Purtroppo, come sindacato di categoria che si occupa anche dei temi energetici, siamo stati buoni profeti. L’allarme lanciato dal ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani sui conti che i cittadini dovranno pagare sulle bollette nei prossimi mesi fa esattamente questo: i conti con la realtà! I numeri non sono classificabili ‘politicamente’ e quando si ha la febbre non serve a nulla dare la colpa al termometro, bisogna chiedersi perché si è malati.

Il prezzo del gas sfiora i 55 euro per megawattora, cinque volte in più della media del 2020, e il prezzo dell’elettricità è di circa 145 euro per megawattora contro una media 2020 di 42 euro. A questo vanno aggiunti i costi dei permessi Ets che le aziende devono comprare per le emissioni di CO2 che nel 2020 erano ad una media di 25 euro a tonnellata ed oggi sono a 63 euro. In Italia, per stare agli obiettivi del Green deal riconfermati, anzi resi più ambiziosi dal pacchetto clima Fit for 55, dobbiamo installare 70 giga watt di potenza elettrica in 10 anni, cioè 7 giga anno. Oggi riusciamo a metterne ‘a terra’ appena lo 0,7.

Le fonti rinnovabili da eolico e solare oggi coprono solo il 16% (arriviamo al 38% con idroelettrico, geotermia e altro) della nostra produzione elettrica e la loro discontinuità, non avendo ancora risolto il problema dello stoccaggio con le batterie, è fonte di problemi di stabilità per le reti di distribuzione. Come affrontiamo la transizione energetica, se vogliamo elettrificare tutti i consumi del Paese in queste condizioni? La risposta è se vogliamo una transizione sostenibile dal punto di vista industriale tale da mantenere la nostra competitività a livello mondiale, e se vogliamo che sia "giusta" anche dal punto di vista sociale è una necessità utilizzare il gas per la transizione.

Oggi lo compriamo dalla Russia o dai Paesi del Nord Africa a 55 centesimi al metro cubo (ne siamo quasi totalmente dipendenti), mentre se utilizzassimo di più il ‘nostro’, quello per esempio che scelte miopi impediscono di estrarre a Ravenna, il costo di produzione sarebbe di 3 centesimi al metro cubo e i prezzi sarebbero più contenuti. Al Paese servono scelte di politica industriale, soprattutto nei suoi settori strategici e il governo su questo versante non decide o fa scelte sbagliate, spesso condizionate da astratta ideologia con poca attenzione alla pragmaticità che servirebbe per garantire almeno gli assetti attuali del tessuto industriale del Paese.

Cgil, Cisl, Uil hanno richiesto da tempo e continuano a farlo in modo costante un tavolo di discussione con il governo sulla definizione di progetti di politica industriale e sull’utilizzo in tal senso, delle risorse economiche del Pnrr. Come sindacato di categoria, unitariamente a Femca e Uiltec, abbiamo più volte richiesto incontri al Mise e al Mite per discutere di tali temi. I costi sociali di una transizione energetica ‘non giusta’ rischiano di essere drammatici, non solo per le centinaia di migliaia di lavoratori dei settori interessati, ma come abbiamo visto per tutti i cittadini del paese su cui si scaricherebbero i costi altissimi di scelte sbagliate.

Marco Falcinelli, segretario generale Filctem Cgil