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“Niente indulti o svuota carceri”, ma 15mila posti detentivi per un piano di edilizia penitenziaria che dovrebbe realizzarsi entro pochi anni. Questo uno dei cardini del Piano carceri targato Carlo Nordio, ministro della Giustizia del governo Meloni, che prevede inoltre la 'detenzione differenziata' nelle comunità dei circa dieci mila carcerati tossicodipendenti e l'accelerazione di procedure per chi han diritto alla liberazione anticipata.
Il provvedimento varato dal Consiglio dei ministri del 22 luglio punta tutto sulla soluzione edilizia, mentre tralascia il capitolo che riguarda come la pena debba essere scontata, vale a dire tutte le misure che evitino la completa inattività dei detenuti, l’isolamento affettivo e prevengano curino il disagio psicologico e psichico.
Il commissario straordinario, Marco Doglio, parla di 758 milioni di euro per recuperare i primi 9.696 posti entro i prossimi due anni e la realizzazione di altri 5.000 in 5 anni. Secondo il governo il sovraffollamento “si combatte con investimenti in infrastrutture, rieducazione e sicurezza", come ha sostenuto il sottosegretario Andrea Ostellari, mentre il ministro Nordio ha affermato che "non si tratta di uno sfoltimento carcerario, ma del recupero di quei tossicodipendenti, che sono persone da curare, ma nello stesso tempo hanno commesso reati di un certo allarme sociale".
Il trattamento differenziato del quale parla il provvedimento riguarda persone che, in relazione alla loro tossicodipendenza, hanno commesso reati minori come furti, scippi, rapine e violazioni di domicilio e ancora non è chiaro nel dettaglio come verrà messo in pratica.
C’è poi il capitolo sulla liberazione anticipata, che secondo Nordio "non richiede una legge nuova”, perché “si tratta di valutare le condizioni di persone che, sia per quanto riguarda il fine pena che per i piani di recupero a cui si sottopongono, potrebbero usufruirne".
“Un provvedimento non soddisfacente né risolutivo, come sostiene anche l’Unione Camere penali, una toppa su un sistema pieno di buchi che non avrà effetti immediati”, afferma Denise Amerini, responsabile Dipendenze e carcere dell’area Stato sociale e diritti Cgil, per la quale alla base del provvedimento c’è “un ragionamento generico di manutenzione, ristrutturazione e costruzione di nuovi spazi, nel quale l'unica certezza riguarda i prefabbricati, i container, che non sono certo una soluzione strutturale ma hanno anzi aspetti di rilevante problematicità”.
La fornitura di container ha profili assolutamente insostenibili: vista la loro prevista collocazione negli ambienti comuni, tolgono spazi fondamentali per lo svolgimento di attività trattamentali, rappresentano una pietra tombale su cosa deve essere il carcere secondo la costituzione. Non per niente abbiamo sentito parlare nei mesi scorsi, da parte di esponenti della maggioranza di governo, anche di togliere dall’art.27 il valore rieducativo della pena”.
Nel documento c’è poi un riferimento al carcere di Bollate, in provincia di Milano, visto da molti come un modello di buone pratiche: “Come da più parti sottolineato è un segnale chiaro della fine di quel modello. Inoltre, se si parla di 10.000 posti in più, dovremmo parlare anche delle dotazioni organiche e dei direttori di istituto necessari, ed oggi carenti”, afferma Amerini.
La sindacalista ricorda inoltre che l’aumento delle telefonate ai familiari da quattro a sei al mese era già previsto da un provvedimento adottato durante la pandemia da Covid e poi mantenuto in alcuni istituti, mentre bisognerebbe “garantire almeno una telefonata al giorno e approvare un regolamento che renda davvero esigibili i diritti legati anche al mantenimento delle relazioni affettive, dei rapporti con i propri cari”.
Per quanto riguarda la detenzione differenziata per detenuti tossicodipendenti in comunità, Amerini sottolinea che non è specificato quali debbano essere le strutture, quali i modelli e le regole e nemmeno i criteri per gli accreditamenti. “Abbiamo però sentito recenti affermazioni – dice –, secondo le quali si tratterebbe di strutture chiuse. Come sindacato abbiamo già ripetutamente espresso la nostra netta contrarietà a trasformare le comunità di accoglienza in una sorta di carceri privati”.
Pare che il pensiero sul quale si basa il provvedimento sia sempre lo stesso: “Il carcere come luogo altro in cui confinare corpi e non persone. Abbiamo sempre sostenuto che non serve costruire nuove carceri, inevitabilmente destinate a riempirsi – aggiunge Amerini -, soprattutto se si persevera nella logica di aumentare le fattispecie di reato, e se le pene già previste, se si interviene sulla giustizia minorile, si trasformano anche illeciti amministrativi in reati.
Il pacchetto non interviene sul sovraffollamento che, ricordiamo, supera il 133%. Addirittura il ministro Nordio arriva ad affermare che non è causa o concausa dei suicidi ma addirittura li previene. Non è prevista nessuna misura veramente deflattiva restano, basti vedere che persistono i 45 giorni per ogni semestre per la liberazione anticipata: si parla di procedure più rapide ma non è chiaro come potranno essere rese effettive”.
“Norma inutile se non pericolosa - aggiunge
Daniela Barbaresi, segretaria confederale della Cgil -, in quanto costringere le persone in spazi quali quelli dei container non solo peggiorerà le loro condizioni materiali, ma peggiorerà anche le condizioni di lavoro degli operatori, già oggi sotto organico.Il nostro impegno per la tutela dei diritti e della dignità delle persone ristrette e degli operatori del sistema carcerario, non può che essere ancora più determinato a fronte di certi provvedimenti e di certe affermazioni”.
“Con provvedimenti come questi – conclude - non si interviene in maniera strutturale sui problemi che affliggono il carcere, non si migliorano le condizioni in cui sono costrette a vivere le persone ristrette, senza restituire loro quella dignità e quei diritti che la Costituzione reclama”.
Intanto non passa giorno in cui non giungano notizie drammatiche si sono registrate tre dagli istituti penitenziari. Nei giorni scorsi, nel giro di sole 48 ore, si sono registrare tre morti in carcere per suicidio, a Roma, Massa e Frosinone: dall’inizio dell’anno sono 43 i detenuti che si sono tolti la vita nei penitenziari italiani.