Il 1960, l’anno dei moti di piazza anti-Tambroni a Genova e a Roma, l’anno dei morti di Reggio Emilia, si conclude con la grande manifestazione del giorno di Natale in Piazza Duomo a Milano che raduna 100 mila lavoratori accompagnati dalle proprie famiglie. La discussione che precede la manifestazione non è facile: c’è titubanza nell’avallare la scelta di manifestare il 25 dicembre per non urtare eccessivamente la sensibilità dei credenti.

Il 24 dicembre la segreteria della Cgil guidata da Novella e Santi raggiunge Milano e la mattina del 25, con Luciano Lama, Piero Boni, Giuseppe Sacchi e i segretari della Cgil Santi e Foa puntualmente presenti in Piazza Duomo, la manifestazione prende il via. In piazza personaggi della cultura, del cinema, del teatro, della pittura. “Desidero manifestare mio solidale consenso sacrosante umane rivendicazioni lavoratori elettromeccanici milanesi. Odierne lotte lavoratori per libertà nelle fabbriche e giustizia sociale sono base stessa avvenire democratico intera nazione e garanzia libera cultura”, telegraferà il regista Luchino Visconti.

Non solo non si registra alcuna tensione, ma i manifestanti e le loro famiglie raccolgono ampie e diffuse simpatie. Durante l’omelia della messa solenne anche il cardinale Giovanni Battista Montini, futuro Papa Paolo VI, rivolge ai lavoratori riuniti sul piazzale il proprio saluto. 

"Un Natale mai visto in Piazza del Duomo", titolerà l’Unità due giorni dopo: “Sono le 10 in piazza del Duomo - scriverà Marco Marchetti sulle colonne del quotidiano - Trentamila elettromeccanici e cittadini di ogni ceto affollano il sagrato, celebrando in lotta la mattina di Natale (…). Poco dopo le 10 sbuca da via Santa Margherita una folta delegazione dei dirigenti comunisti milanesi, che si erano dati appuntamento nella vicina piazza della Scala. In testa c’è un cestone multicolore alto tre metri, colmo di doni per i bambini degli elettromeccanici. E’ appoggiato su un grosso carrettino a quattro ruote e una decina di compagni lo spingono a braccia. Dentro c’è un ragazzo che si dà da fare per trattenere panettoni, bambole e trenini, che ad ogni sobbalzo rischiano di precipitare. In testa al corteo ci sono i compagni Mauro Scoccimarro presidente della Commissione centrale di controllo in rappresentanza della Direzione del partito, Armando Cossutta della Direzione del partito, Aldo Tortorella direttore dell’Unità, la segreteria della Federazione, il Gruppo parlamentare della circoscrizione, il gruppo consiliare del Comune e della Amministrazione provinciale, la redazione e amministrazione dell’Unità al completo. Un prolungato applauso li accoglie (…). Trecento attivisti della Fiom col bracciale ed altri della Uil assicurano il servizio d’ordine”.

“Questa manifestazione senza precedenti esprime la piena maturità ed umanità del movimento operaio e, nello stesso tempo, la sua volontà indistruttibile di raggiungere un risultato non contingente, ma che rafforzi permanentemente il potere del sindacato”, dirà Vittorio Foa

“Cosa devo pensare di una manifestazione che mi è figlia e madre nel contempo? - affermerà Luciano Lama - Ne sono entusiasta. Per un segretario della Fiom non vi può essere un Natale più entusiasmante di questo”.

“Vedo in piazza il Natale della riscossa operaia, nell’anno della grande ripresa del movimento sindacale”, chioserà Rossana Rossanda.

Giuseppe Sacchi, segretario della Fiom di Milano, è in piazza, raggiante, nonostante la febbre a 39. “Qui si esprime la più commovente solidarietà per dei lavoratori i quali combattono una battaglia che non è solo la loro, ma di tutti i milanesi”, diceva quel giorno. “Nella Piazza del Duomo non c’erano solo gli operai c’erano gli artisti, c’era di tutto, c’era Milano che si era stretta intorno a questi lavoratori”, racconterà anni dopo. “C’era un volantino della Confindustria che era convinta che non ce la avremmo fatta a tirare fino alla fine. Ricordo che era il mese di luglio quando dichiarai: noi terremo fino alla fine, ci diamo appuntamento a Natale a Piazza del Duomo, noi operai non crolliamo. Quando abbiamo fatto l’assemblea della Fiom c’erano tutti i dirigenti, proprio tutti, che ci hanno detto di non andare in Piazza Duomo perché c’è il ministro Scelba che ha detto che non è possibile, c’è il Prefetto che ha fatto un telegramma dove dice che non vi dà la Piazza del Duomo. Mi ricordo che in quell’assemblea c’erano tutti. Io dissi a chi mi spingeva a prendere la parola: il massimo che posso fare è di stare zitto; io non andrò mai dai lavoratori a dire loro di non andare a Piazza del Duomo”.

E i lavoratori a Piazza del Duomo ci vanno, in tanti, con le proprie famiglie a manifestare per il proprio lavoro e per i propri diritti. È l’avvio graduale, dopo anni di divisioni, di una nuova unità, scandita dallo slogan: “Uniti si vince”.

Dirà Carlo Ghezzi: “Gradualmente, da quegli avvenimenti, nei sindacati si va ponendo fine alla vecchia parola d’ordine marciare divisi per colpire uniti che viene sostituite dalla nuova parola d’ordine che afferma uniti si vince. La riscossa operaia acquisisce maggior visibilità e sempre maggior consistenza e l’unità d’azione è crescentemente praticata. Nel 1962 i comizi unitari di Bruno Trentin - il nuovo segretario nazionale della Fiom - e di Pierre Carniti, che si tengono al Velodromo Vigorelli, diventano l’emblema di una stagione sindacale nuova. Insieme alla piattaforma varata unitariamente per il contratto del 1963 danno corpo alla fase che prepara l’esplosione dell’autunno caldo, le grandi conquiste sindacali del ‘68 e del ‘69, l’approvazione dello Statuto dei lavoratori, il superamento delle gabbie salariali e le grandi battaglie per le riforme che avvieranno negli anni ‘70 la costruzione di un sistema di welfare universale e solidale. L’autunno caldo non dunque è un fiore sbocciato improvvisamente dal nulla. Senza le lotte degli elettromeccanici e il Natale in Piazza Duomo, senza la lunga e lenta maturazione della riscossa operaia, senza la tenace iniziativa di contrattazione in azienda, senza l’unità d’azione tra lavoratori di diverse culture e storie, come tra i tre sindacati, non si sarebbe sviluppato quel grandioso movimento di lotta e non si sarebbero gettati quei semi che hanno cambiato nel profondo la società italiana portandola a tante conquiste sindacali ma anche civili, dalla legge sul divorzio a quella sull’aborto, dalla legge sulla parità uomo-donna a quella sul diritto di famiglia ed alla definizione di un più avanzato sistema di protezioni sociali”.