Era nato come un presidio appena lunedì scorso, ma le adesioni sono cresciute così tanto che si è reso necessario organizzare un corteo. Sono queste le premesse di una giornata, quella di oggi, che vede la società civile siciliana mobilitarsi contro il rischio che la posizione strategica dell’Isola e la presenza della base aerea americana di Sigonella nel catanese trasformi questo territorio in un avamposto delle guerre che si stanno combattendo in Medio Oriente.

Alfio Mannino

“Sarebbe una scelta che va contro la storia, la cultura e la tradizione della Sicilia, terra di pace che si è sempre mobilitata contro la guerra – ci spiega Alfio Mannino, segretario della Cgil regionale, in prima fila nell’organizzazione della mobilitazione di oggi –. Ricordo il pensiero di Pio La Torre, quell’idea di sviluppo che diceva no alla guerra come diceva no alla mafia. E invece il silenzio del governo della nostra regione rischia di portare indietro gli orologi della storia. Per questo abbiamo avvertito l’urgenza di un’iniziativa come questa a Sigonella, non solo perché è evidente, nell’immediato, che sta crescendo il traffico sullo spazio aereo da e per questa base, ma per il segnale che questo rappresenta”.

Il concentramento è previsto alle 9.30 nella Sp 105 intersezione strada statale 417. I comizi partiranno alle ore 11 nello slargo prima della base di Sigonella. Una scelta controcorrente anche rispetto alle decisioni del vertice Nato di inizio settimana, dove è arrivato il sì all’aumento della spesa in armamenti fino al 5% del Pil. Una quota enorme di risorse che porterà a ulteriori tagli al welfare.

L’impatto rischia di essere devastante per il Mezzogiorno e per la Sicilia, in particolare – commenta preoccupato Mannino –: la rimodulazione del Pnrr al fine di dirottare una quota così ampia di risorse sulle armi significa tagliare infrastrutture necessarie per l’Isola. Scegliere di fatto un’economia di guerra è un tema sociale, afferma un modello di sviluppo in distonia con le nostre vocazioni e in distonia con la nostra storia. Ci allontana dal modello virtuoso che da tempo cerchiamo di affermare, quello di una Sicilia che punti sul turismo sostenibile e sulle politiche di sviluppo della produzione e della valorizzazione delle eccellenze agroalimentari. Dentro una cornice che rispetti e incentivi i processi di transizione energetica, digitale e ambientale”. Una visione ampia e consapevole dello sviluppo economico nel medio e lungo termine che avrebbe bisogno di risorse da investire, risorse che la scelta del vertice Nato rischia di depredare. “Gli investimenti figli dell’economia di guerra impoveriranno il tessuto sociale della nostra regione”, dice senza mezzi termini il segretario della Cgil.

Per queste ragioni l’idea di protestare contro lo scenario che si va profilando, ma anche contro la realtà di queste ore, ha fatto crescere l’onda della partecipazione. Le adesioni aumentano di ora in ora. Non solo la Cgil, ma tante forze politiche e sociali, Sinistra Futura, Rete catanese Restiamoumani Incontriamoci, Pd,  Movimento 5 Stelle, Federconsumatori, Auser, UDÌ, Udu, Nun si Parti, Sunia, Centro Arrupe, centro Pio La Torre, AVS, Pax Cristi. “Quello che ci stupisce e ci conforta – aggiunge Mannino – è l’adesione di tante cittadine e tanti cittadini singoli, parliamo di migliaia di persone che hanno risposto con entusiasmo all’idea di riaffermare il proprio ‘No alla guerra’ e ‘No a un’economia di guerra’. Che conferma quello che ci racconta la storia di questo territorio: c’è un mondo siciliano che non solo si è sempre caratterizzato per dire no alla guerra, ma che guarda con forte preoccupazione al pericolo che l’escalation militare determini scelte che incrinino la già fragile tenuta economica e sociale della nostra regione. Rischiamo di vederci sottratte risorse fondamentali per contrastare le disuguaglianze”.

C’è qualcosa che vi ha sorpresi in queste ore? “Se dovessi sottolineare un aspetto, direi che l’adesione dei giovani del comitato ‘Nun si parti’ accende una speranza per il futuro in tutti noi. Questi sono i giovani che hanno scelto, con coraggio e determinazione, di restare a vivere e lavorare in Sicilia e la loro scelta di esserci oggi è un segnale importante perché dimostra che quella parte di Sicilia che vuole restare e lottare per l’Isola rifiuta la guerra e il processo di militarizzazione sul piano sociale ed economico”.