I numeri sono impietosi, raccontano la tragedia dell’occupazione scatenata dal coronavirus. In Sicilia il 2020 si è chiuso con un aumento del 1306 % di ore di cassa integrazione autorizzate rispetto all’anno precedente, mai così tante, basti pensare che sono il triplo di quelle successive alla crisi del 2008. Dietro le ore di Cig si celano lavoratori e lavoratrici rimasti esclusi dal mondo produttivo, sono già oltre 67mila. Tradotto in salario, tutto questo si trasforma in una perdita netta di reddito di circa 5900 euro l’anno per ciascuno di loro. Presentando i dati, frutto di una ricerca realizzata, per conto della Cgil Sicilia, dal Centro studi dell’associazione Lavoro & Welfare, Cesare Damiano che ne è il presidente, ha affermato: “La cassa integrazione- ha detto Damiano- rappresenta un termometro per l’andamento dell’economia e dell’occupazione e ne testa lo stato di salute. Guardando ai dati è evidente che non siamo messi bene e che siamo lontani dal ritorno alla normalità”. Certo la cosiddetta normalità pre pandemia nell’isola già era contraddistinta da un tasso di disoccupazione tra i più alti del Paese, quella che si paventa da aprile in poi è da far tremare i polsi. Perché se le condizioni per far ripartire a pieno l’economia non ci sono, quanti oggi sono in cassa integrazione domani si potrebbero ritrova senza occupazione.

Secondo i dati illustrati da Monica Genovese, della segreteria regionale Cgil, emerge che sono andate complessivamente perdute nell’isola 17.549.678 giornate lavorative (526 milioni in tutto il Paese) e un reddito totale di 398 milioni di euro al netto delle tasse.  Nel dettaglio le ore coperte dai Fondi Fis hanno avuto un’impennata rispetto allo stesso periodo del 2019 del + 5.645,28%, la cassa integrazione in deroga ha registrato un aumento del 351.603,22%, la Cigs una crescita più contenuta del 30,06% mentre l’aumento più consistente, a causa della scelta caricare tutte le richieste per Covid-19 sulla Cigo, l’ha registrato la cassa integrazione ordinaria con un +2.268, 84%, pari a 42.659.396 ore,  e  picchi nelle province di Ragusa (+4.471%), Caltanissetta (+4.281%), Agrigento (+3521%).  Complessivamente sono state erogate in Sicilia risorse per cassa Covid pari a 1 miliardo e 179 milioni, inoltre 2 miliardi e 88 milioni del fondo di solidarietà bilaterale artigiano.  Parecchi inoltre i contratti di solidarietà, +38,89% rispetto al 2019. Secondo la dirigente sindacale è evidente: “la necessità urgente e improrogabile di una riforma del mercato del lavoro, degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive”. 

 

Vista la situazione, la prospettiva è davvero fosca. Secondo stime della Cgil regionale dal 1 di aprile – se non cambiano le norme – sono a rischio oltre 70mila posti di lavoro.  Secondo Alfio Mannino, segretario generale della Cgil Sicilia: “Sono numeri che descrivono un forte peggioramento dell’andamento economico. Diventa fondamentale un ulteriore blocco dei licenziamenti e una proroga della Cassa Covid assieme a un’azione politica nazionale e regionale decisa che faccia fare un passo avanti a una Sicilia, che ha perso il 10% del Pil”.

In questo contesto critico, ha rilevato il leader sindacale, “è chiaro che serve un governo forte e stabile.  Un governo che metta al centro della sua iniziativa il lavoro e la qualità del lavoro, che ricucia le fratture sociali e si occupi del rilancio del Mezzogiorno”. Infine Mannino ricorda che la Sicilia è una regione a statuto speciale con una forte autonomia e per questo al Governo regionale chiede: “un cambio di passo, cominciando con una riforma della pubblica amministrazione che la metta in condizione di gestire efficacemente la fase che si apre col Recovery Fund”. Ma, per guardare al futuro, secondo il segretario generale della Cgil isolana, alla proroga del blocco dei licenziamenti e degli ammortizzatori sociali “occorre accompagnare politiche attive e investimenti per la formazione continua e la riqualificazione di chi esce dal circuito produttivo, per incentivare nuove competenze e garantire un nuovo ingresso nel mercato del lavoro. Su questo obiettivo - inoltre - vanno convogliati i fondi non spesi della vecchia programmazione europea, un ruolo importante spetta dunque alla Regione”. Contemporaneamente, per la Cgil Sicilia, vanno riviste le politiche attive del lavoro e il ruolo dei centri per l’impiego, “garantendo che programmi come garanzia giovani procedano velocemente e senza intoppi”.