Libero e sicuro, in Italia, l’aborto non lo è mica tanto. Come potrebbe esserlo se il 64% dei ginecologi, il 44,4% degli anestesisti e il 36,2% del personale non medico è obiettore di coscienza? E, ancora, come potrebbe esserlo se in tutto il territorio nazionale vi sono solo 1925 consultori pubblici, pari allo 0,6 ogni 20mila abitanti? Sempre che questi numeri siano ancora validi, e già perché, nonostante la legge 194 del 1978 preveda che il ministero della Salute, ogni febbraio, debba consegnare al Parlamento la relazione sullo stato di attuazione della Legge, l’ultima risale al 2022 d riporta i dati del 2020. Cosa aspetto il ministro Orazio Schillaci a ottemperare alla norma e consegnare a Camera e Senato una relazione aggiornata?

Il sindacato in prima linea

Ultima in ordine di tempo la denuncia delle donne della Cgil del Piemonte e nazionale, contro la volontà della Giunta regionale di istituire uno sportello, all’interno del reparto di ginecologia dell’Ospedale Sant’Anna di Torino,  per dissuadere le donne ad interrompere la gravidanza. Sportello che certo non serve a tutelare ne la sicurezza ne la libertà. Affermano infatti le segretarie confederali Lara Ghiglione e Daniela Barbaresi: “La Cgil, nella giornata internazionale per l'aborto sicuro e libero, rinnova il proprio impegno per garantire la libera scelta delle donne. Affinché il diritto all'aborto sicuro e libero sia garantito, siamo impegnate e impegnati anche a monitorare le novità normative, l'incidenza del fenomeno dell'obiezione di coscienza e la presenza e operatività dei consultori, a partire dai territori”.

Quale libertà, quale sicurezza

Sempre stando ai dati dell’ultima relazione si scopre che dal 1983 – anno di picco – al 2020 il numero delle interruzioni di gravidanza è passato da 243.801 a 66.413 facendo registrare una riduzione del 71% degli interventi. Se da un lato è la dimostrazione che la legge funziona nel far acquisire consapevolezza alle donne, dall’altro ci domandiamo come faranno e fanno le donne che vivono in regioni come le Marche dove il tasso di obiezione di coscienza supera il 70%. Ed bene ricordare che pochi mesi fa proprio la Regione Marche, con un semplice atto amministrativo, ha disdetto la convenzione con che consentiva all’Aied di effettuare nell’ospedale di Ascoli Piceno le interruzioni di gravidanza, in una delle regioni che registra il tasso di obiezione di coscienza tra i più alti del Paese. Basti ricordare che nel 2022, in Regione, su 1351 aborti volontari ben 1351 sono stati garantiti di medici dell’Aied.

RU 486

In Italia, lo si apprende sempre dalla Relazione del 2020, solo nel 42% dei casi l’Ivg è avvenuta per via farmacologia nonostante sia la circolare dell’allora ministro della salute Speranza che il monito dell’Organizzazione mondiale della sanità che si dice "preoccupata che il diritto delle donne di accedere a servizi di aborto sicuro, anche attraverso l'uso di medicinali per l'aborto farmacologico, sia limitato da legislatori e tribunali" perché "le donne dovrebbero sempre avere il diritto di scegliere quando si tratta del proprio corpo e della loro salute" sottolineino l’importanza di diffondere la pillola. La sicurezza delle donne si garantisce anche evitando di sottoporle a un intervento chirurgico e a un’anestesia. Oggi, ad un anno dalla vittoria di Meloni, l’uso della RU486 è surrettiziamente fortemente ostacolato dal centro destra sia a livello nazionale, che nelle regionali.

Monitoraggi e controlli

Proprio per cercare di garantire il diritto di scelta a tutte le donne Barbaresi e Ghiglione aggiungono: “Con la nostra Consulta giuridica, valuteremo i casi di violazione delle norme a tutela dei diritti sessuali e riproduttivi che si dovessero verificare nelle diverse aree del Paese, e metteremo in atto ogni possibile intervento, anche in collaborazione con associazioni e reti operative nei territori. Per la Cgil la salvaguardia dei diritti delle donne è un impegno quotidiano e concreto che riguarda tutte e tutti. Ogni giorno dell'anno”.