Il rito abbreviato del processo ‘Grimilde’ ha portato a una sentenza di condanne che confermano l'impianto accusatorio sulle diverse imputazioni di associazione mafiosa. Viene altresì ribadita la dura continuità con il maxi-processo ‘Aemilia’, allargando così la triste luce sul quadro estremamente preoccupante della crescente penetrazione della 'Ndrangheta e di altre strutture criminali nel tessuto produttivo ed economico della nostra Regione, fino a coinvolgere anche alcuni pochi eletti nelle istituzioni locali.

Processi giudiziari che, purtroppo, confermano anche le dettagliate argomentazioni e i fatti portati dagli avvocati di Cgil-Cisl-Uil e Libera, ammessi come parte civile. Nel confronto processuale abbiamo portato, come sindacato, le dure realtà, ormai diffuse, di un lavoro con crescenti lesioni dei diritti fondamentali e della dignità dei tanti lavoratori e lavoratrici di quelle imprese accusate e condannate. Realtà di grande sfruttamento, che hanno portato anche il caporalato nella nostra Emilia Romagna. Il tutto, nell'inspiegabile silenzio della Confindustria e delle rappresentanze imprenditoriali di questi territori.

Esprimiamo un grazie diffuso alle preziose attività degli organi dello Stato, che colpiscono e reprimono attività mafiose che invadono l'economia sana e legale. Ma guai a pensare che con queste giuste sentenze si chiudano i buchi e i danni fin qui portati dalle organizzazioni malavitose. Ciò rischia fortemente di indebolire l’urgente e necessaria attività di prevenzione reale, che deve rafforzarsi nella nostra positiva e ricca rete sociale, coinvolgendo ogni giorno le istituzioni locali e le rappresentanze imprenditoriali, sindacali e dell'associazionismo culturale e del volontariato.

Purtroppo, la realtà va vista quotidianamente, letta e compresa per poi organizzarsi. Ogni giorno, basta sfogliare la rassegna stampa che racconta delle nostre province. Vediamo alcuni titoli odierni un pò sconcertanti e che ci riguardano: "Sentenza Grimilde, il lavoro sfruttato è ancora una realtà"; "Società satelliti e frode fiscale, maxisequestro di 8 milioni"; "Estorsione e usura, arrestati sei membri del clan"; "La mafia pugliese arruola due imprenditori"; "Frodi per fondi europei ed estorsioni"; "Operazione antimafia con 4 arresti in Romagna". Ieri la stampa riportava i dati ufficiali sulle attività criminali, provincia per provincia, emessi dal dipartimento Interforze presso il ministero dell’Interno. Nella triste classifica generale delle attività criminali nelle 106 province italiane, ne vediamo tre delle nostre nei primi dieci posti. Si tratta di Rimini, Bologna e Modena. Nel complesso delle 26 specifiche graduatorie provinciali per le varie tipologie di reati connessi alla criminalità organizzata, guardiamo dove sono collocate le nostre province. Nella lista nera per ‘associazione di stampo mafioso’, questo è l'ordine delle nostre province: Ferrara, Bologna, Parma, Rimini, Forlì, Ravenna, Modena, Reggio Emilia e Piacenza. Addirittura, in quella per ‘riciclaggio’, sul podio nero, al terzo posto, c’è la nostra Modena.

 In merito al ‘virus riciclo’, c'è poi da sudare, scorrendo l'ultimo report di Uif-Banca d'Italia, che illustra le segnalazioni ricevute nel primo semestre 2020 - in piena emergenza Covid - sulle operazioni di sospetto riciclaggio. L'Emilia Romagna è la sesta regione d’Italia, ma diventa la terza in tutto il Centro-Nord, con ben 3.484 segnalazioni raccolte nei primi sei mesi di quest'anno: in pratica sono venti al giorno, domenica compresa. I settori produttivi più coinvolti, secondo la Banca d'Italia, sono: industria, edilizia, agricoltura, commercio e servizi. Così come nella lista provinciale sui reati per ‘estorsioni’, Bologna figura al quarto posto; e in quella di ‘associazione per delinquere’, al secondo posto c'è Rimini. Inoltre, sorprende vedere nell'ultimo report Dia-Antimafia il grave coinvolgimento della nostra imprenditoria regionale, con le troppe ‘interdittive antimafia’. Dopo Sicilia, Calabria e Campania – ‘capitali’ rispettivamente di Cosa nostra, 'Ndrangheta e Camorra - c'è in primis la Lombardia e subito dopo le nostre ditte emiliano-romagnole! Tutto questo, nel silenzio di Confindustria.

Infine, la nostra ‘evasione fiscale’. Se pensiamo allo storico contributo europeo record per l'Italia, di ben 209 miliardi a sostegno della ricostruzione post Covid, ci accorgiamo che con la nostra maxi-evasione fiscale di 108 miliardi ogni anno rubati allo Stato e a chi lavora, scopriamo che in appena due anni gli evasori italiani si mangiano il maxi-contributo dell’Ue! Questo dell'evasione fiscale è un antico e radicato maxi-virus, purtroppo anche qui da noi in Regione e assai poco curato. Un prezioso report ricevuto dal Comando generale della Guardia di Finanza nazionale certifica, infatti, che l’Emilia Romagna è la quinta regione per ‘evasori totali scoperti’, con Bologna al primo posto, seguita da Forlì e Modena. Però, diventiamo la seconda regione per "lavoratori irregolari scoperti’, con Modena sul podio, seguita da Forlì e Ravenna. E siamo la terza regione per le ‘ditte che evadono l’Iva’, con il peggio nella provincia di Modena, seguita da Reggio Emilia e Ferrara.

Dunque, un quadro regionale pesante, con pezzi crescenti di imprenditoria ed economia che cedono al potere mafioso o collaborano con le irregolarità del lavoro e dell’economia, favorendo il radicamento malavitoso. L'Emilia Romagna, però, è ancora un territorio con un tessuto istituzionale, sociale, culturale ed economico prevalentemente sano e democratico. Da qui, bisogna far partire una forte e urgente attività di prevenzione contro le troppe illegalità. Concretamente, e senza tanti facili ‘bla-bla-bla’ demagogici.

 Ad esempio, vanno avviati con urgenza i tavoli regionali e soprattutto provinciali sulla legalità e il contrasto alle infiltrazioni - con la partecipazione di prefetti, comuni, sindacati, rappresentanze imprenditoriali - che devono occuparsi di un quadro economico evasivo e irregolare, per valutare in ogni territorio i settori economici, produttivi e professionali più esposti e più coinvolti nelle irregolarità. Ogni provincia ha le sue specificità, le sue forze e debolezze che vanno ben conosciute per contrastare il male con efficacia e attraverso il coinvolgimento sociale per governare la straordinaria fase di rischi, già ben visibili, e le soluzioni malavitose che accompagnano le distruzioni portate dalla pandemia in atto.

Franco Zavatti, Cgil Modena, coordinamento legalità Cgil regionale