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“Senza il mondo Gaza muore. Ed è altrettanto vero che senza Gaza siamo noi a morire. Noi, italiani, europei, umani. Per rompere il silenzio colpevole useremo la rete, che è il solo mezzo attraverso cui possiamo vedere Gaza, ascoltare Gaza, piangere Gaza. Perché possano partecipare tutte e tutti, anche solo per pochi minuti. Anche chi è prigioniero della sua casa, e della sua condizione: come i palestinesi, i palestinesi di Gaza lo sono. Perché almeno stavolta nessuna autorità e nessun commentatore allineato possa inventarsi violenze che occultino la violenza: quella fatta a Gaza”.
È il testo dell’appello “L’ultimo giorno di Gaza – L’Europa contro il genocidio” nel quale si promuove una mobilitazione in concomitanza del 9 maggio, la Giornata dell’Europa in cui si celebra il suo processo di unificazione. I promotori Paola Caridi, Claudia Durastanti, Micaela Frulli, Giuseppe Mazza, Tomaso Montanari, Francesco Pallante ed Evelina Santangelo chiedono di parlare di Gaza su siti web, canali video, social, nelle strade e nelle piazze, sempre con gli hashtag #ultimogiornodigaza e #gazalastday.
L’iniziativa vuole sensibilizzare l’opinione civile sulla crisi in atto nella Striscia ed evidenziare anche le grosse contraddizioni del ruolo e delle posizioni assunte dall’Unione europea. La giornalista e storica Paola Caridi, che ha vissuto a lungo in Medio Oriente, ci spiega ai nostri microfoni che l’idea è venuta ascoltando le persone nella dimensione pubblica, da parte di docenti e professionisti anche della parola.
"Le persone – dice – sono venute da noi a esprimere tutto il loro disagio, quello che noi chiamiamo il sussurro, fatto di sentimenti diversi, di inadeguatezza, anche nei confronti di quella che si percepisce come un'ingiustizia. In molti non si sentono preparati per rispondere, ma non vogliono rimanere in silenzio e quindi ci siamo chiesti come canalizzare il disagio che tutti proviamo.
Abbiamo quindi fatto questa lettera perché ci sembrava veramente l'ultimo giorno di Gaza che è non solo l'hashtag, ma l'idea che ci ha proposto Giuseppe Matta, un grande pubblicitario. Non è passato nemmeno un mese dalla prima riunione e le adesioni ricevute sono numerosissime”.
Quindi la prima ragione dell’appello è intercettare, dare voce ai senza potere. “La seconda riguarda noi europei – prosegue Caridi -. Di quale Europa parliamo è un tema su cui ci interroghiamo da anni, ora, di colpo, ci interroghiamo su questo perché pensiamo all'Ucraina, ma Gaza non è meno rilevante nella nostra storia. Non dimentichiamo che lì ha avuto sede una delle più grandi scuole teologiche dei primi secoli del cristianesimo e invece noi la consideriamo come un buco nero, perché questo è stata nell'informazione per almeno per 30 anni”.
Ma anche se non fosse stata sede di una storia teologica, la giornalista sottolinea che Gaza “è comunque un luogo dove sta avvenendo un genocidio e questo dovrebbe interrogare un’Europa che è nata e che ha le sue fondamenta su questioni fondamentali: diritti, libertà, ripudio della guerra, cultura della pace, uguaglianza, antirazzismo, antifascismo. Se noi non reagiamo su Gaza, non fermiamo la strage allora di quale Europa stiamo parlando? Di quella del riarmo? O di un'Europa che contenga tutti, anche chi non fa parte dell'Unione Europea, che contenga il nostro modo di pensare al presente, al futuro, al convivere”.
Chiunque può aderire alla campagna postando contenuti sui social con gli hashtag #GazaLastDay e #LUltimoGiornoDiGaza, cambiando l’immagine del profilo con grafiche simboliche legate alla campagna, scrivendo post personali o condividendo testimonianze e informazioni verificate su quanto accade a Gaza e con molte altre attività anche nelle piazze italiane.