“E’ l’ennesimo affronto alla famiglia Regeni”, alla vigilia dell’udienza per l’uccisione di Giulio che vede sul banco degli imputati agent dei servizi segreti egiziani, benché in contumacia. Mabel Grossi, funzionaria dell’Area politiche internazionali della Cgil, definisce così gli accordi siglati dal presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi e la presidente della commissione europea Ursula von der Leyen, insieme con la presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni e i leader politici di Belgio, Austria, Grecia e Cipro.

“Gli interessi economici legati all’energia hanno avuto il sopravvento sui diritti umani”, dice Grossi parlando di quella che noi vogliamo definire un assegno in bianco in favore dell’Egitto. Gli accordi, avrebbero lo scopo dichiarato di 'elevare il partenariato strategico tra Ue ed Egitto' e prevedono finanziamenti per 7,4 miliardi di euro in 3 anni, con seicento milioni in sovvenzioni, di cui 200 milioni per la gestione delle migrazioni (sicurezza ai confini, formazione di manodopera qualificata, misure per favorire la migrazione legale e scoraggiare quella illegale), cinque miliardi di euro erogati in forma di prestiti agevolati per progetti bilaterali; 1,8 miliardi di euro per ulteriori investimenti, a valere sul Piano di investimenti per l'economia del vicino sud.

Sei le priorità, hanno spiegato i contraenti: “stabilità, democrazia, libertà fondamentali, diritti umani, uguaglianza di genere e pari opportunità", stabilità economica, transizione verde e digitale in campo energetico, migrazioni, sicurezza, formazione e scambi per preparare manodopera qualificata per Africa ed Europa.

Questione di denaro, non di diritti

Per Grossi è inaccettabile che il governo svolga negoziazioni con un Paese che non si può certo dire sicuro: “Non vi sono sindacati indipendenti, L’Etuf è il sindacato di regime ed è l’unico riconosciuto. In Egitto ci sono centinaia di prigionieri politici e condannati a morte. Giusto in queste settimane abbiamo ricevuto richieste di solidarietà da parte dei lavoratori della fabbrica tessile di Mahalla Kubra, dalla quale erano partite le proteste che hanno portato alla Primavera araba del 2011. Gli scioperi in corso per le condizioni di lavoro e la mancanza di rappresentanza sindacale vengono represse dalle autorità governative”.

Visti anche nel contesto del Piano Mattei gli accordi risultano “inaccettabili”. La supremazia degli interessi economici è evidente, spiega Grossi ricordando che “L’Eni “detiene il 30% delle risorse globali di gas egiziano e un terzo suoi profitti arriva proprio dal gas dell’Egitto”.

Tra Gaza e il Mar Rosso

Sul versante dell’immigrazione, il modello ricalca quello degli accordi con Algeria e Tunisia, con la differenza che l’Egitto non è un fulcro per le partenze e i transiti dei migranti. “L’ottica rimane quella neocolonialista e non contempla il rispetto dei diritti umani, sindacali”, prosegue Grossi, per poi giungere al tema della crisi Mediorientale: “Il tutto è ancora più preoccupante alla luce della catastrofe umanitaria a Gaza, al largo della quale, inoltre, non scordiamoci che c’è un giacimento di gas”.

L’Egitto fa la parte cerchiobottista tra l’Occidente e il mondo arabo. “Al Sisi non vuole in nessun modo gestire gli sfollati palestinesi – conclude la funzionaria della Cgil – e il governo italiano va a sostenere un regime che non sembra volere aprire corridoi umanitari. Senza contare che nella crisi del Mar Rosso stiamo combattendo ‘per prossimità’ contro l’Iran con l’approvazione del Parlamento. Non mi stupirei che negli accordi tra Italia ed Egitto ci fosse anche un capitolo legato alla difesa, visto che stiamo comunque partecipando alla coalizione internazionale. Tutto questo è drammatico: il processo Regeni va avanti, ma gli interessi sull’energia hanno il sopravvento”.