L’Istat ha appena diffuso la nota mensile sull’andamento dell’economia, in cui l’indicatore anticipatore registra un lieve miglioramento: a luglio ha interrotto la tendenza alla flessione in atto dalla fine del 2018. “L’istituto di statistica si riferisce a un ambito congiunturale limitato a un mese. Non siamo certamente di fronte a un cambio di passo. Ricordo che i dati trimestrali della settimana scorsa dicono un’altra cosa”. Così la vicesegretaria generale della Cgil Gianna Fracassi commenta con rassegna.it i numeri diffusi stamani dall'Istituto e, in generale, l’andamento della nostra economia.

“Il clima reale – aggiunge la dirigente di corso d’Italia – è quello che ben conosciamo a partire dal Pil che è fermo. Tra l’altro anche nella nota di stamattina si sottolinea la frenata del manifatturiero. Insomma, la musica non cambia, vediamo solo conferme della condizione precaria della nostra economia che, se da un lato risente della scarsa crescita in Europa, ha comunque problemi interni enormi a partire dalla pesante divaricazione territoriale ultimamente certificata non solo dalla Svimez, ma anche dallo stesso Istat”. 

Il quadro è ancora più preoccupante in vista della previsioni di fine anno, secondo cui l'Italia chiuderà con crescita zero o minima. “Di fronte a tutto ciò – sottolinea Fracassi – dal governo continuano a proporre ricette che sembrano non avere consapevolezza: spostare la discussione di nuovo sulla flat tax, per esempio, è solo un modo per aumentare il consenso politico senza affrontare in maniera complessiva il tema della redistribuzione delle risorse per far aumentare i consumi”. 

Insieme a una necessaria riforma fiscale organica, l’altro tassello sul quale i sindacati insistono in maniera unitaria, è quello degli investimenti pubblici: “Qui non siamo neanche più alla fase delle promesse del governo, come certificato dall’Ufficio parlamentare di bilancio per il 2019. Su questo fronte – osserva la vicesegretaria generale della Cgil – siamo al palo. Secondo le stime mancano all’appello ormai quasi 100 miliardi dalla fase pre-crisi, e a pagare di più, come sempre, è stato il Sud”. 

Una lettura molto cauta della nota odierna dell'Istat giunge anche da Federconsumatori: “Come già abbiamo fatto in passato, invitiamo a non cedere a facili ottimismi per un dato positivo che, da solo, purtroppo ha ben poca rilevanza. Di fatto – commenta il presidente dell’associazione Emilio Viafora – le testimonianze dei cittadini che ogni giorno si rivolgono alla nostra associazione dimostrano che le famiglie continuano a riscontrare forti difficoltà nel sostenere le spese quotidiane. Con un potere d'acquisto ancora debole e retribuzioni che non crescono di pari passo con l’aumento dei prezzi, non può essere altrimenti”.