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In pratica sono tutti lavoratori, i migranti, in regola o meno, che Trump sta facendo arrestare in California, e che vuole deportare a Guantanamo. E infatti vengono presi nei luoghi di lavoro, nei luoghi di reclutamento di manodopera o negli stabilimenti tessili. Non incarnano un famigerato volto criminale dell’immigrazione, ma il suo volto operaio. E, peraltro, sbatterli in galera e deportarli metterà in ginocchio l’economia di Los Angeles e della California. Già i dazi umorali del presidente hanno indebolito i porti di Los Angeles e Long Beach. Ma la repressione con tanto di Guardia Nazionale schierata potrebbe dare un colpo ancora peggiore.
Un’economia fondata sugli immigrati
Come ricostruisce un’inchiesta del Los Angeles Times, commercio e manodopera migrante sono i due “pilastri” dell’economia californiana. Porti e lavoro. La regione non ne può fare a meno. Se nella media Usa 1 lavoratore su 5 è immigrato, in California il rapporto scende a 1 su 3.
La dipendenza dell’economia californiana dai lavoratori stranieri, regolari e non, è evidente in settori chiave come edilizia, ospitalità, sanità, agricoltura e logistica. L’analisi del Los Angeles Times, basata sui dati del Census Bureau, rileva come gli immigrati rappresentino il 60% dei lavoratori nei servizi di pulizia e giardinaggio, il 50% negli hotel e nei trasporti, e il 40% nell’assistenza domiciliare e negli asili nido.
Un’altra fonte, il Migration Policy Institute, stima che nella sola contea di Los Angeles vivano circa 950.000 persone senza documenti regolari, pari a circa un decimo della popolazione totale. Tra questi, moltissimi lavorano in settori essenziali: ristorazione, assistenza domestica, edilizia, vendita ambulante, giardinaggio e, in particolare, industria tessile.
La storia di Jacob Vasquez
Le retate dell’Ice (l’agenzia federale per l’immigrazione) hanno colpito duramente soprattutto il settore delle costruzioni e, appunto, l’industria tessile di Los Angeles dove, secondo il Garment Worker Center, lavorano oltre 45.000 persone, soprattutto immigrati provenienti da paesi dell’America Latina e dell’Asia.
Un blitz ha portato all’arresto di molti lavoratori di Ambiance Apparel, azienda di produzione e vendita all’ingrosso nel Fashion District. Migliaia di persone rastrellate, senza notizie alle loro famiglie. Migliaia di storie. Come la storia di Jacob Vasquez, raccolta da ABC news: arrivato a Los Angeles dal Messico meno di tre anni fa e impiegato presso Ambiance Apparel. La sua famiglia ha denunciato pubblicamente il fermo del giovane padre, che ha un bambino di appena tre mesi, e ha dichiarato di non avere notizie sulle sue condizioni né sul luogo in cui si trova attualmente.
Sindacati in prima linea contro le deportazioni
Le retate federali hanno scatenato un’ondata di proteste e riportato i sindacati americani al centro della scena. In manette, infatti, è finito anche David Huerta, presidente del Service Employees International Union (Seiu) della California. Arrestato mentre manifestava contro un blitz dell’Ice in un magazzino della città. Il fermo di Huerta ha infiammato la mobilitazione. Nei giorni successivi si sono svolti presìdi e cortei a Los Angeles, ma anche in altre città statunitensi. Il 9 giugno Huerta è stato rilasciato su cauzione e Liz Shuler, presidente dell’Afl-Cio, ha definito l’episodio una dimostrazione della forza del sindacato: “Se ti metti contro uno di noi, ti metti contro tutti noi”, ha scritto su X.
Una base sindacale sempre più migrante
Il caso Huerta ha riacceso il dibattito sul ruolo dei sindacati nelle battaglie per i diritti degli immigrati. Come ricostruisce il Washington Post, negli ultimi decenni le più importanti centrali sindacali hanno decisamente sposato la causa dei lavoratori migranti. Oggi, una larga fetta della base sindacale è composta da immigrati. Ed è proprio grazie a questo radicamento che i sindacati si stanno opponendo con decisione alle politiche restrittive dell’amministrazione Trump, chiedendo percorsi legali per la cittadinanza e una riforma dell'immigrazione che tuteli i diritti di tutti i lavoratori.
Trump sbaglia anche i conti
Infine, la logica razzista di Trump, se si può parlare di logica, fa cilecca anche nel suo assunto primitivo: via i migranti = posti di lavoro per i “veri” americani. Tutto il contrario. Uno studio accademico in uscita sull’American Economic Review, e citato sempre dal Los Angeles Times, sottolinea come l’espulsione di massa degli immigrati irregolari comporterebbe una riduzione dei salari medi. Da qui a cinque anni, in California si perderebbero in media 970 dollari l’anno per lavoratore, 560 in Florida e 187 in Texas. Esattamente l’opposto di quello che promette Trump.