Si è tenuta martedì 29 luglio, alle ore 16, presso la sala stampa della Camera dei Deputati a Roma, la conferenza stampa di presentazione del report “Ferite di confine. La nuova fase del modello Albania”, realizzato dal Tavolo asilo e immigrazione in collaborazione con il Gruppo di contatto del Parlamento italiano e di quello europeo.

Il testo prosegue e aggiorna la pubblicazione “Oltre la frontiera. L’accordo Italia-Albania e la sospensione dei diritti” uscito a marzo 2025, ed evidenzia come nella gestione transnazionale dei migranti il quadro sia radicalmente mutato.

Un nuovo dispositivo

Da aprile il governo italiano ha infatti introdotto un nuovo dispositivo operativo che trasferisce coattamente migranti già trattenuti nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) italiani al centro di detenzione di Gjader, in Albania. Si configura così un dispositivo di detenzione amministrativa transnazionale, caratterizzato da bassa trasparenza e altissimo rischio di lesione dei diritti fondamentali. I monitoraggi sul campo del Tavolo asilo e immigrazione hanno confermato una serie di criticità sistemiche, sia sotto il profilo sanitario che giuridico e organizzativo.

I trasferimenti dai Cpr italiani a quello albanese di Gjadër, ad oggi 132, avvengono sistematicamente senza un provvedimento scritto e motivato”, si legge nel testo. Il Tavolo asilo e immigrazione ha accertato “l'assenza di un ordine, individuale o collettivo, di trasferimento scritto e motivato. Nei casi esaminati, risulta evidente come le misure coercitive siano state adottate in modo arbitrario e in violazione della normativa vigente.

Trasferimenti coatti

In particolare, il rapporto documenta l’assenza totale di una valutazione sanitaria preventiva prima del trasferimento, nonostante la presenza di persone affette da gravi patologie croniche, traumi psicologici e necessità di continuità terapeutica. Il trasferimento avviene in condizioni coercitive: persone ammanettate e legate durante lunghi viaggi, fino a 24 ore, spesso senza alcuna informazione o motivazione.

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All’arrivo a Gjader, l’assenza di un sistema sanitario paragonabile a quello italiano, unita a una gestione insufficiente e alla scarsità di risorse, determina un aggravamento delle condizioni di salute dei detenuti. Terapie salvavita vengono interrotte arbitrariamente, violando diritti sanciti dalla Costituzione italiana (articoli 2, 3, 32), dal diritto europeo e internazionale.

“L'extraterritorialità del centro di Gjadër – scrive il Tavolo - impedisce l'accesso effettivo alla difesa, diritto tutelato dall'art. 24 della Costituzione e dall'art. 6 della Cedu (Convenzione europea dei diritti dell'uomo ndr)".

L'isolamento forzato a Gjadër non è solo una condizione materiale, ma una condizione sistemica di marginalizzazione che rende le persone invisibili, silenziose e passive, contribuendo a una disumanizzazione istituzionalizzata più estrema rispetto ai Cpr sul territorio italiano.

Black out informativo

L’opacità procedurale è un altro elemento di rilievo. Nessuna lista ufficiale delle persone trasferite viene comunicata alle istituzioni, ai media o alle organizzazioni umanitarie, rendendo i migranti “invisibili” in una zona franca del diritto. Ciò produce un vuoto di responsabilità e tutela, dove il controllo giurisdizionale risulta eluso, configurando uno spazio di eccezione materiale e giuridica al di fuori del territorio italiano.

Il report denuncia con forza l’illegittimità del Protocollo Italia-Albania, che viola norme costituzionali, europee e internazionali, tra cui le garanzie previste dal Testo unico sull’immigrazione e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale hanno sollevato dubbi sulla compatibilità di questo “modello Albania” con il diritto europeo, evidenziando la necessità urgente di una revisione legislativa e di una sospensione immediata dei trasferimenti.

L'oscurità che circonda il modello Albania non è un incidente di percorso - si legge -, ma una precisa grammatica di governo. Il blackout informativo è funzionale a ridurre la possibilità di una presa di parola consapevole da parte della società civile.

Esternalizzazione delle politiche migratorie

Dietro questa decisione politica si nasconde la volontà del governo italiano di assumere la leadership europea nell’esternalizzazione delle politiche migratorie, attraverso pratiche sempre più dure e opache che comprimono i diritti fondamentali e sfuggono al controllo giurisdizionale, sia nazionale che comunitario. Se l’Unione europea proseguirà sulla strada tracciata dal Patto europeo sull’immigrazione, rischia di cancellare di fatto il diritto d’asilo come previsto dal diritto internazionale e di minare i valori fondativi stessi dell’Unione.

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In sostanza, il “modello Albania” non è solo una questione di politiche migratorie, ma diventa per il Tai un banco di prova per i principi democratici, i diritti umani e il rispetto dello Stato di diritto in Italia e in Europa. Solo con un impegno corale sarà quindi possibile interrompere questa spirale di ingiustizie e restituire dignità e protezione alle persone più vulnerabili.

“La decisione del governo italiano di realizzare una struttura di detenzione amministrativa al di fuori del territorio nazionale - conclude il report - è oggetto di forti critiche”.

Tale scelta è considerata espressione della volontà di assumere la leadership in Europa nella definizione di politiche di esternalizzazione sempre più severe e discriminatorie, comprimendo i principi di diritto contenuti nella legislazione europea. Si chiede l'immediata sospensione dell'attuazione del protocollo Italia-Albania.