I riders non si fermano mai. Non lo fanno in inverno, non lo fanno se piove o nevica, non lo hanno fatto neppure durante i giorni del lockdown. Considerati lavoratori indispensabili, hanno continuato a correre e pedalare per garantire le consegne e continuare a far girare l’app delle chiamate, per il quale chi si ferma è perduto (e, spesso, licenziato!). A Bologna si sono fermati, per poco, solo lo scorso Primo Maggio, appuntamento in Piazza Maggiore, per ribadire due punti essenziali delle loro lotte: lavorare in sicurezza, a maggior ragione in un periodo di crisi sanitaria con consegne a domicilio in aumento, e ribadire che non sono dei lavoratori autonomi ma dei lavoratori governati e diretti da un algoritmo che paga a cottimo.

Le piattaforme del food delivery, denuncia Riders Union Bologna, continuano a non considerarsi datori di lavoro, evadendo persino l’obbligo di fornire gel per le mani, guanti monouso e mascherine. La rabbia tra i ciclofattorini è tanta: “proprio quando il governo ha bloccato i licenziamenti dei lavoratori subordinati, esiste un mondo del lavoro dove le regole non ci sono e non si può accedere nemmeno a queste garanzie che si sono ritenute necessarie per affrontare la crisi”. I licenziamenti, infatti, continuano e vengono usati dalle piattaforme proprio per “disciplinare” i lavoratori che alzano la testa e chiedono il rispetto dei propri diritti. Ciò, inoltre, avviene in un momento in cui la crisi sanitaria sta “creando” nuovi riders, ovvero nuovi lavoratori che iniziano a fare le consegne perché magari la loro ordinaria attività lavorativa è stata compromessa dal lockdown e magari sono anche disposti a pedalare per qualche euro in meno.

Sul fronte della sicurezza, in tempi di Coronavirus ma anche per i mesi a venire, chiedono l’applicazione di un regolamento regionale per la sicurezza che garantisca i dpi per i riders ed il rispetto delle distanze di sicurezza durante il ritiro degli ordini.  Una prima esile risposta, su questo fronte, è arrivata ieri dall’Amministrazione Comunale bolognese che ha contattato Riders Union per fornire da subito 500 mascherine da distribuire ai riders, ma la vera risposta è attesa da parte delle piattaforme, è il datore di lavoro che deve fornire tutti i dpi.

Il gruppo bolognese, nei giorni scorsi, ha inviato anche una mail a MyMenu e Domino’s (piattaforme firmatarie, assieme a Cgil, Cisl, Uil e Comune della Carta di Bologna per i diritti dei lavoratori digitali) per accertarsi, inoltre, che il lavoro nei giorni festivi sia pagato con le dovute maggiorazioni come da accordo sottoscritto in Comune. “Come può un lavoratore essenziale essere pagato quattro euro a consegna? Come si può accettare che chi svolge un “servizio essenziale” possa lavorare senza che l’azienda gli fornisca i dpi? Come si può considerare sicuro un luogo di lavoro dove basta una email per essere licenziati in tronco?”. Le domande, tuttavia, restano ancora aperte e i Riders bolognesi annunciano per il futuro nuove mobilitazioni e nuove vertenze per portare avanti le loro richieste e difendere i loro diritti.

Una nuova vittoria, sul fronte del rapporto di subordinazione, arriva invece dall’ordinanza del Tribunale di Firenze depositata ieri in seguito al ricorso della Cgil, che riconosce il diritto alla sicurezza dei rider e, soprattutto, stabilisce l’applicabilità della disciplina del rapporto di lavoro subordinato. Con il passare del tempo, la giurisprudenza italiana sta così entrando sempre più nel merito dell’algoritmo che governa l’attività dei rider, dimostrando l’esistenza di un coordinamento e di un controllo che viene effettuato direttamente dalla piattaforma e dove la facoltà di accettare o meno l'opportunità di consegna da parte del lavoratore in realtà non c’è.