Diciotto associazioni della società civile, tra cui A Buon Diritto, ActionAid, Antigone Lazio, Arci, Medici Senza Frontiere, Oxfam Italia, Nonna Roma e Cgil Roma e Lazio, hanno annunciato l'adesione all’Azione popolare per la chiusura immediata del Cpr di Ponte Galeria, l’unico centro in Italia che trattiene anche donne.

“Incompatibile con la dignità umana”

A promuovere l’iniziativa sono stati, nel novembre scorso, quaranta tra docenti, giuristi e personalità del mondo accademico romano che hanno deciso di agire in sostituzione del sindaco di Roma, utilizzando lo strumento previsto dal Testo unico sugli enti locali. L’istanza formale inviata a Gualtieri chiede la chiusura, definendo il centro una ferita aperta nel tessuto urbano e civile della città. Primo firmatario dell’appello, l’ex Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà, Mauro Palma, oggi presidente del Centro di ricerca "Diritto penitenziario e Costituzione" dell’Università Roma Tre.

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Nel documento si sottolinea come l’assenza di tutele normative, le condizioni fatiscenti della struttura, le modalità di gestione opache e le morti avvenute al suo interno costituiscano una minaccia non solo per i diritti fondamentali delle persone trattenute, ma per l’identità stessa della città. “La funzione puramente detentiva del centro, priva di ogni prospettiva costruttiva - scrivono - è incompatibile con i valori di accoglienza, solidarietà e rispetto dei diritti umani che Roma, per vocazione storica e statutaria, dovrebbe incarnare”.

Una battaglia politica e civile

Secondo le organizzazioni che hanno aderito, la chiusura del Cpr non è solo un obiettivo giuridico, ma una priorità politica e civile. “A Ponte Galeria – si legge nella nota congiunta – oltre al drammatico elenco delle criticità comuni a tutti i Cpr, emerge una questione ancora più grave: la detenzione di donne in condizioni degradanti e l’abbandono terapeutico di persone con fragilità psichiche”.

Il recente pronunciamento della Corte costituzionale (sentenza n. 96/2025) ha ribadito l’allarme lanciato da anni dal mondo del diritto e dalle realtà sociali: i Cpr, per come sono concepiti e gestiti, violano i principi costituzionali e lo Stato di diritto.

Fuori dal controllo giudiziario e civile

Ponte Galeria è accusato di operare come una zona d’ombra istituzionale, priva di supervisione effettiva da parte dell’autorità giudiziaria e impermeabile al monitoraggio indipendente. “Non è tollerabile – denunciano le associazioni – che esista, nel cuore della Capitale, un luogo dove ogni giorno si calpestano i diritti più elementari: senza garanzie giuridiche, senza adeguata assistenza sanitaria, senza condizioni igienico-sanitarie dignitose”. Un’anomalia, aggiungono, che contrasta apertamente non solo con la Costituzione ma anche con lo Statuto di Roma Capitale.

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Verso l’udienza del 16 ottobre

L’Azione popolare avrà il suo primo passaggio formale il 16 ottobre 2025. Un appuntamento che le associazioni e gli accademici promotori considerano decisivo per riportare al centro del dibattito pubblico l’illegittimità del sistema dei Cpr, il mancato rispetto dei diritti delle persone vulnerabili e la deriva di un razzismo istituzionale sempre più normalizzato.

”La Cgil ha da sempre una visione chiara per la chiusura dei Cpr, in particolar modo per quello di Ponte Galeria, che è un luogo davvero degradante -  afferma  Diana Agostinello della segreteria Cgil Roma e Lazio -. Abbiamo anche fatto parte della delegazione che ha chiesto di visitare il Cpr. Invitiamo tutte le cittadine e i cittadini, le reti culturali, sociali e civiche a sostenere questa iniziativa. Chiudere Ponte Galeria non è solo un atto dovuto: è una scelta necessaria per difendere l’umanità e l’identità della nostra città. E quando l’azione politica non basta a restituire dignità alle persone, è necessario passare all’azione legale. Noi non ci tiriamo indietro”.