Il coronavirus sta mutando non solo la vita di tutti i giorni, ma anche il rapporto con lo Stato, le sue istituzioni e i servizi essenziali, scuola e sanità in testa. Non per forza in peggio. C'è uno studio molto importante per capire come cambia il Paese: è il XXIV Rapporto "Gli Italiani e lo Stato", curato dall'Università di Urbino e Demos, che per il secondo anno registra una crescita generalizzata di fiducia degli italiani nelle istituzioni.

A eccezione delle forze dell'ordine (-3 punti percentuali rispetto al 2019, ma sempre al primo posto, con un gradimento che raggiunge il 70%), per tutte le altre questi 21 mesi di pandemia hanno portato a un assestamento (come per il Papa, 67%, +1) o, più di frequente, a una crescita della fiducia. Stato (37%), Regione (42%), Unione Europea (44%) e presidente della Repubblica (63%) marcano aumenti tra i più significativi (rispettivamente: +15, +12, +10 e +8).

La lista delle istituzioni che hanno visto crescere la propria quota di fiducia rispetto al 2019 è lunga: associazione degli imprenditori (35%, +11), Comune (45%, +7), Chiesa (44%, +6), scuola (59%, +5) e magistratura (39%, +3). Crescono persino Parlamento (23%, +8), partiti (13%, +4) e banche (26%, +7).

 

SALE LA FIDUCIA NEI SINDACATI
C'è una bella notizia, la fiducia nei sindacati cresce. E non poco: si passa dal 23% del 2019 al 32% del 2021. Quali possono essere i motivi? Per chi vi scrive possono riassumersi in tre e ci permettiamo di parlare solo per la Cgil.

1. Gli accessi alle Camere del lavoro in tutta Italia sono cresciuti. Durante il periodo del Covid, patronati (Inca), centri di assistenza fiscale (Caaf) e categorie del mondo Cgil sono diventati sempre più punti di riferimenti locali. 
2. Un impegno maggiore e diffuso sulla comunicazione. Solo Collettiva in un mese, tra sito e sociale, arriva oggi a oltre un milione di persone.
3. Un maggiore attivismo sia sul territorio sia digitale. Sono state molteplici le manifestazioni e appuntamenti nazionali; da sottolineare in particolare la risposta, con la manifestazione nazionale di ottobre, all'assalto alla sede nazionale da parte dei neofascisti di Forza Nuova. 


CRESCE L'APPREZZAMENTO PER IL SERVIZIO PUBBLICO (MA ANCHE LA VOGLIA DI PRIVATIZZARE)
L'accresciuta fiducia nelle istituzioni non sembra però tradursi in soddisfazione per i servizi pubblici. La sanità privata (60%) resta largamente più apprezzata di quella pubblica (48%, che pur segna una crescita di otto punti percentuali rispetto al 2019). Va meglio la scuola pubblica rispetto a quella privata, con la prima al 47% rispetto al 42% della seconda. 

Gl italiani vogliono quindi sanità e scuola privata? No. La richiesta di ridurre il peso dello Stato nella gestione delle strutture sociosanitarie (24%) o scolastiche (22%) resta ancora oggi minoranza nel Paese, ma è in aumento la voglia di privatizzazione dei servizi, che interessa il 31% degli intervistati (+5 rispetto al 2019).


DIMINUISCE L'ATTIVISMO POLITICO, MA NON TRA I GIOVANI
Un anno particolare, di sicuro. Nel 2021 si sono svolte diverse manifestazioni: quelle continue (di solito il sabato) dei no-vax, no-pass e no-mask nelle città, o in rete, sono un esempio del quale abbiamo provato a indagare le cause. Ma il 2021 è stato anche l'anno delle sorprese, con oltre due milioni di firme raccolte dalle varie campagne referendarie.

Tra queste ricordiamo le 1,2 milioni di firme per il referendum per l'eutanasia legale, le 600 mila per la legalizzazione della cannabis, le 520 per abolire la caccia (poi bloccato dalla Cassazione). Inoltre, tra poco saranno depositate da Sinistra Italiana oltre 50 mila firme per la legge popolare per redistribuire la ricchezza (con una piccola tassa patrimoniale), mentre Possibile conferma che la legge popolare per il salario minimo sta procedendo molto bene. Il dato che emerge da tutti i comitati è lo straordinario attivismo e risposta dei giovani

Un fenomeno che inizia già prima del Covid. Nel 2019, con il movimento delle Sardine e ancora prima con la grande mobilitazione dei Fridays For Future, una mobilitazione "contro" che aveva coinvolto componenti considerevoli della società. Quest'anno l'Osservatorio su "Gli Italiani e lo Stato", curato da LaPolis dell'Università di Urbino e Demos, mostra come la partecipazione si sia ulteriormente ridotta rispetto al 2020, quando c'erano comunque state mobilitazioni all'insegna dell'«andrà tutto bene», segnate da forte emotività durante il lockdown. Le restrizioni per fronteggiare la pandemia hanno inevitabilmente contenuto l'espressione del potenziale civico e di cittadinanza politica degli italiani.

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UNA COSA È SICURA: I GIOVANI NON HANNO FIDUCIA NEL CAPITALISMO
Abbiamo visto come le istanze supportate dai giovani non sono solo sui diritti civili (come avere l'eutanasia legale o scendere in piazza per avere una legge contro l'omofobia). Anzi, i giovani si attivano anche e soprattutto per cause sociali, come la redistribuzione della ricchezza e avere un salario minimo: in pratica, vogliono cambiare il capitalismo.

Il capitalismo è vissuto come una fonte di ansia, stress e infelicità.  In particolare il precariato sul lavoro viene vissuto come un male. In Italia e in tutto il mondo occidentale stiamo assistendo al fenomeno della great resignation, ovvero le dimissioni di massa di milioni di lavoratori, soprattutto giovani che cercano condizioni migliori o proprio un cambio di vita.  Tra aprile e giugno 2021, secondo i dati del ministero del Lavoro, in Italia si registrano quasi 500 mila dimissioni (290 mila uomini e 190 mila donne), con un aumento del 37% rispetto ai tre mesi precedenti. Se si confronta invece il medesimo trimestre del 2020, l’incremento è addirittura dell’85%.

La recente analisi di Aidp (Associazione per la direzione del personale) su un campione di circa 600 aziende è sconcertante.  Il 60% delle aziende è coinvolta dal fenomeno delle dimissioni volontarie e nella maggior parte dei casi (il 75%) sono state colte di sorpresa rispetto a una tendenza inattesa. La fascia d’età maggiormente coinvolta è quella dei 26-35enni (che rappresentano il 70% del campione), seguita dalla fascia dei 36-45enni. Si tratta quindi di un fenomeno giovanile, collocato soprattutto nelle mansioni impiegatizie (l’82%) e residenti nelle regioni del Nord Italia (il 79%).

Anche nella patria del capitalismo, gli Stati Uniti, emergono dati che fanno pensare: uno studio condotto dall’Institute of Politics dell’Università di Harvard ha scoperto che il 51% degli statunitensi tra i 18 e i 29 anni non supportano più il sistema capitalista. Ancora: una ricerca Gallup del 2018 ha mostrato come soltanto il 45% dei giovani tra i 18 e i 29 anni abbiano una visione positiva del capitalismo, mentre questo dato era al 68% nel 2010. Allo stesso tempo, i giovani che dichiarano di avere una visione positiva del socialismo sono il 51% (sull'argomento giovani versus capitalismo consiglio l'articolo di Francesco Nasi su Linkiesta).

Avremo modo di vedere nei prossimi articoli come far dialogare meglio i temi del lavoro e del sindacato con la generazione Z e i millenials. In particolare, vi annuncio che studieremo il fenomeno dei parlamentari americani Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez.

Dall'articolo di oggi possiamo dunque trarre tre importanti conclusioni: 
1La società della pandemia Covid ha paura e trova nelle istituzioni e nei sindacati un punto di aggregazione.
2. L'attivismo politico è in calo, ma non nei giovani dove invece cresce.
3. Ai giovani non piace il capitalismo. Se parli loro di lavoro e diritti sociali sono interessati. Per farti ascoltare forse devi solo cambiare il tuo linguaggio.

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