Il fascicolo n. 3/2021 della Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, in corso di pubblicazione anche online nel sito dell’Ediesse/Futura, si presenta ai lettori con un tema di grande attualità: Reddito di cittadinanza e mercato del lavoro. Il titolo rispecchia perfettamente il taglio che i curatori hanno voluto dare al loro progetto, rispettando in toto la caratteristica fondamentale di questo istituto, introdotto in Italia nel 2019, e cioè la sua plurifunzionalità, in quanto volto a fronteggiare lo stato di bisogno di singoli e famiglie afflitti da povertà, ma anche a sostenere, anzi a "forzare", l’inserimento o reinserimento lavorativo di coloro, tra i beneficiari, che siano abili al lavoro ma non siano occupati. L’interessante elaborazione concettuale sottesa al progetto del tema emerge, d’altronde, con evidenza dalla struttura stessa data ad esso dai curatori, ben descritta nell’Introduzione da loro predisposta e pubblicata nella nostra precedente newsletter (n. 8-9/2021), come saggio della sezione Argomento del mese.

Dedicare al reddito di cittadinanza il tema del fascicolo n. 3/2021 della rivista è stata una scelta editoriale maturata nel dibattito programmatico che si è svolto nell’ambito del comitato scientifico, fatta con l’intento di sottolineare, da un lato, l’importanza strategica che l’istituto assume sul piano sociale in questa difficile fase storica, e di sollecitare, dall’altro, una riflessione che – partendo dal lato scientifico – sia in grado di discernere meglio le implicazioni che le scelte politico-legislative di riforma, ormai imminenti, possono avere sulla vita di milioni di persone, e quindi sugli stessi equilibri democratici del paese. D’altro canto, sono proprio di questi giorni i dati terribili, offerti dall’Istat, dello sconcertante livello di diffusione della povertà assoluta in Italia, in tutte le sue Regioni, quantunque in modo differenziato.

È sempre in questa prospettiva che, seguendo una linea di politica culturale che la Rivista giuridica sta sviluppando ormai da qualche anno, si è altresì deciso di organizzare, in tempi brevissimi, un convegno di presentazione del fascicolo n.3, in cui altri studiosi, nonché esponenti del mondo sindacale e politico-amministrativo, trovino l’occasione per riprendere, rafforzare e sviluppare i principali filoni di analisi emersi nei saggi del Tema, spaziando anche su aspetti ulteriori teorico-pratici connessi all’istituto.

Il convegno, che si terrà online (sulla piattaforma Collettiva.it, messa a disposizione dalla Cgil) nei giorni 22 e 23 ottobre, e sarà organizzato in tre sezioni di mezza giornata ciascuna, concepite al fine di offrire un quadro critico completo dell’istituto, sempre con l’auspicio di poter offrire al dibattito politico spunti per una riforma bilanciata e ragionevole dell’istituto (non a caso il titolo dato al convegno è Per una riforma equa e possibile del reddito di cittadinanza).

Il presupposto logico assunto a fondamento del progetto è che il reddito di cittadinanza debba essere conservato – eventualmente con una denominazione meno ambigua, se lo si ritiene opportuno – nella sua essenza di strumento volto a fronteggiare la grave diffusione della povertà nel nostro paese, ma anche ad assicurare il progressivo avvicinamento al lavoro dei beneficiari in grado di essere occupati. Il che implica, ovviamente, scartare in principio quelle critiche radicali che hanno esaltato ed esaltano con insistenza il malfunzionamento di alcuni aspetti applicativi dell’istituto, e soprattutto la sua attribuzione a persone che non ne avevano diritto, per giudicarlo in modo totalmente negativo e giungere ad auspicarne addirittura la sua completa soppressione. Laddove, ad una lettura più attenta, soprattutto scevra da strumentalizzazioni ideologiche, dei dati offerti dall’Inps – e diffusi al grande pubblico anche da una recente e nota rubrica televisiva (Dataroom) – emerge con evidenza come il valore percentuale del rapporto tra questi illegittimi percettori del trattamento (123.000 ca) ed il totale dei beneficiari dell’istituto (3.027.000 ca) sia assai contenuto (4,06%).

D’altro canto, a prescindere da ogni altra valutazione, si deve pur riconoscere che la necessità, fondata su vincoli che derivano tanto dalla Costituzione che dalla normativa Ue, di un adeguato e dignitoso sistema di protezione  contro la povertà rende di fatto improponibile la bruta soppressione dell’unico strumento giuridico attualmente in vigore in Italia per fronteggiare i bisogni essenziali di una quota ormai impressionante – e soprattutto insostenibile e ed inammissibile per un paese che risulta essere tra le prime potenze economiche del mondo – di soggetti poveri, spesso, ormai, anche se titolari di un lavoro. I dati emersi proprio in queste ultime settimane dall’Istat, e dalla Caritas risultano, ancora una volta, indiscutibili da questo punto di vista, e spingono il dibattito politico a indirizzarsi sulla riforma del Reddito di cittadinanza in una prospettiva ampia ed organica.

Il progetto del Convegno ha cercato di tener conto di queste considerazioni. E infatti le tre sezioni di cui si compone sono state intitolate, rispettivamente, Quadro sistematico, Spunti di riforma dell’istituto, e Profili di politica del diritto.

Nella prima di esse è stato richiesto ai relatori di inquadrare il Reddito di cittadinanza nella nell’esperienza pregressa, partendo dalla distinzione tra ammortizzatori sociali collegati a sospensioni o interruzioni del rapporto di lavoro subordinato ed altri interventi collegati, invece, all’assenza o insufficienza di lavoro e reddito, per passare, poi, ad esaminare la specificità del Reddito di cittadinanza, come concepito dalla normativa del 2019, rispetto ad altre esperienze di trattamenti d’assistenza e di integrazione  del reddito sperimentati nel passato, anche in ambito intra ed extra-europeo, e per giungere, infine, a mettere in evidenza le principali disfunzioni dell’istituto, quali emerse nel periodo di sua applicazione.

Nella seconda sezione si è invece richiesto ai relatori di ragionare, anzitutto, sul fondamento costituzionale di un intervento correlato allo stato di bisogno e alla fissazione di un vincolo di lavoro per i percettori abili, nonché sulla irrinunciabilità di un trattamento minimo volto ad alleviare la povertà del singolo e della sua famiglia, e sulla sua possibile utilizzazione anche per sostenere l’inserimento/reinserimento al lavoro. In questa prospettiva, si è poi sollecitata una riflessione sul rilievo che, nell’eventuale vincolo di condizionalità possa assumere la distinzione tra ‘lavoro mercantile’ e ‘lavoro sociale’, sul sostegno pubblico nella ricerca di lavoro e nelle attività formative ad essa finalizzate, ed infine sui problemi connessi alla (parziale) cumulabilità del trattamento con la retribuzione, e su quello dei controlli per evitare comportamenti fraudolenti da parte dei beneficiari

Quanto alla terza sezione, si è affidato ai relatori il compito di esaminare alcuni dei problemi più scottanti sul piano della discussione politica, aventi una valenza più generale, ma strettamente legati alla riforma del reddito di cittadinanza. A partire da quello del rischio di comportamenti opportunistici (leggi soprattutto: rifiuto di occasioni di lavoro o lavoro nero) da parte dei percettori dei trattamenti assistenziali, passando a quello della necessità di una legge sul salario minimo (o sulla efficacia generale dei contratti collettivi) – che, per il profilo che più ci riguarda, renda effettivamente remunerativa (e dunque incentivi) la ricerca ed accettazione di un’attività lavorativa, fino a giungere a quello della individuazione delle fonti di finanziamento di un moderno ed efficace sistema di welfare, che lo renda sostenibile a regime. A seguire sono stati chiesti due contributi di responsabile chiarezza ad un esponente del mondo sindacale – al fine di mettere in chiaro la posizione del sindacato rispetto all’inserimento/reinserimento dei beneficiari di interventi di assistenza e sostegno nell’ambito di esperienze di lavoro mercantile e/o sociale – e ad un Sindaco di una operosa città del Centro Italia, assai impegnato sul fronte sociale, al fine di esporre le difficoltà progettuali e gestionali per l’utilizzo in lavori sociali dei percettori dei predetti trattamenti

 In chiusura del convegno, è stata infine prevista una relazione che, offrendo un generale riepilogo delle posizioni affiorate nelle due giornate di lavori, cercasse, anche alla luce di quanto emerso dalla discussione, di depurare dalla discussione relativa ai possibili percorsi di riforma, rigidità aprioristicamente ideologiche, comunque inaccettabili alla luce del patto costituzionale, ma anche del sostrato sociale dei vincoli posti dalla partecipazione all’Unione europea.

L’auspicio è che il convegno possa fornire materiali utili non solo per una accurata riflessione scientifica, ma anche per una serena ed approfondita discussione politica.

Umberto Carabelli, direttore RGL
Alessandro Bellavista, docente Diritto del lavoro Università Palermo