“Nel nostro Paese, a differenza del resto del mondo, la transizione energetica è diventata un problema.  Programmandola, non si è tenuto conto del quadro generale. Perché possa diventare un’opportunità, è necessario cambiare l’approccio culturale. I processi autorizzativi, soprattutto per le rinnovabili, ne sono un esempio. Gli iter sono troppo spesso rallentati dalle ‘resistenze’ portate avanti da comuni e regioni. Bisogna superare l’effetto nimby, altrimenti non raggiungeremo gli obiettivi della transizione”. Così Marco Falcinelli e Alessandro Borioni, segretario generale Filctem Cgil e segretario generale Filctem Roma e Lazio, oggi all’iniziativa 'Energia, sviluppo, investimenti'. Un incontro sulla situazione energetica del Paese e i costi di sistema insostenibili che stanno rallentando i processi di sviluppo.

“Per quanto riguarda le estrazioni di gas, il Pitesai (Il Piano per la transizione sostenibile delle aree idonee recentemente varato dal Mite, ndr) indica le aree dove si potrà estrarre gas. Per quanto ne sappiamo noi - hanno proseguito i due esponenti Cgil -, non c’è gas in quelle aree. Sarebbe, invece, importante prendere in considerazione l’alto Adriatico. Lì si stimano 80 miliardi di metri cubi stipati nel sottosuolo. L’estrazione di soli 10 miliardi di metri cubi l’anno, permetterebbe di abbattere di un terzo la dipendenza dalla Russia, visto quello che sta accadendo sul piano internazionale sarebbe un passo importante anche riguardo i vantaggi relativi alla fiscalità generale che queste estrazioni porterebbero”.

“Lo sviluppo di un Paese – hanno insistito i due dirigenti sindacali - passa dalla capacità di coniugare i processi energetici con quelli industriali. Non può esserci una visione di transizione energetica se non è accompagnata dalla realizzazione di filiere industriali sulle quali quella transizione si dovrà fondare. È necessario costruire pale eoliche, pannelli solari per le Gigafactory ed elettrolizzatori per la produzione dell’idrogeno. Senza un piano d'investimenti pubblici e privati adeguati che sostenga l’industria e le infrastrutture rischiamo di non raggiungere gli obbiettivi che ci siamo prefissati”.

 “La transizione va accompagnata non subita, il rischio altrimenti è quello di pagare un costo sociale sanguinoso. Abbiamo chiesto al governo di costituire un fondo unico destinato agli effetti della transizione, un fondo per favorire il reskilling e nuova formazione per tutti quei lavoratori che rischiano d’essere travolti da questi processi. Se si vuol cambiare veramente, se si vuole che tale cambiamento sia sostenuto dai lavoratori, è necessario creare per loro un futuro in cui siano attori di questa transizione. Noi siamo pronti ad accelerare nel cambiamento e a supportarlo”: hanno concluso i due sindacalisti.