Puntata n. 3 - 1922, la marcia su Roma di Mussolini e delle camicie nere. 2022, Giorgia Meloni, alla guida del governo più a destra della Repubblica, incassa la fiducia alle Camere 

La fiamma brucia ancora

100 anni fa proprio oggi, il 28 ottobre del 1922, su ordine di Benito Mussolini migliaia di camicie nere marciarono su Roma per prendere il potere. 100 anni dopo, con la maggioranza parlamentare più a destra dell’ultimo secolo, Giorgia Meloni ha presentato il proprio programma alle Camere, in un discorso fortemente identitario e di estrema destra. Il sassolino del direttore di Collettiva, Stefano Milani.

Il governo tutto Dio, Patria e tengo Famiglia, anche se non tradizionale, ha giurato. Il/lo/la/i/gli/le presidente Meloni ha ottenuto una larga fiducia nei due rami del Parlamento. Ora dovrà conquistarsela nel Paese dopo le sfavillanti e populiste promesse elettorali che l'hanno catapultata sullo scranno più alto. E non sarà facile, la lista delle sfighe è corposa: guerra, caro bollette, inflazione, povertà, Salvini ministro. Il merito, questo esecutivo, lo dovrà ottenere sul campo e non semplicemente sventolarlo come ideologia lessicale buona solo per titillare l’io identitario e cambiare la carta intestata del dicastero che fu della Pubblica Istruzione. Bene aver sfondato il tetto di cristallo, era ora, ma adesso per governare occhio alle schegge impazzite.

Il merito della questione

Prima ancora che Giorgia Meloni presentasse il proprio programma, ad alzare la temperatura del dibattito era stata la sua decisione di ribattezzare il ministero dell’Istruzione, Ministero dell’Istruzione e del Merito. “In un Paese che ha un livello di diseguaglianze come il nostro trovo che sia sbagliato introdurre, quando parliamo di istruzione, di conoscenza, la parola merito – ha detto il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini -. Rischia di essere uno schiaffo in faccia a tutti quelli che possono avere tantissimi meriti ma che partono da una condizione di diseguaglianza assoluta”. E intanto, mentre la premier Meloni incitava con parole appassionate i giovani, “anche quelli che sicuramente manifesteranno contro questo governo”, a pensare con la propria testa, a qualche giovane studente della Sapienza di Roma la testa i poliziotti gliel’hanno rotta con il manganello allo scopo di disperdere un presidio che il collettivo universitario aveva convocato contro lo svolgimento di una iniziativa sul capitalismo con Daniele Capezzone e Fabio Roscani, deputato di Fratelli d’Italia. Non so nel merito, ma nel metodo ci sembra che ci sia molto da discutere.

Si salvi chi può 

In questo quadro e con la bufera che tira dall’estrema destra, sono sempre meno i migranti che scelgono il nostro Paese o che ci rimangono. A certificarlo sono le anticipazioni del Rapporto Annuale che la Fondazione Leone Moressa pubblica sull’impatto del lavoro degli stranieri sull’economia del nostro paese. Oggi gli immigrati regolari in Italia sono 5,2 milioni e il loro contributo vale quasi 144 miliardi, il 9% del Pil, ma prima del Covid arrivava al 9,5%. La quota tra gli occupati è scesa dal 10,3% del 2019 al 10%. Differenze pesanti in alcuni settori quali l’agricoltura, l’edilizia o il turismo. Molte parti datoriali parlano del decreto flussi come un disastro burocratico che lascia scoperta una parte fondamentale della forza lavoro richiesta. E non sanno ancora cosa li aspetta, tra promesse di blocchi navali e piani per non far partire più migranti.

Gli Eroi del Covid, dal 31 ottobre 2022 saranno disoccupati 

La denuncia arriva dalla Cgil e dlla Fp Cgil di Teramo. Quel giorno infatti chiuderà i battenti la Residenza Sanitaria conosciuta come Bivio Bellocchio di Giulianova che gestiva i servizi assistenziali dedicati ai pazienti Covid. Infermieri, operatori socio sanitari, ausiliari, lavoratrici e lavoratori di quella comunità sanitaria a cui tutti dobbiamo tantissimo ma che davvero poco hanno avuto dallo Stato. Lavoratrici e lavoratori che hanno lottato contro la pandemia come i loro colleghi del Servizio Sanitario Nazionale, ma alle dipendenze di cooperative sociali, senza il riconoscimento di alcuna indennità per il lavoro svolto, fuori dalle dinamiche, anch’esse parziali come la Fp Cgil ha sempre denunciato, dei percorsi di stabilizzazione.

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