Il 15 aprile del 2011 moriva a Gaza Vittorio Arrigoni, VIK, giornalista, scrittore, blogger e attivista per i diritti umani (tra i suoi lavori più famosi la testimonianza giornalistica sull’offensiva israeliana denominata ‘Piombo fuso’: sarà l’unico cronista italiano sul campo a testimoniare tutto). Moriva seviziato, bendato e filmato. L’autopsia confermerà la morte per strangolamento.

Era stato rapito il giorno prima a Gaza da un gruppo terroristico che si dichiarò jihadista salafita. Da allora resta ancora oscuro il motivo del suo rapimento sebbene nel 2012 la Corte militare di Gaza abbia individuato quattro responsabili.

“Io che non credo alla guerra - diceva poco prima di essere ucciso - non voglio essere seppellito sotto nessuna bandiera. Semmai vorrei essere ricordato per i miei sogni. Dovessi un giorno morire, fra cent’anni, vorrei che sulla mia lapide fosse scritto quello che diceva Nelson Mandela: 'Un vincitore è un sognatore che non ha mai smesso di sognare'”.

“Con la sua sete di giustizia - diceva di lui don Ciotti - Vik è diventato per tanti, soprattutto giovani, un punto di riferimento, un amico con cui confidarsi nell’intimo della coscienza, a cui chiedere consiglio quando i dubbi e le paure vengono a insidiare le speranze. E sono certo che, da dove si trova, è felice nel riconoscere la propria vita travasata in così tante vite. Ha vissuto con piena, dilagante umanità, Vik, lui che ci chiedeva di restare umani”.

“Sono sicura - affermava lo scorso anno la sua mamma Egidia Beretta - che 'Restiamo umani' lo dicesse soprattutto a se stesso. È un monito che vale per tutti. Deve ricordarci che apparteniamo tutti alla stessa famiglia, quella umana”.

“Ricordo - raccontava - i momenti in cui era qui a casa, i nostri discorsi, la bellezza di averlo intorno. C’era molta empatia tra di noi, un’empatia che non è mai cessata né quando era lontano, né adesso. Vittorio teneva molto alle sue radici e noi, nonostante fosse spesso lontano da casa, eravamo le sue radici, il suo punto di riferimento. Questo ci rendeva molto orgogliosi”.

“I suoi primi viaggi - proseguiva - non erano rischiosi. Cominciai a preoccuparmi quando scelse la Palestina come luogo dove portare aiuti concreti, nel 2005 quando, dopo due tentativi d'ingresso, venne picchiato e incarcerato. Il mio cuore non era sereno, certo, ma al contempo provavo soddisfazione e orgoglio per quel figlio che non ha mai abbandonato i suoi sogni e la ricerca della giustizia. La sua vita è stata mossa dalla battaglia per i diritti umani”.

“Vanno a fare gli eroi - eppure scriveva il giorno del rapimento qualcuno sul sito di un noto Giornale - lo siano sino in fondo, si arrangino, oppure preghi Hamas d'intercedere per lui. Ho sentito di accostamenti a Quattrocchi, per carità, orrore, l’italiano ucciso alcuni anni or sono, ha tenuto in comportamento eroico fino all’ultimo…onore a lui! Costui mi pare un nullafacente comunista da quattro soldi”.

“Giusto per capire di cosa si parla - gli faceva eco qualcun altro - ci vadano piano le anime belle che vorrebbero che tutti gli italiani si stracciassero le vesti per il futuro martire. Con tutta la comprensione per i poveri genitori che si sono ritrovati con cotanto figlio, vorrei rammentare che un “operatore umanitario” si becca 7000 euro al mese d'indennità maggiorati delle spese di soggiorno (4000 euro circa). Quelli che non ci credono, vadano a vedere la voce “spese di funzionamento” del caro Gino Strada”.

Restiamo umani, Vittorio. Continueremo a dirlo, continueremo a farlo, anche se a volte sembra davvero difficile.

Ed ora sono qua che ti guardo, tu che con la morte
Veramente e fino all'ultimo dei tuoi giorni ti sei confrontato,
Senza tante sceneggiate, sottovoce, defilato, coi piedi
Nell'acqua che te la ridi godendo degli schizzi e del
Vento che ti scompiglia i capelli... e un po' sorrido,
E un po' piango, così, come ci hai insegnato tu, resto umano.
Ci sto provando.
Io non credo nei confini, nelle barriere, nelle bandiere
Credo che apparteniamo tutti ad una stessa famiglia
Che è la famiglia umana