1. La decisione di scegliere il 25 aprile come festa della Liberazione fu presa (“fino a quando non venga diversamente stabilito”) il 22 aprile del 1946, quando il governo italiano provvisorio stabilì con un decreto che il 25 aprile dovesse essere festa nazionale. La data fu fissata in modo definitivo con la legge n. 269 del maggio 1949.

2. È Giorgio Amendola, su sollecitazione soprattutto dell’Anpi, ma anche di personaggi quali Giuseppe Di Vittorio, a proporre al primo ministro De Gasperi di scegliere la giornata del 25 aprile (scelta perché in quel giorno il Clnai con un proprio decreto assunse tutti i poteri civili e militari, concludendo la fase cospirativa) per ricordare non la fine della guerra ma l’insurrezione generale per liberare definitivamente l’Italia dagli invasori ma anche dal fascismo.

3. Il 25 aprile 1945 inizia la ritirata da parte dei soldati della Germania nazista e di quelli fascisti della Repubblica di Salò dalle città di Torino e di Milano, ma la resa di Caserta -  l’atto formale e conclusivo che sancisce la fine della campagna d’Italia e la definitiva sconfitta delle forze nazifasciste nella penisola durante la seconda guerra mondiale - sarà firmata il 29 aprile (alla presenza di ufficiali delegati del Regno Unito, degli Stati Uniti d’America, tedeschi e di un osservatore sovietico) divenendo operativa solo a partire dal 2 maggio.

4. I fascisti non firmeranno la resa di Caserta: nel documento la Repubblica sociale italiana - non riconosciuta dalle forze alleate e pertanto non in grado di stipulare accordi diretti con queste ultime - sarà associata alle forze armate tedesche.

5. La sera del 25 aprile Benito Mussolini abbandona Milano per dirigersi verso Como. Assieme ai fascisti si trova il tenente delle SS Birzer con i suoi uomini, incaricato da Hitler di scortare Mussolini ovunque vada. Alle porte di Musso, due giorni più tardi, la colonna viene bloccata da reparti partigiani della 52ª Brigata Garibaldi guidati dal comandante Pier Bellini delle Stelle “Pedro”. Dopo una lunga trattativa i soldati tedeschi ottengono il diritto di passaggio verso la Germania. Gli italiani no. Nonostante un tentativo di travestimento da soldato tedesco, il ‘coraggioso’ duce viene riconosciuto e catturato.

6. Tutti il 25 canteremo Bella ciao, ma in realtà Bella ciao è diventata l’inno ufficiale della Resistenza solo anni dopo la fine della guerra. La canzone dei partigiani era Fischia il vento, troppo legata alle formazioni comuniste per essere assunta nell’Italia della guerra fredda a simbolo della Liberazione. “Fischia il vento - scriveva Franco Fabbri - ha il “difetto” di essere basata su una melodia russa, di contenere espliciti riferimenti socialcomunisti, di essere stata cantata soprattutto dai garibaldini. Bella ciao è - ironia della sorte - più “corretta”, politicamente e perfino culturalmente”.

7. Non solo in Italia si festeggia la Liberazione dal fascismo. Il 5 maggio in Etiopia è festa nazionale. Si ricorda quando nel 1941, dopo un lungo di esilio, l’imperatore Hailè Selassiè fece ritorno ad Addis Abeba, a 5 anni di distanza esatti dall’ingresso in città di Pietro Badoglio. “L’Etiopia è italiana”, annunciava quel giorno il duce in piazza Venezia - Italiana di fatto, perché occupata dalle nostre armate vittoriose, italiana di diritto, perché col gladio  di Roma è la civiltà che trionfa sulla barbarie, la giustizia che trionfa sull’arbitrio crudele, la redenzione dei miseri che trionfa sulla schiavitù millenaria”. Hailè Selassié era rientrato in patria il 20 gennaio del 1941, contribuendo alla sconfitta dell’Italia fascista ed alla caduta dell’Africa Orientale Italiana per mano britannica con la collaborazione della resistenza etiope guidata dal gruppo arbegnuoc. Ritornato al potere il sovrano impedirà rappresaglie e vendette contro gli italiani, emanando un editto in cui tra l’altro si diceva: “Non ripagate (…) il male con il male. (...) Prenderemo le armi al nemico e lo lasceremo andare a casa per la stessa via dalla quale è venuto”.

8. Il 25 aprile 1945, i partigiani vittoriosi si riversano nelle vie delle città del Nord Italia appena liberate dall’occupazione nazifascista. Tuttavia, le donne non sfilano assieme ai partigiani. A molte donne partigiane arriva l’ordine di non sfilare per le vie cittadine, o di farlo non indossando i pantaloni.

9. Pochi sanno che durante la Seconda guerra mondiale sui monti liguri esisteva una brigata tutta femminile: la brigata Alice Noli. Sono 180 tra operaie, lavoratrici, donne dei quartieri. La più giovane, Adele Rossi, ha 15 anni e muore in combattimento, la più anziana ne ha 72, “Nonnina”.

10. La “banda Mario” - uno dei primi gruppi della resistenza marchigiana, operante alle pendici del Monte San Vicino, tra San Severino e Matelica, sotto la guida dell’ex prigioniero istriano Mario Depangher - è composta da undici etnie. Tra i membri della brigata figurano anche eritrei, etiopi, somali. Non è l’unico caso nella nostra storia di partecipazione nera alla nostra Resistenza, ma gli africani della Banda Mario costituiscono un caso unico perché si mossero in gruppo e nel gruppo c’erano uomini e donne, ascari e civili.