Il 7 ottobre saremo in piazza a Roma con tante associazioni e organizzazioni della società civile per rilanciare la nostra Costituzione come “via maestra”, di unità sociale e civile, prospettiva internazionale di pace, giustizia e salvaguardia del creato, specie in un periodo dove più crisi sempre più si saldano insieme. Sottolineiamo in particolare alcune motivazioni principali della nostra partecipazione.

Pace

Manca oggi innanzitutto la consapevolezza nelle classi dirigenti che la guerra mondiale a pezzi, che sempre più si diffonde come le metastasi di un cancro, non è semplicemente un’altra crisi nelle crisi, ma è la sostituzione del “nessuno si salva da solo” con il “ognuno si salva contro l’altro e a scapito dell’altro”.

La guerra in Ucraina e non solo lì, insieme alla corsa agli armamenti, reclamano immediatamente il ritorno della politica, quella politica che la Costituzione indica nel ripudio della guerra e nel promuovere organizzazioni internazionali e un ordinamento che assicurino la pace e la giustizia tra le nazioni.

Oggi manca una voce autorevole, se si esclude quella del Papa, che chieda con forza un cessate il fuoco che è l’unica via anche per dar conto della giustizia violata con l’invasione russa.

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Lavoro

Serve un piano ampio contro l’impoverimento del lavoro e l’aumento delle situazioni di disparità, specie a carico di donne, giovani, migranti e del nostro Sud. Una povertà che però non è solo materiale, ma anche educativa e che chiede sia messo al centro il tema delle competenze.

Dobbiamo sostenere il diritto al lavoro libero, partecipativo, creativo e solidale, contrastando il lavoro povero e sfruttato, aumentando i salari, col rinnovo dei contratti. È il momento di introdurre il salario minimo, dare valore generale ai contratti, approvare la legge sulla rappresentanza, strumenti essenziali per contrastare i contratti pirata.

Dignità

La Costituzione (art. 36) chiede a retribuzioni e compensi di assicurare alla persona che lavora e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa e a questa condizione chiama a concorrere un solido sistema di solidarietà per “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art 3).

In molte scelte del governo invece, prevale il ridurre gli istituti della solidarietà nei confronti di chi è più debole come avvenuto con l’abolizione del reddito di cittadinanza, una misura certo da migliorare ma che è stato un passo avanti verso quel reddito minimo prescritto dal pilastro europeo dei diritti sociali. A ciò si accompagna un’assenza di visione d’insieme e di unità del Paese, evidente nella proposta di autonomia differenziata che accentuerà diseguaglianze e distanze. 

Infine, ma non meno importante: la solidarietà nazionale non si difende con l’avvento di un premierato, perché la forza e l’unità della democrazia non si ottiene grazie al potere nelle mani di pochi e a un parlamento già molto depotenziato ma, al contrario, con una riforma dei partiti e del loro funzionamento democratico e con meccanismi elettorali che ridiano potere agli elettori.

Emiliano Manfredonia, presidente nazionale Acli