Trentotto anni di carcere e 148 frustate. La sentenza più dura registrata contro un difensore dei diritti umani in Iran negli ultimi anni, secondo Amnesty International. È la pena inflitta da una corte di Teheran a Nasrin Sotoudeh, avvocato per i diritti umani in Iran, condannata per una serie di accuse: “propaganda contro lo Stato”, “collusione contro la sicurezza nazionale”, “istigazione alla corruzione e alla prostituzione” e per “essere apparsa in pubblico senza hijab”, il velo che copre la testa delle donne.

È il più famoso avvocato del Paese. Vincitrice del premio Sakharov del Parlamento europeo nel 2012, braccio destro della premio Nobel per la Pace Shirin Ebadi, da anni è impegnata per difendere i diritti civili su tutto il territorio iraniano. L’arresto è arrivato a giugno 2018, a cui è seguita la condanna in contumacia a cinque anni di reclusione da parte del tribunale rivoluzionario di Teheran, con l’accusa di spionaggio.

Dopo la notizia dell’arresto è partita la mobilitazione di Amnesty, che ha lanciato una petizione per chiedere la liberazione immediata. “Nasrin ha dedicato la sua vita a lavori pacifici sui diritti umani, tra cui la difesa delle donne – spiega l’organizzazione –. Alle donne e alle ragazze in Iran non è permesso lasciare le loro case a meno che non coprano i loro capelli e coprano le braccia e gambe con abiti larghi. Nasrin voleva cambiare ed è stata arrestata per questo”.

La durezza della sentenza, tra l’altro, dimostra che le autorità stanno intensificando la repressione. “La sentenza impedisce a Nasrin di vedere il marito e i figli e di svolgere il suo importante lavoro come avvocato per i diritti umani – prosegue la petizione –. Chiedete al Capo di Stato dell’Iran di rilasciare Nasrin Sotoudeh immediatamente e incondizionatamente, e che le sentenze contro di lei vengano annullate senza indugio”.

Nasrin Sotoudeh ha recitato nel film Taxi Teheran di Jafar Panahi del 2015, nella parte di se stessa. L’opera fu girata in clandestinità dal regista, un’altra vittima del regime iraniano: condannato nel 2010 a sei anni di reclusione e divieto di girare per vent’anni, per aver partecipato a manifestazioni di opposizione. Il film ha vinto l’Orso d’oro al Festival di Berlino di quell’anno, ed è proprio la Berlinale con un post a rilanciare la liberazione di Sotoudeh.

Nella magnifica sequenza di Taxi Teheran la donna descrive la sua condizione e la strategia del regime per piegare i dissidenti. “La loro tattica è chiara: rendono la tua vita una prigione. Se non vai in carcere, il mondo esterno è solo una prigione più grande. Trasformano i tuoi amici nei tuoi peggiori nemici, a quel punto devi lasciare il Paese. C’è solo una cosa da fare: fregarsene. Non mettere quello che ho detto nel film, altrimenti verrai accusato di negatività e avrai guai ancora peggiori”. Nasrin sorride sempre. Tra le mani tiene un mazzo di rose e ne consegna una al regista: “Una rosa per gli amanti del cinema. La lascio qui per tutti quelli che provano a fare i film, su cui si può sempre contare”.