Rinnovare la pubblica amministrazione. È questa la vera sfida che i sindacati mettono sul tavolo della discussione con il governo. Un tavolo convocato questa mattina, in extremis, dalla ministra Fabiana Dadone, all’alba di uno sciopero, quello di oggi, ormai inevitabile. Proclamato, unitariamente, da Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl e Uil Pa. Arrivato dopo mesi di silenzio. Un silenzio che l’esecutivo ha sbattuto in faccia a quelle lavoratrici e quei lavoratori chiamati eroi all’inizio della pandemia e poi puntualmente dimenticati quando è arrivato il momento di riconoscere i loro diritti. Il loro lavoro ha costituito la spina dorsale di un Paese che, tra mille scossoni di una crisi sanitaria, presto diventata crisi sociale, è riuscito a mantenere la schiena dritta proprio grazie alla professionalità e all’impegno di persone che hanno continuato a garantire il diritto alle cure, anche quando è stato evidente che l’assenza di dispositivi di protezione adeguati o di percorsi differenziati, poteva diventare un discrimine tra la vita e la morte.

Parliamo di infermieri, medici e operatori sanitari. Parliamo di educatrici negli asili, di addetti degli enti locali a stretto contatto con il pubblico che, durante tutta la pandemia, hanno continuato a prestare servizio in presenza per garantire a tutti il diritto di ricevere, ad esempio, ristori e indennità varati dal governo per far fronte alla crisi economica. È il vissuto di Domenico, dipendente della motorizzazione di Torino, che ha assicurato la manutenzione delle ambulanze e la fornitura di bombole di ossigeno per i malati covid, eppure da vent’anni, per il blocco delle riqualificazioni, non riceve un aumento di stipendio. È il vissuto di Vanessa, infermiera all’ospedale Grassi di Ostia, reparto neonatologia, che prende in braccio i nostri figli appena nati, eppure deve comprarsi da sola il sapone disinfettante per le mani e ancora aspetta un programma di screening periodico che ne accerti la negatività al covid. È la storia di Roberto, amministrativo all’ospedale Le Molinette di Torino, precario da oltre 12 anni, che segue le pratiche dei malati oncologici. Pazienti che da marzo vedono i servizi a loro destinati ridotti all’osso dall’emergenza covid, persone fragili e a rischio, che quando entrano nel suo ufficio guardano con preoccupazione la sua mascherina chirurgica. La dirigenza non gli fornisce le più sicure ffp2. È la testimonianza di Paolo, dipendente dell’Agenzia delle Entrate a Roma, che ci chiede come sia possibile parlare tanto di lotta all’evasione fiscale e poi lasciare senza mezzi e risorse adeguate quelli che questa battaglia dovrebbero portarla avanti giorno per giorno e ricorda a tutti che lo Stato dovrebbe ridurre le disuguaglianze proprio attraverso i servizi pubblici.

È la storia di 3 milioni e 200mila lavoratori che chiedono assunzioni, sicurezza e il rinnovo di contratti scaduti da 2 anni. Oltre che la stabilizzazione dell’esercito di precari di cui lo Stato si serve, ormai senza pudore né imbarazzo. “Scioperiamo per il Paese, per migliorare la condizione di tutti i cittadini”, è la voce di tanti lavoratori sui social. “Non solo per il riconoscimento dei nostri diritti”. “Se il peggior datore di lavoro è proprio lo Stato...come si può pensare che il Paese possa crescere?”, si chiede da più parti.

La protesta ha già pagato, ancor prima che i dipendenti pubblici incrociassero le braccia, con quell’annuncio all’ora della colazione da parte della ministra della Funzione Pubblica, Fabiana Dadone, ai microfoni di Radio Anch’io. La convocazione, per domani, del tavolo che i sindacati chiedevano, da mesi, senza mai ricevere risposta. Peccato per la mancanza di onestà intellettuale, quelle parole definite inaccettabili nel commento delle organizzazioni di rappresentanza, con cui la Dadone ha insinuato che se nell'incontro "la discussione si riducesse solo ai soldi, allora calerebbe la maschera sul vero intento dei sindacati". Affermazioni gravi, secondo Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl e Uil Pa. Il nodo delle risorse resta centrale e l’atteggiamento della ministra dimostra come “su stabilizzazioni precari, piano straordinario di assunzioni, sicurezza dei lavoratori e riforma innovativa del sistema di contrattazione, il Governo sta dicendo no alle richieste dei lavoratori. Ascolteremo cosa avrà da dire domani, ma è singolare che scelga di dichiarare prima alla stampa ciò che continua a non voler affrontare al tavolo di confronto”.

La discussione parte in salita e l’avvelenamento del clima, da parte della ministra, prepara tutti a un confronto teso. In un momento storico nel quale, come chiedono i sindacati parlando di rinnovamento della pubblica amministrazione, il Paese avrebbe bisogno di ben altro. Peccato. Che la notte porti consiglio alla ministra. Che la voce di milioni di lavoratori venga ascoltata.