mettersi in regola è stato un work in progress”

Ora in E-distribuzione gli addetti lavorano con le mascherine e i guanti monouso, viene loro fornito il gel per lavarsi le mani e uccidere i germi. Poi, come già raccontano gli Rls in una nostra inchiesta, alcuni problemi sono stati di carattere oggettivo: “Quando l'azienda è andata a comprare le mascherine per tutti non le ha trovate – prosegue Colursi -, c'è stato proprio un impasse legato all'approvvigionamento. Abbiamo allora deciso una razionalizzazione: è arrivato un numero ridotto di mascherine, quindi abbiamo fatto una riduzione di personale operativo. I lavoratori in ufficio sono andati in smart work, escluso il personale anche sul campo, ma questo comportava ancora un sovraffollamento di uffici e open space. Dunque, a scaglioni, anche gli altri si sono messi a lavorare da casa”.

Diversa situazione per gli operai elettrici che agiscono nelle strade. “Noi abbiamo chiesto di partire da casa, con mezzi propri, senza arrivare alla rimessa, ma l'azienda ha preferito proporre un orario sfasato per gli operai con riduzione del 50% della forza lavoro. Ora tutti viaggiano con le loro macchine: garantiamo il servizio elettrico, naturalmente, le riparazioni e le necessità come energizzare le tendopoli della Protezione civile. Abbiamo invece sospeso le interruzioni di corrente programmate per migliorare il servizio: non ha senso, in questa situazione, effettuare interventi migliorativi”.

“Anche lo smart work che fate è un po' merito nostro ”

Anche così gli eventuali rischi non sono ridotti a zero. “Incontriamo tante persone, in molti casi bisogna intervenire sul posto a casa di un cliente, ovviamente nel rispetto delle distanze di sicurezza. Mi metto la tuta da lavoro, salgo sul camioncino e faccio la riparazione. C'è un po' di preoccupazione in famiglia perché sono l'unico che esce e viene a contatto con l'esterno. In ogni caso la sicurezza in azienda è abbastanza soddisfacente, ma – specifica – dopo un grande lavoro fatto dal sindacato”. C'è poi un'ultima domanda, che va oltre l'impiego e slitta sul piano umano. Come ti senti ad essere un lavoratore essenziale nell'Italia del virus? “Da un lato c'è la consapevolezza dell'importanza del mio lavoro. I media – come detto – parlano di noi quando c'è un guasto, ma siamo proprio noi che diamo la possibilità di guardarli garantendo la corrente. Senza di noi il Paese si ferma. Anche lo smart work che state facendo, tutto sommato, è un po' merito nostro”.