PHOTO
Scoppiata la crisi da coronavirus, lo Stato federale degli Stati Uniti è intervenuto - eccome se è intervenuto - per stabilizzare l’economia e il mercato del lavoro. Ma per molti analisti non basterà, serviranno ulteriori misure. Il welfare degli Usa sconta buchi enormi nella rete di protezione sociale. Più di 30 milioni di lavoratori dipendenti (un quarto del totale) non hanno diritto a giorni di malattia retribuiti. Altri 27 milioni di americani sono privi di assicurazione sanitaria. Per salvaguardare queste persone il Congresso ha varato diversi pacchetti di aiuti. Una sintesi della Fondazione Friedrich Ebert ci aiuta a riepilogarli.
Il Families First Coronavirus Response Act (100 miliardi di dollari) è chiamato a finanziare, tra le altre cose, due settimane di giorni di malattia pagati a reddito pieno per 12 mesi. Congedi parentali e di cura (a due terzi del reddito) si potranno usufruire fino a 12 settimane. Questo pacchetto di aiuti, però, non si applica alle piccole imprese (con meno di 50 dipendenti) e alle aziende con più di 500 dipendenti.
Fino a oggi la misura più imponente varata dal Congresso è il Coronavirus Aid, Relief, and Economic Security Act (CARES). Mobilita circa 2.200 miliardi di dollari. Finanzia contributi una tantum di 1.200 dollari ai cittadini e di 500 dollari per ciascun bambino. Stanzia un programma di credito alle imprese da 500 miliardi di dollari, e altri 377 miliardi li destina alle piccole imprese (con l’obiettivo di garantire le retribuzioni dei dipendenti). Tra le altre misure: 150 miliardi di dollari destinati a Stati e municipalità, 250 miliardi di dollari per l'assicurazione contro la disoccupazione (altri 600 dollari a settimana per quattro mesi per ogni persona avente diritto).
Archiviata la polemica tra Congresso e Trump sul programma di prestiti aziendali da 500 miliardi, inizialmente “guidato” verso alcune imprese invece di altre, ma adesso vincolato a un sistema di trasparenza controllato dal Senato, resta da aggiungere che la Federal Reserve ha fissato il tasso d'interesse praticamente a zero all'inizio di marzo (0,25%), annunciando in seguito l'acquisto di obbligazioni per un valore di 700 miliardi di dollari.
Tra il 15 marzo e il 4 aprile 16,8 milioni di lavoratori hanno fanno domanda per il sussidio di disoccupazione (Unemployment Insurance, UI). Più di un lavoratore su 10. Anche la crisi economica e sociale causata dal Covid-19 ha il suo picco e, secondo le stime dell’Economic Policy Institute (Epi), è ancora lontana dall’averlo raggiunto.
(L'aumento delle richieste di disoccupazione calcolato dall'Epi)
“Prima di migliorare, la situazione continuerà a peggiorare”, sostengono le ricercatrici dell’istituto Elise Gould e Heidi Shierholz. “Prevediamo che le perdite di posti di lavoro a breve termine potrebbero superare i 20 milioni, anche con le misure di soccorso già in atto. E questa stima aumenterà nelle prossime settimane se le previsioni sul Pil peggioreranno. Le persone - proseguono le due analiste - non stanno solo perdendo il lavoro. Dato che il nostro sistema lega l'assicurazione sanitaria al lavoro, milioni di lavoratori hanno probabilmente perso l'assicurazione sanitaria fornita dal datore di lavoro alla fine di marzo, e altri milioni seguiranno questo mese e nei prossimi mesi”.
Nelle prossime settimane, negli Stati Uniti, milioni di persone saranno colpite da una crisi la cui portata, e sofferenza, è “travolgente”. Per questa ragione l’Epi suggerisce il varo di una “fase quattro” di aiuti, per continuare ad “affrontare la gravità della crisi economica e sanitaria pubblica che stiamo vivendo”. Secondo il think tank nordamericano, un nuovo pacchetto dovrebbe includere: più aiuti ai governi statali e locali da almeno 500 miliardi fino al 2021; l’estensione dei sussidi di disoccupazione; ulteriori contributi una tantum e cash per le famiglie; maggior protezione per i lavoratori e i posti di lavoro; il finanziamento completo dei test, del trattamento dei dispositivi di protezione individuale (Dpi) per i lavoratori in prima linea.
“Non possiamo spegnere gli aiuti del governo federale troppo presto”, spiegano i ricercatori dell’Epi. Tra le proposte ne spicca una che sta attraversando il dibattito globale sulla ripartenza, e riguarda l’economia verde. “Una parte sostanziale degli investimenti dovrebbe essere green - sostiene l’Epi -. Un'enfasi particolare dovrebbe essere posta sugli investimenti che mitigano le emissioni di gas a effetto serra. Gli ultimi mesi hanno dimostrato in modo decisivo che prepararsi ad affrontare le crisi future è estremamente importante”. Per l’istituto è dunque il momento di forti investimenti pubblici per la riduzione di gas serra, anche perché il settore privato, da solo, non lo farà mai.