Alla fine il piano per la ripartenza della scuola è arrivato. Ma, come era prevedibile da quanto trapelato negli ultimi giorni, non soddisfa nessuno: presidi, insegnanti, famiglie. Sono tutti sul piede di guerra. Oltre alla discutibilità delle singole misure previste – classi spezzettate in piccoli gruppi con alunni dalle età diverse, lezioni di quaranta minuti, insegnamenti trasversali per accorpare materie e didattica mista per gli studenti delle superiori – mancano le risorse e manca la visione di quello che dovrebbe essere una scuola della Costituzione.

Duro, da questo punto di vista, il giudizio di Francesco Sinopoli, segretario generale della Flc Cgil, ribadito nell’incontro che si è tenuto oggi (24 giugno) con la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, durante il quale il leader sindacale ha posto un’esigenza fondamentale: “Un piano pluriennale di investimenti che, partendo dall’oggi, cioè dalla necessità di riaprire le scuole in sicurezza e in presenza, guardi al futuro del Paese intero. Il piano del ministero invece non indica le risorse per far ripartire l'anno scolastico (per il sindacato, per organici ed edilizia scolastica, occorrerebbero almeno 2,9 miliardi di euro in più, ndr), né una prospettiva, tutto questo non c'è". Per il sindacalista "ripartire nelle condizioni di prima del virus sarebbe una grande sconfitta. Nel Piano non ci sono i soldi per gli organici aggiuntivi degli insegnanti e del personale Ata, né per un lavoro sulle infrastrutture. Le risorse stanziate per la scuola nel decreto rilancio non sono sufficienti". Nello specifico degli organici non solo non sono previsti docenti in più, ma con lo slittamento del concorso, e quindi delle assunzioni a ottobre, i ragazzi si ritroveranno il primo giorno di scuola con 200 mila supplenti.

Da quello che si capisce, come spesso accade, tutto sarà insomma lasciato sulle spalle dei singoli istituti, con un’idea bislacca dell’autonomia scolastica. Per Sinopoli però non è corretto scaricare tutte le responsabilità della ripartenza sull'autonomia scolastica, perché ciò "rischia di produrre una ulteriore divaricazione nel paese, tra i territori più forti e quelli meno forti. Le scelte devono essere fatte a livello nazionale". Il modo per trovare le risorse ci sarebbe. Per il segretario generale della Flc Cgil si potrebbero trovare "quelle dei fondi strutturali e del Recovery Fund. È importante che la scuola venga messa al centro delle priorità del Paese e non più considerata solo come un centro di spesa".

"Siamo impegnati perché la scuola riapra a settembre in presenza, ma non intendiamo assecondare strade che non prevedano stanziamenti aggiuntivi – ha dichiarato Sinopoli a margine dell’incontro con la Ministra -. Più scuola, più personale, più investimenti. Questo è quello che chiediamo oggi. È il momento di fare una battaglia che non è una battaglia contro qualcuno, ma è una battaglia per la scuola dello Stato rinnovata e più forte di prima della pandemia".

Duro anche il giudizio dell’Anp. Per Mario Rusconi (Associazione nazionale presidi del Lazio), “nella regione in queste condizioni 24.000 studenti rischiano di non avere un’aula”. Altrettanto negativo quello del Comitato priorità alla scuola (previste per domani 25 giugno mobilitazioni in tutta Italia a cui ha aderito anche la Flc Cgil). “Il documento dice l’esatto contrario di quello che chiediamo - spiega la portavoce Costanza Margiotta -. In questo modo il governo punta a scrollarsi di dosso ogni responsabilità facendo ricadere tutto sui presidi, ma non si rende conto che farà un danno enorme ai nostri ragazzi. Imponendo turni, riducendo la didattica, prevedendo l’esternalizzazione di alcuni servizi e mettendo nello stesso gruppo alunni di prima e quinta elementare si perde ogni continuità nella programmazione didattica”.

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