Negli ultimi mesi, l’escalation di violenza nel Mar Rosso, con i ripetuti attacchi dei ribelli Houthi yemeniti, ha portato all’attenzione generale un tema fino a poco tempo fa poco conosciuto: quello della strategicità (oltre che della presenza) dei cavi sottomarini che garantiscono i collegamenti internet nel mondo.

Non tutti sanno infatti che solo l’1% del traffico web globale scorre su cavi su terraferma, mentre il restante 99% transita sotto i mari, dove il traffico transatlantico di dati raddoppia in media ogni due anni.

In questo contesto, il Mar Rosso rappresenta un vero e proprio hub cruciale delle tlc globali, considerato che il 90% di tutta la capacità Europa-Asia passa da lì, ragione per la quale l’allarme per l’escalation di violenza che vede protagonista questo nevralgico territorio si fa sempre più forte, anche se non è ancora chiaro a tutti quanto questi collegamenti siano importanti.

A cogliere l’importanza di queste vere e proprie autostrade del mare sono state invece subito aziende come Google e Meta. Da anni infatti hanno cominciato ad investire cifre astronomiche su reti transoceaniche (ad oggi hanno finanziato la realizzazione, rispettivamente, di 29 e 15 sistemi di cavi sottomarini).

La maggior parte del traffico è infatti generato dalle grandi piattaforme digitali (Google, Meta, Amazon e Microsoft), per via dell’alto consumo di banda dei loro servizi di ricerca, video e social media. Queste vantano migliaia di cavi sottomarini già posati e hanno annunciato il rilancio dei propri investimenti per ampliare le tratte intercontinentali.

I due over the top stanno dato vita, ad esempio, a due progetti (2Africa di Meta e Equiano di Google) che sono i maggiori per dimensioni in Africa e gli unici con molteplici punti di approdo nel continente.

Gli stessi, negli ultimi anni stanno siglando accordi anche con gli operatori di rete per il trasporto di traffico dati transoceanico. A questi si aggiungono i progetti previsti dai soli operatori telco per il periodo 2023-2025 legati allo sviluppo della la banda larga. Si arriva così alla previsione di investimenti pari a 10 miliardi di dollari (si porterebbero online ulteriori 78 sistemi, per oltre 300.000 chilometri di lunghezza di cavi sottomarini. Con un tasso di crescita che non trova precedenti negli ultimi 20 anni. Crescita dettata dalla necessità di alimentare cloud e servizi di intelligenza artificiale con sistemi di trasmissione avanzati in grado di garantire stabilmente prestazioni e capacità sempre più elevate).

Complessivamente oggi i sistemi per la banda larga sottomarina superano una lunghezza di 1,5 milioni di km e un giro d’affari di 4,3 miliardi di dollari l’anno da qui al 2030.

TeleGeography ha da poco pubblicato una mappa aggiornata in cui si illustra una rete di 559 sistemi di cavi e 1.636 punti di atterraggio che sono già attivi o in costruzione.

La mappa descrive la connettività globale “dal mare al cloud“, sottolineando come l’espansione delle “cloud region” mondiali sia parzialmente legata alle rotte seguite dai sistemi di cavi sottomarini, rivelando l’importanza della interconnessione tra queste due infrastrutture: i cavi di solito atterrano nei siti dove c’è o è attesa crescita per i servizi cloud.

In questo scenario, con la vicenda Tim appesa a un filo, un faro va acceso sulla necessità di preservare il nostro asset strategico in materia di cavi sottomarini: Sparkle.

“Costola” di quello che era l’universo Telecom, è, si legge sul sito ufficiale, “il primo fornitore di servizi di telecomunicazioni internazionali in Italia e il quinto al mondo per traffico Internet, con una rete di 600.000 km di fibra ottica e una presenza commerciale in 32 Paesi...Con una capacità di trasmissione di 24 terabit (2 milioni di volte di più delle fibre urbane) é protagonista nelle infrastrutture strategiche di telecomunicazione: hub per il Nord Africa, il Medio Oriente e l’Asia, operatore di riferimento in Europa e nelle Americhe, partner di molti Paesi e di over the top globali. Oltre ad essere l'unica compagnia occidentale ad aver aperto un point of presence in Iran”.

Il golden power consente al nostro Paese di preservarlo da operazioni finanziarie di qualsivoglia natura. Ma in tempi confusi come quelli attuali, in cui si predica il patriottismo e si svendono i gioielli di famiglia, niente appare certo. Per questo, forse, vale la pena provare a comprendere di cosa stiamo parlando.

Barbara Apuzzo è responsabile politiche e sistemi integrati di telecomunicazione della Cgil nazionale