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La Palestina è la terra che accoglie i luoghi sacri per i cristiani. Il messaggio di Cristo è un messaggio di pace universale che il mondo sembra avere dimenticato. Nel suo primo discorso, quello affacciato al balcone subito dopo l’elezione, papa Leone XIV ha evocato una “pace disarmante e disarmata” e lo scorso 17 giugno ha esortato i vescovi italiani affermando: “La pace non è un’utopia spirituale, è una via umile, fatta di gesti quotidiani, che intreccia pazienza e coraggio, ascolto e azione. E che chiede oggi, più che mai, la nostra presenza vigile e generativa”.
Sono tanti i sacerdoti che nel corso degli ultimi mesi hanno mostrato il loro impegno a favore della popolazione di Gaza. Don Rito Maresca è parroco di Mortora, una frazione di Sorrento: a giugno durante la messa del Corpus Domini ha indossato la casula (paramento che si indossa durante le celebrazioni) con i colori della Palestina e nel corso dell’omelia ha affermato: “Forse è una messa sporca, una messa non ortodossa, non opportuna secondo alcuni. Mi domando quando mai Gesù è stato opportuno nel Vangelo. Mentre noi adoriamo il pane spezzato, a Gaza si spezzano corpi innocenti sotto le bombe. E non possiamo far finta di non vedere”.
Ad agosto ci pensò don Vitaliano Della Sala, parroco di un comune in provincia di Avellino, che dispiegò la bandiera palestinese sull’altare della sua chiesa. E altri segni di pace si possono raccontare.
Per tutti valgano le parole pronunciate dall’arcivescovo di Napoli don Mimmo Battaglia durante il miracolo del sangue di San Gennaro: “Oggi la parola sangue ci brucia addosso. Perché il sangue è un linguaggio che tutti capiamo, e che chiede conto a tutti. Il sangue di Gennaro si mescola idealmente al sangue versato in Palestina, come in Ucraina e in ogni terra ferita dove la violenza si crede onnipotente e invece è solo rumore…. è il sangue di ogni bambino di Gaza che metterei esposto in questa cattedrale, accanto all’ampolla del santo. Perché non esistono ‘altre’ lacrime: tutta la terra è un unico altare".
Lo scorso 22 settembre Roma è stata attraversata da uno “strano corteo”: preti vestiti con i colori della bandiera di Palestina – con dietro lo slogan “Christ died in Gaza, Cristo è morto a Gaza” – hanno marciato dal Quirinale a Montecitorio per chiedere la fine del genocidio. “La rete Preti contro il genocidio – afferma don Maresca – non è un’idea astratta: siamo oltre 1.500 firmatari tra sacerdoti, vescovi e anche un cardinale, uniti da una scelta: non restare in silenzio davanti al genocidio del popolo palestinese, agli ospedali distrutti, ai bambini senza futuro, poiché come ha detto papa Leone XIV, non c'è futuro basato sulla violenza”.
Sono i sottoscrittori di un Appello che sarebbe da mandare a memoria e far sottoscrivere a chi ci governa. Si ispirano alla “parola di Dio” e alla “Costituzione italiana”. Hanno chiari gli scopi questi sacerdoti: “…Denunciare il genocidio in atto a Gaza, le violenze ingiustificate contro la popolazione civile palestinese e lo stato di apartheid in vigore da oltre 70 anni in tutti i Territori Palestinesi Occupati. Chiedere il rispetto del diritto internazionale, delle risoluzioni delle Nazioni Unite e i pronunciamenti della Corte Penale Internazionale a cui l’Italia aderisce…”.
Ta le azioni che si impegnano a realizzare, oltre all’Appello e alla sua diffusione nelle parrocchie, c’è l’invio di “Lettere ai parlamentari italiani per chiedere l’applicazione dell’art. 11 della Costituzione, la sospensione della vendita di armi a chi compie crimini contro i civili, un impegno concreto per un cessate il fuoco e un processo di pace”.
“Sia Pace in Terra Santa” è una nota redatta al termine dell’ultimo consiglio episcopale che si è tenuto a Gorizia dal 22 al 24 settembre. Già sia monsignor Parolin che papa Leone hanno più volte sottolineato che da tempo il Vaticano ha riconosciuto lo Stato di Palestina e che il tempo per farlo è ora. La nota della conferenza episcopale è netta e chiara: “Chiediamo con forza che a Gaza cessi ogni forma di violenza inaccettabile contro un intero popolo e che siano liberati gli ostaggi. Si rispetti il diritto umanitario internazionale, ponendo fine all’esilio forzato della popolazione palestinese, aggredita dall’offensiva dell’esercito israeliano e pressata da Hamas. Ribadiamo che la prospettiva di “due popoli, due Stati” resta la via per un futuro possibile. Per questo, sollecitiamo il Governo italiano e le Istituzioni europee a fare tutto il possibile perché terminino le ostilità in corso e ci uniamo agli appelli della società civile”.
Domandarsi se anche i vescovi italiani che scrivono note e i 1.500 e oltre preti che hanno sottoscritto l’appello lo fanno per attaccare Meloni e il suo governo suona un po’ blasfemo, ma non è peregrino. Tra il Quirinale e piazza Montecitorio c’era anche padre Alex Zanotelli, con lui hanno firmato l’Appello don Luigi Ciotti e don Tonio Dell’Olio, il missionario comboniano che oggi si è fatto missionario per le vie di Napoli, che ha affermato: “Camminiamo accanto ai palazzi del potere politico per dire il nostro no al genocidio, come l’ha chiamato l’Onu, e sollecitare il governo italiano a rompere il silenzio”. Sottoscrivere va bene, ma Zanotelli è anche uomo di azioni e allora ha rilanciato la campagna Bds (boicottaggio, disinvestimento, sanzioni) contro Israele: “In questo modo è stato sconfitto il Sudafrica dell’apartheid, così si può fermare anche Netanyahu”.