Centotrenta Paesi, 1,3 milioni di partecipanti (non solo studenti), 2.238 località in tutto il mondo, questi i numeri secondo le informazioni pubblicate sul sito web di Fridays For Future. Lo sciopero studentesco globale del 15 marzo scorso è stato un evento bellissimo. Un movimento che in pochi mesi, dai primi scioperi per il clima di Greta ad agosto dell’anno scorso, si è diffuso, sta crescendo e si mobilita con determinazione. Ogni venerdì anche in Italia continuano i presidi in numerose città e s’intensificano le assemblee cittadine per riflettere sulle forme organizzative e il funzionamento dei Fridays, le assemblee nelle scuole e nelle università per discutere di clima e ambiente, la discussione sulle proposte per cambiare il modello di sviluppo. La prima assemblea costituente nazionale si terrà a Milano sabato 13 aprile, in preparazione del presidio di venerdì 19 aprile a Roma che vedrà la partecipazione di Greta e del prossimo #GlobalStrikeforFuture già in programma per il 24 maggio.

La Cgil, fin dalla partecipazione di Greta alla COP 24 di Katowice, ha accolto con fiducia, a fronte della responsabile e inaccettabile inazione dei governi, la prospettiva di una crescente consapevolezza e mobilitazione per il clima in tutto il mondo. Con il movimento dei Fridays, il Sunrise Movement negli Stati Uniti, Extinction Rebellion, è cresciuto e sta crescendo il movimento per la giustizia climatica che chiede un’azione urgente per il clima e si mobilita contro i governi che non si impegnano per garantire un futuro equo e sostenibile.

Abbiamo aderito al movimento dei #FFF perché condividiamo appieno le preoccupazioni e la protesta di una giovane generazione che non accetta l’inazione della politica che sta distruggendo il futuro solo per mantenere i privilegi e gli interessi di pochi. Sosteniamo il movimento perché sappiamo di portare una quota parte di responsabilità per non essere riusciti a cambiare questo modello di sviluppo distruttivo e iniquo come avremmo voluto. La Cgil sta insieme e in mezzo al movimento perché sa che le rivendicazioni per lo sviluppo sostenibile e la giusta transizione sono più forti se condivise con un fronte ampio di alleanze. La mobilitazione del 15 marzo è stata straordinaria e molti esponenti politici hanno dichiarato, non senza ipocrisia, di apprezzare e condividere l’impegno e la sensibilità dei giovani per l'ambiente e per il clima, salvo poi continuare nella vecchia strada dell’inazione. Praticamente nessun Paese sta facendo quello che sarebbe necessario per contrastare il cambiamento climatico e contenere l'incremento della temperatura globale entro 1,5°.

Facciamo due esempi restando nell’ambito italiano ed europeo. Il 20 marzo i ministri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico hanno presentato il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec) 2030, già inviato alla Commissione europea lo scorso 8 gennaio. Ebbene, gli obiettivi italiani sono assolutamente inadeguati. Il Pniec stabilisce infatti un obiettivo per le rinnovabili del 30% entro il 2030, a fronte del 32% europeo, mentre sulla riduzione delle emissioni lo scenario del Pniec italiano ipotizza un 37% mentre l'Ue stabilisce che la riduzione % delle emissioni dovrà raggiungere almeno il 40% rispetto ai livelli del 1990. Va ribadito, peraltro, che gli obiettivi dell’Ue al 2030 fanno parte di impegni volontari assunti nell’accordo di Parigi che di per sé sono già insufficienti: secondo le stime porteranno a un incremento di oltre 3 gradi. È necessario e urgente quindi mettere in atto cambiamenti radicali nel modo di produrre e consumare e innalzare gli obiettivi di riduzione delle emissioni, compresi quelli europei. Il Parlamento europeo ha chiesto di arrivare a una riduzione delle emissioni del 55% al 2030, ipotesi che la Cgil condivide e sostiene.

L’altro esempio risale al 22 marzo scorso, quando il Consiglio europeo ha ulteriormente rinviato la discussione sulla strategia climatica a lungo termine a giugno prossimo. Danimarca, Finlandia. Francia, Lussemburgo, Olanda, Portogallo, Slovenia, Spagna e Svezia chiedevano un riferimento esplicito alla decarbonizzazione dell’Ue nel 2050 e all’obiettivo di 1,5° nella dichiarazione finale del vertice, ma Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca si sono opposte e con il sostegno della Germania e dell'Italia sono riuscite a svuotare di qualsiasi impegno la dichiarazione, rinviando la discussione a dopo le elezioni europee.

La mobilitazione per il clima è fondamentale perché chi gestisce il potere (politico, economico e finanziario) continua a sostenere il vecchio sistema basato sulle fonti fossili e a ostacolare e rallentare il cambiamento che avrebbe enormi vantaggi sociali, ambientali e occupazionali. Per questo la Cgil è da sempre impegnata ed è parte integrante del movimento per la giustizia climatica e invita tutta le strutture a partecipare sia alle assemblee cittadine dei #FFF, sia all’organizzazione del prossimo Global Strike per il clima del 24 maggio.

Simona Fabiani, area Politiche di sviluppo Cgil nazionale