Un recente studio pubblicato dalla Commissione Europea (La geografia del malcontento politico dell’UE e la trappola dello sviluppo regionale) fornisce utili indicazioni in vista delle prossime elezioni europee e alla luce delle recenti decisioni prese dal Consiglio europeo in merito alla riforma della governance economica.

La trappola dello sviluppo

Lo studio evidenzia la stretta correlazione fra il crescente consenso che i partiti euroscettici hanno avuto nel corso dell’ultimo quinquennio (2018-2022) e quella che lo studio definisce “la trappola dello sviluppo regionale”.

Nel corso dell’ultimo quinquennio in tutta l’Ue l’euroscetticismo è arrivato ad essere sostenuto dal 27% dell’elettorato totale. In cinque Paesi – Ungheria, Italia, Polonia, Francia e Grecia – i partiti euroscettici rappresentano già la metà dell’elettorato. Altrove nell’Ue, il sostegno alle opzioni euroscettiche diminuisce considerevolmente, ma rimane ancora superiore al 25% in Olanda e in Svezia, e superiore al 20% in Belgio, Danimarca, Lettonia e Austria.

Lo studio consente di delineare una geografia europea di quella che gli autori definiscono essere “la trappola dello sviluppo”, ossia regioni che sperimentano una crescita inferiore del reddito, della produttività e dell’occupazione rispetto a: (i) la loro performance storica; (ii) il Paese in cui si trovano; e/o (iii) l'Ue. 

Le regioni in difficoltà

In altre parole, “la trappola” può essere definita come “la condizione di una regione incapace di mantenere il proprio dinamismo economico in termini di reddito, produttività e occupazione, e al contempo sottoperformante rispetto ai suoi pari nazionali ed europei su questi stessi aspetti”. Sulla base di questo indicatore le regioni francesi che circondano l’Île-de-France, le regioni orientali francesi, le regioni italiane, spagnole, greche e alcune regioni portoghesi presentano elevati livelli di intrappolamento.

Gli estensori dello studio forniscono un’interessante evidenza, rappresentata dalla possibilità di individuare il numero di anni che ciascuna regione ha passato in questa condizione di “intrappolamento dello sviluppo”. Nel corso del periodo compreso fra il 2001 e il 2018 nessuna regione è riuscita a sfuggire del tutto alla trappola dello sviluppo, e molti dipartimenti francesi (per lo più attorno a Parigi e all’Île-de-France ), le province italiane e spagnole e quelle greche si trovano nella trappola dello sviluppo da 16 o più anni.

"Luoghi che non contano”

Come riconosce la Commissione, “quanto più lungo è il tempo trascorso nella trappola, tanto più difficile diventa per gli individui che vivono in luoghi intrappolati sfuggirvi, sia individualmente che collettivamente. Lunghi periodi di intrappolamento portano a un deterioramento delle condizioni, delle opportunità e dei servizi di base. Nei luoghi intrappolati a lungo termine, le strutture di base come l’istruzione, la sanità, le infrastrutture, i trasporti o i servizi pubblici si sono deteriorate nel tempo. Coloro che vivono in luoghi intrappolati a lungo termine non hanno opportunità rispetto alle persone che vivono altrove e hanno la sensazione di essere bloccati in ‘luoghi che non contano’”.

Il disagio e l’austerità

Chiaramente, le persone che vivono in regioni caratterizzate da queste particolari condizioni di svantaggio saranno in prima linea nell’esprimere il loro malcontento. Un malcontento commisurato all’intensità della crisi e al periodo di tempo “vissuto” dalla regione nella trappola dello sviluppo. Lo studio evidenzia che quanto più intensa e profonda è la trappola dello sviluppo, tanto maggiore è la percentuale di voti raccolti dai partiti euroscettici.

È indubbio che i risultati di questo studio evidenziano che il proseguimento di una politica di austerità, come quella sperimentata nel corso degli ultimi due decenni nell’Ue e riproposta con la recente riforma della governance economica europea, rappresentano un serio pericolo per la tenuta dello stesso progetto europeo.

Stefano Palmieri, Area politiche europee e internazionali Cgil