All'inizio di questa calda estate, l'Istat rilevava l'esplosione della povertà nel nostro Paese. Secondo l'Istituto di statistica, in Italia ci sono al momento 5,6 milioni di persone che vivono in condizione di povertà assoluta e 1,4 di queste sono minorenni. Una condizione di estrema povertà, in aumento anche tra gli stranieri residenti, dove si arriva al 32,4% del totale (in deciso aumento rispetto al 2020 quando era il 29,3%). Il tema è enorme, anche se non pare propriamente il cardine della campagna elettorale agostana. Le forze politiche sono ancora in cerca di equilibri interni, impegnate per lo più nelle battaglie per il fisco e sulla pelle dei migranti, a colpi di promesse che non paiono certo in grado di cambiare una situazione ormai al limite.

I dati dell'Istat, infatti, riguardano il 2021, ma confermano una situazione già rilevata nel 2020 quando sono stati toccati i massimi storici, anche a causa della pandemia. E, soprattutto, non possono che peggiorare vista l'inflazione galoppate e il picco dei prezzi dell'energia. La foto che restituiscono i ricercatori Istat, in ogni caso, è impietosa e ci dice che sono poco più di 1,9 milioni le famiglie che vivono in povertà assoluta (7,5% del totale rispetto a 7,7% nel 2020).

Chi si occupa da anni di povertà, in questo Paese, lo sa bene. "Negli ultimi anni la condizione di molte persone è cambiata. Il fenomeno della povertà, al di là dei dati che tutti conosciamo, è sempre più preoccupante. Il nostro osservatorio nazionale già lo scorso anno ha rilevato una quota di persone 'nuove' che si sono rivolte alla Caritas. A loro si aggiungono i tantissimi altri che sono seguiti da anni dalle nostre strutture. Le tendenze sono in crescita e questo non è confortante. Purtroppo, è sempre più facile cadere in povertà e allo stesso tempo è sempre più difficile uscirne". È quanto dichiara Nunzia De Capite, sociologa presso la Caritas italiana, intervistata dall'agenzia Sir. "Stanno venendo fuori - prosegue De Capite - tutte le problematiche legate al lavoro e ad alcuni strumenti di welfare. C'erano molte situazioni di 'galleggiamento' che permettevano a molte persone di non cadere in povertà. Molte di loro sono crollate e tantissima gente si trova senza reddito o con un reddito molto basso. Anche il Reddito di cittadinanza, entrato in vigore prima di questo picco di richieste di aiuto, non è servito a sistemare le cose".

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C'è poi il tema del lavoro povero. Un'altra questione centrale che le forze politiche non paiono aver ancora focalizzato. Più di 4 milioni di italiani non arrivano a guadagnare 12 mila euro lordi all'anno. Il problema non riguarda solo la bassa retribuzione oraria, ma lo scarso numero di ore lavorate nell'anno che impedisce di arrivare a un reddito decente sia a lavoratori indipendenti che dipendenti. Un problema che il sindacato evidenza da tempo, e che spinge sempre più persone verso la povertà. Così, come il basso tasso di occupazione femminile e giovanile. Perché la metà delle donne non può avere autonomia economica nel nostro Paese, i giovani non trovano spazio, e le famiglie monoreddito sono più frequentemente povere, specie se con figli.

È cambiato quindi anche il profilo di chi chiede aiuto alla Caritas. "Le persone sono sempre più disperate, non c'è solo il senzatetto o chi si trova in condizioni di assoluta indigenza. Sono sempre di più le richieste di assistenza che arrivano da persone che hanno delle entrate economiche, come giovani sotto i 35 anni o coppie con figli. Anche il reddito medio di chi si rivolge a noi è aumentato. In questo momento si aggira attorno ai mille euro, che in molte situazioni sono nulla per mandare avanti una famiglia. Molte di queste persone, avendo uno stipendio, non accedono al Reddito di cittadinanza e si trovano in un limbo dal quale non riescono a uscire. Un altro fenomeno che ho notato - prosegue De Capite - è che, una volta, molti di loro avevano remore nel rivolgersi ai centri di aiuto. Oggi questo non accade più, sia per il lavoro d'informazione svolto negli anni sia, purtroppo, per le reali condizioni di bisogno”.

C'è insomma un punto con cui tutti gli schieramenti in questa strana campagna elettorale estiva dovranno fare i conti. Quello delle diseguaglianze e della povertà. Diminuirle rappresenta una sfida complessa ma indifferibile, anche perché col passare del tempo rischiano di minacciare la coesione sociale. Il volontariato, il terzo settore, i sindacati lo sanno bene. Probabilmente andrebbero ascoltati. Anche sotto l'ombrellone.