Da alcuni anni la Cgil ha deciso di utilizzare questo istituto del processo. Ci spiega, innanzitutto, il senso della costituzione parte civile?
La costituzione di parte civile della Cgil sia nei processi contro la criminalità organizzata che in quelli per caporalato o per incidenti sul lavoro ha la funzione di rafforzare l’impegno del pubblico ministero nell’accertamento dei fatti criminosi di rilevante impatto; sia, e non solo, quindi di tutela degli interessi patrimoniali della Cgil. Il tradizionale ambito della costituzione di parte civile è il danneggiato, che chiede il risarcimento del danno derivante dal reato. Ma la costituzione di parte civile in questo caso è stata ed è esercitata a tutela di interessi individuale e collettivi, quindi in funzione – appunto – di sostegno, di supporto e di cooperazione con le attività dell’accusa pubblica. In qualche modo è diventata un’accusa privata che risponde proprio a questa finalità di rafforzare l’azione dei pubblici poteri nella repressione dei più gravi fatti criminali.

La Cgil, infatti, si costituisce parte civile ogni qualvolta c’è un processo che in qualche modo riguarda la violazione del diritto del lavoro e del diritto di lavoratori e lavoratrici. C’è un valore simbolico in tutto questo?
Simbolico, ma non direi solo simbolico. È il sindacato che diventa soggetto esponenziale di interessi collettivi di un’intera categoria e quindi si fa voce unitaria a tutela e a difesa di diritti dei singoli che si riconoscono nel sindacato, ma più in generale appunto della categoria dei lavoratori. È, quindi, non solo fatto simbolico, è anche un dato, come dire, di contenuto sostanziale in cui un soggetto collettivo persegue, più efficacemente che se fosse affidata all’azione dei singoli, un’attività di cooperazione con istituzioni pubbliche per l’accertamento dei reati che offendono e hanno la capacità di offendere una platea molto ampia e diffusa di soggetti.

Il senso di questo istituto è quello, appunto, di difendere interessi del singolo e interessi collettivi. Con l’inserimento della costituzione di parte civile nello Statuto dell’organizzazione vi è la volontà di affermare che il lavoro e tutto quello che ruota intorno al lavoro è questione sostanziale nella vita dei singoli e nella vita della collettività.
Certo, questo impegno nei processi diventa una forma di espressione di un impegno più ampio a tutela dei diritti sociali a partire dal diritto del lavoro. Quindi non è altro che un versante, un fronte di impegno particolare che è quello, appunto, sul versante giudiziario. Ci sono purtroppo gravi fatti, dall’infiltrazione nell’economia della ’ndrangheta, o alle morti d’amianto, con capacità e potenzialità offensive molto elevate, che hanno un grande potenziale di ledere i diritti di una pluralità indefinita di soggetti. Trovare il modo di entrare nei processi proprio attraverso la costituzione parte civile significa compiere e completare un impegno a tutela dei diritti sociali e del lavoro.

La costituzione parte civile consente una maggiore acquisizione di fatti, notizie e procedure che possono aiutare il sindacato nello svolgere la propria attività?
Indubbiamente. Intanto dimostra che chi si costituisce ha una particolare sensibilità culturale su quei temi, e poi la partecipazione al processo, il divenire soggetto e parte a tutti gli effetti del processo, si risolve nella capacità di acquisire un corredo di informazioni, che sono proprio quelle che entrano e sono lavorate nel processo, che poi possono ritornare molto utili una volta che si tratta di svolgere il proprio mandato di organismo sindacale nell’attività di tutti i giorni. Quindi la partecipazione al processo è certamente un’occasione, non solo per dimostrare una sensibilità e una spiccata vocazione alla tutela dei diritti, ma è anche il modo per recuperare un corredo, un patrimonio di informazioni che può essere utile per rafforzare quell’azione di tutela una volta che i processi sono conclusi. Credo, quindi, sia un passaggio importante e significativo che dà un contributo di rafforzamento all’azione del sindacato.

A suo giudizio, legalità e lavoro sono due termini che si coniugano? E qual è il senso del coniugarli insieme?
Il senso io lo vedo nel rispetto della dignità umana. Il lavoro deve essere il modo con cui si afferma la persona, i valori di una persona, il rispetto della dignità della persona e questo non può che avvenire all’interno di un contesto di piena legalità. Non vedo come si possa pensare a un lavoro in una situazione di illegalità e non vedo come in una situazione in cui manca il lavoro si possano affermare i diritti di legalità che sono anzitutto, nel nostro sistema costituzionale, i diritti della persona. Il nostro sistema giuridico costituzionale si fonda sui valori della persona che trovano nel lavoro e nella possibilità dell’accesso al lavoro una delle principali espressioni della personalità e quindi un’affermazione della dignità. Legalità e lavoro sono interdipendenti nel senso che non può esservi l’uno senza l’altra.

Il nuovo Codice dei contratti pubblici e, più in generale, l’idea che per far correre l’economia occorre lasciarle briglia sciolta, depotenziare il ruolo dell’Anac o eliminare i controlli preventivi della Corte dei conti: come si coniugano con la legalità?
Il discorso è complesso e non possiamo fare generalizzazioni, se non provare a dare indicazioni di principio. Le semplificazioni sono a volte necessarie, ma semplificazione non deve significare – appunto – un arretramento del controllo di legalità. Significa un adattamento dei controlli e della vigilanza alle necessità che soprattutto oggi si avvertono più forti che in passato, di una maggiore velocità nelle dinamiche imprenditoriali e nel mondo del lavoro. Ma io credo che si possa perfettamente coniugare semplificazione con il rispetto dei principi di legalità e con il rispetto soprattutto dei diritti delle persone. Che poi questo a volte possa essere declinato perdendo di vista il necessario equilibrio tra semplificazione e rispetto pieno della legge è un problema. Certo, non bisogna fare delle regole una gabbia, altrimenti si crea insofferenza. Ma io credo che le regole, il rispetto delle regole possa addirittura favorire processi di maggiore capacità imprenditoriale. Non credo alla vulgata, che spesso viene affermata, che le regole sono dei lacci che impediscono e frenano lo sviluppo. Io credo che anche di sviluppo si possa parlare solo all’interno di una cornice di piena legalità.

Torniamo al processo e alla costituzione di parte civile. Lei spiegava come attraverso questo istituto il sindacato diventa uno dei soggetti del processo. Quanto è importante che i diversi soggetti che entrano nel processo dialoghino tra di loro e abbiano tutti la stessa attenzione rispetto alla legalità? E quali sono gli strumenti che si possono mettere in campo, oltre alla costituzione di parte civile?
La costituzione parte civile può essere il terminale di un impegno per la tutela della legalità che parte dalla denuncia, dalle attività di vigilanza, di controllo sui luoghi di lavoro. Quindi il sindacato si afferma sempre più come soggetto di promozione dei diritti nei luoghi di lavoro, ma in genere su tutti i versanti di impegno sindacale. Un’attività che inizia con le denunce, quindi con una cooperazione stretta con l’autorità giudiziaria, e culmina con la costituzione di parte civile che è il momento in cui si entra nell’imputazione di alcuni fatti ipotizzati e accertati in fase di indagine e che poi vengono consegnati al dibattimento. Il processo è il luogo del dialogo, quindi il luogo proprio di elezione, il luogo principe cui i soggetti concorrono al dialogo e comunicano, è un momento, come dire, di mutua assistenza attraverso la pubblica accusa tra le parti. Un dialogo serrato che porta nel processo anche l’esperienza e il patrimonio di conoscenza del sindacato e che può contribuire a un accertamento dei fatti. Insomma io vedo la costituzione parte civile come l’epilogo di un impegno sul versante della legalità molto più ampio.

La costituzione parte civile consente anche la quantizzazione del danno e quindi determina un risarcimento di tipo economico. Ora, al di là del valore più o meno ampio del risarcimento che viene riconosciuto, il risarcimento del danno che cosa rappresenta?
Il risarcimento del danno è un bisogno ovvio di immediata percezione che i reati causano anche danni civili, quindi lesioni del patrimonio dei soggetti, sia individuali che collettivi, e quindi impongono risarcimento. Credo però che la costituzione parte civile nei processi, in quelli per mafia ma anche in quelli per inquinamenti ambientali o in quelli per violazione delle norme su salute e sicurezza, abbia un valore in sé, una finalità in sé, quella appunto di contribuire all’accertamento dei fatti prima ancora che alla quantificazione di una risposta in termini di risarcimento monetario. Certo, il risarcimento del danno è importante, soprattutto per i singoli, ma perde parte della sua rilevanza se è riferito all’azione di soggetti collettivi che agiscono non per interessi propri. Il sindacato, quando interviene nei processi, non difende propri esclusivi interessi di soggetto collettivo, ma appunto, come abbiamo detto, interessi di un’intera categoria sociale. La risposta risarcitoria passa in secondo piano.

Infine, la costituzione di parte civile della Cgil nei processi in qualche modo crea un collegamento tra il processo stesso e la società civile?
Indubbiamente, quando un soggetto collettivo come il sindacato entra nel processo dalla porta principale come parte del processo, rende più trasparente, più comprensibile ciò che viene fatto nelle aule di giustizia. A beneficio ovviamente non solo del sindacato come soggetto collettivo, ma di tutto il mondo che il sindacato rappresenta. Insomma la costituzione parte civile della Cgil può essere un veicolo tra ciò che a volte può apparire lontano e poco comprensibile come un processo e la società civile, è un momento proficuo di cooperazione con l’attività giudiziaria, apre il palazzo alla società.

La costituzione parte civile di soggetti collettivi apre il palazzo alla società, è un modo per affermare il valore della democrazia: il processo come luogo del confronto e del dialogo tra il dentro e fuori le aule di giustizia.
Esattamente, è proprio questo. Ci sono regole del processo che sono democratiche, strutturalmente democratiche: quando ci sono soggetti come un sindacato che partecipa al processo, si moltiplica e si rafforza la capacità di comunicare all’esterno ciò che avviene. E questo è importante per la democrazia.