42 mila provvedimenti emessi, 99 mila richieste di esecuzione, 30.300 sfratti eseguiti. Dati del ministero dell’Interno alla mano, nel 2022 l’emergenza casa in Italia è tornata ai livelli precedenti la pandemia, dopo il parziale blocco delle esecuzioni, e i numeri sono da record.

A dimostrazione, bastano le variazioni percentuali rispetto al 2021: più 9,4 per cento gli sfratti emessi, più 199 le richieste, più 218 quelli eseguiti con l’intervento dell’ufficiale giudiziario. Sono 34 mila gli sfratti per morosità, pari all’80,1 per cento del totale, con una crescita del 4,3 per cento rispetto all’anno precedente, quasi la metà nelle città capoluogo, il restante 52 per cento nelle province. Al primo posto per numero di sfratti effettuati, Roma (2.784) subito seguita da Torino (2.761), a livello nazionale il primato ce l’ha la Lombardia con 5.391.

“A fronte di un disagio abitativo così forte e così in crescita, nella manovra presentata dal governo Meloni non c’è neppure un euro destinato agli affitti – afferma Stefano Chiappelli, segretario generale del Sunia -. Non sono stati rifinanziati i fondi nazionali di sostegno agli affitti e alla morosità incolpevole, neppure un centesimo per l’edilizia pubblica. È stato rifinanziato solo il fondo per i mutui sulla prima casa, 300 milioni di euro, come se potesse bastare per risolvere il problema”.

Famiglie senza fondi

Quanto destinato a dare un aiuto alle famiglie in difficoltà l’ultima volta dal governo Draghi rispondeva solo in parte alle reali esigenze, coprendo il 40 per cento del fabbisogno: “Occorrono almeno 900 milioni di euro – riprende Chiappelli -. Stando ai dati Istat ci sono 900 mila famiglie in povertà assoluta, il 40 per cento delle quali vive in affitto. Proprio la fascia di popolazione più colpita dalle esecuzioni”.

Non basta. Per governare gli sfratti e trovare soluzioni tra gli interessi dei proprietari e quelli degli inquilini, secondo il sindacato degli affittuari l’esecutivo dovrebbe mettere in campo strumenti in grado di incentivare accordi con le prefetture. Ma anche su questo fronte, non è pervenuto niente.

La turistificazione delle città

Le cifre del Viminale ci raccontano un altro fenomeno, il dilagare nelle nostre città degli affitti brevi turistici. Nel 2022 sono stati 3 mila gli sfratti per necessità del locatore (più 75,9 per cento), 5 mila quelli per finita locazione (più 22,4 per cento). Che cosa succede? Che il proprietario vuole rientrare in possesso dell’immobile, per poi destinarlo a bed and breakfast, più redditizio delle locazioni residenziali.

“In questo modo la famiglia che cerca casa a un canone sostenibile è ancora più in difficoltà – aggiunge il segretario del Sunia -. Negli ultimi anni migliaia di alloggi sono stati sottratti al mercato delle locazioni a lungo termine, anche grazie all'assenza di una regolamentazione. Per combattere la turistificazione e la gentrificazione delle nostre città, il provvedimento proposto dal ministero del Turismo affronta solo parzialmente la questione, che dovrebbe invece coinvolgere il mercato degli affitti nel suo complesso”.

Un ddl non risolve il problema

Dopo Parigi, Lisbona, Barcellona, Valencia e, da ultima, New York, che hanno messo dei limiti agli affitti a breve termine, ritenendoli responsabili dell’emergenza abitativa e del caro casa, adesso anche l’Italia, sollecitata dalle amministrazioni comunali, si prepara alla stretta. La ministra Santanchè ha definito la nuova bozza di un provvedimento che vuole mettere un argine al proliferare degli appartamenti b&b nelle città e nelle località più gettonate.

Un primo passo, che accoglie le misure di natura fiscale e di sicurezza proposte dai sindacati degli inquilini, che è frutto di un compromesso tra gli interessi in campo, ma soprattutto che non risolve il problema del disagio abitativo: perché mettere un limite minimo di due notti agli affitti brevi non farà certo tornare i cittadini nei centri storici. Inoltre, ai Comuni, che sono quelli che devono fare direttamente i conti con l’emergenza casa, non è stato attribuito nessun ruolo ma solo incombenze.

Nella manovra di bilancio che deve ancora approdare in Parlamento c'è inoltre un'ipotesi di modifica della disciplina fiscale per gli affitti brevi, la cosiddetta cedolare secca, che potrebbe passare dal 21 al 26 per cento.

Il caso Firenze

Così, nelle more della normativa, Firenze ha fatto da sé. Il consiglio comunale ha dato il via libera a una delibera che mette un freno alle locazioni turistiche brevi nella cosiddetta area Unesco e l’azzeramento dell’Imu sulla seconda casa per tre anni per chi rinuncia a fare b&b e torna alle locazioni ordinarie. Stando ai dati del Comune, nel 2016 c’erano 6 mila appartamenti su Airbnb, oggi ce ne sono più di 14 mila, nel frattempo i canoni per gli affitti di lunga durata sono aumentati del 42 per cento.

“Di questo provvedimento pensiamo tutto il bene possibile – afferma Laura Grandi, Sunia Firenze e Toscana -. Anche se non riuscirà a risolvere il problema dell’over turismo, credo sia un atto coraggioso, un impegno politico che non possiamo che cogliere positivamente. A Firenze la situazione è tragica, ci sono oltre 3 mila richieste di esecuzione in attesa e il 340 per cento in più di sfratti eseguiti solo nel 2022. Ma il bilancio di quest’anno sarà ancora peggiore”.

Le richieste del sindacato

Insomma, mentre le famiglie devono fare i conti con caro affitti e sfratti, l’offerta di edilizia pubblica nel nostro Paese è del tutto insufficiente: il fabbisogno stimato dagli enti gestori è di 600 mila unità immobiliari. Inoltre, molte case non sono disponibili perché si trovano in un pessimo stato di manutenzione. Allarmante anche la situazione degli alloggi per studenti fuori sede, che mette in discussione il diritto allo studio di tanti ragazzi e ragazze, tornati a protestare in tenda e in piazza: a fronte di oltre 800 mila fuori sede, i posti letto sono appena 40 mila.

“Rifinanziare i fondi, incrementare l’offerta di edilizia pubblica, integrare con quella sociale, realizzare residenze universitarie, rivedere il regime fiscale legato alle locazioni – conclude Chiappelli -. Queste sono le azioni che il governo dovrebbe fare, mettendo mano a un piano straordinario per la casa, tante volte invocato ma neanche lontanamente abbozzato”.

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