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L’ondata di calore che ha investito tutta l’Europa, non soltanto il nostro Paese, è, come accade ormai da alcuni anni, senza precedenti. Ogni estate che arriva batte tutti i record registrati soltanto un anno prima e nel continente le temperature stanno diventando sempre più roventi ovunque. Ce ne accorgiamo ormai in quasi tutti i frangenti della vita. È di due giorni fa la notizia che il clima torrido a Londra, dove il termometro ha toccato i 34°, ha creato non pochi problemi alla giornata inaugurale di Wimbledon sia ai giocatori che agli spettatori. In realtà è in gioco molto di più che lo storico torneo di tennis, ma questo è solo un esempio di quello che sta accadendo un po’ ovunque.
In questo scenario difficilissimo da gestire c’è però una certezza ripetuta da tutte le organizzazioni globali, dall’Onu all’Oms alla Ces, sintetizzata perfettamente in questa dichiarazione della portavoce dell’Omm, l’Organizzazione Meteorologica Mondiale, Clare Nullis: “Ogni decesso legato al caldo estremo si può prevenire”. È vero per le fasce più fragili della popolazione, anziani e bambini, seguendo le raccomandazioni della campagna appena lanciata dall’Oms, è vero per i lavoratori esposti al rischio del colpo di calore, per i quali il sindacato europeo, la Ces, torna a chiedere una direttiva all’Unione europea.
La campagna dell’Oms
“In questo momento un’ondata di caldo torrido sta investendo la regione europea dell’Oms, infrangendo record, mettendo a dura prova i sistemi sanitari e mettendo a rischio innumerevoli vite”, è l’allarme lanciato dal direttore regionale dell’Organizzazione mondiale della sanità per l’Europa, Hans Kluge. In una nota il dirigente spiega perché le ondate di calore sono una crisi sanitaria e come prepararsi. Il caldo estremo “minaccia silenziosamente le persone che hanno più bisogno di protezione: anziani, bambini, lavoratori all’aperto e chiunque conviva con patologie croniche. Il cambiamento climatico fa sì che le ondate di calore non siano più rare. Stanno diventando più intense, più frequenti e più pericolose. Il caldo estremo può sopraffare la capacità del nostro corpo di affrontare le alte temperature, causando malattie gravi e persino la morte. La buona notizia? La maggior parte degli impatti sulla salute legati al caldo può essere prevenuta”. per questo l’Oms Europa, annuncia Kluge, lancia la campagna annuale ‘#KeepCool’, “per ricordare i semplici accorgimenti salvavita che tutti possiamo adottare”.
Sono quattro le indicazioni fondamentali veicolate dalla campagna. Primo, tenere lontano il caldo “restando in casa nelle ore più calde della giornata, all’ombra ove possibile e non lasciare mai bambini o animali nelle auto parcheggiate”. Secondo, mantenere la casa il più fresca possibile “arieggiandola di notte, chiudendo tende e persiane durante il giorno e spegnendo luci e dispositivi non necessari”. Terzo, mantenere il corpo fresco “indossando abiti leggeri e bevendo molta acqua”. Quarto, restare in contatto con famiglia, amici e vicini, “soprattutto per coloro che potrebbero aver bisogno di ulteriore aiuto”.
La Ces, il sindacato europeo, chiede alla Commissione dell’Ue di emanare una direttiva che protegga i lavoratori
E arriviamo così al capitolo lavoro, quello in cui, durante queste ondate di calore, si determinano i rischi più alti per la salute e per la vita stessa. Il comitato esecutivo della Ces lo aveva già scritto in una risoluzione sul tema votata lo scorso 5 marzo: “Il numero di persone che muoiono a causa del caldo estremo sul posto di lavoro sta crescendo più rapidamente nell’Unione Europea che in qualsiasi altra parte del mondo, con un aumento del 42% dei decessi sul posto di lavoro correlati al caldo dal 2000”. Ce n’è abbastanza per prendere decisioni drastiche che in realtà anche quest’anno, come si è visto con le ordinanze delle Regioni in Italia, sono molto in ritardo: si continua a gestire il caldo con un’ottica emergenziale invece di dare risposte strutturali. Anche il sindacato continentale torna così a chiedere alla Commissione Europea di emanare una direttiva che stabilisca quali siano le temperature oltre le quali non si può lavorare.
“Una donna di 51 anni – si legge nell’ultima nota pubblicata dalla Ces – è collassata in casa al termine del suo turno come operatrice ecologica della nettezza urbana a Barcellona. Sono cinque – per contare solo quelle in cui la causa dovuta al caldo è stata accertata – le persone che hanno perso la vita dopo aver lavorato a temperature elevate in Spagna quest’estate e fatti simili si sono verificati in Italia, Francia e Grecia nelle ultime estati”.
L’ultima vittima del resto ricorda la morte di un netturbino a Madrid durante un’ondata di calore nel 2022 e “dimostra ancora una volta che i decessi correlati al caldo possono verificarsi anche dopo l’esposizione, rafforzando la necessità di protezioni più efficaci e di una raccolta dati più accurata per evitare la sottostima dei decessi”.
“Quando le temperature superano i 30 °C – scrive la Ces – il rischio di incidenti sul lavoro aumenta del 5-7% e quando le temperature superano i 38 °C la probabilità di incidenti è maggiore dal 10% al 15%, secondo quanto dimostrato da una ricerca. L’esposizione al caldo comporta anche rischi per la salute a lungo termine, aumentando il rischio di patologie cardiovascolari, respiratorie e di altro tipo, come malattie renali croniche o infertilità”. Ma nonostante questi dati, sono pochi i paesi che “dispongono di una legislazione per garantire la sicurezza dei lavoratori durante le ondate di calore e sono ancora troppo pochi quelli che raccolgono dati sui decessi o gli infortuni sul lavoro correlati al caldo”.
Ces: ecco cosa deve prevedere la direttiva della Commissione Europea
Per tutti questi motivi, la Confederazione Europea dei Sindacati torna a chiedere con forza alla Commissione Europea di presentare una direttiva che preveda determinati elementi. Decisioni che non sono più rimandabili. Vediamo quali.
“Temperature di lavoro massime vincolanti, tenendo conto delle condizioni di lavoro specifiche del settore, come la natura e l’intensità del lavoro, le attività al chiuso e all’aperto. Obbligo per i datori di lavoro di collaborare con i sindacati per progettare e attuare politiche per la sicurezza sul posto di lavoro attraverso contratti collettivi. Valutazioni obbligatorie del rischio da calore per i datori di lavoro, integrando indicatori avanzati che considerino, ad esempio, temperatura, umidità, ombra/esposizione alla luce solare e flusso d’aria. Istruzione e formazione per datori di lavoro, lavoratori e supervisori sul riconoscimento dei sintomi dello stress da calore e sull’attuazione delle misure di primo soccorso. Il diritto a controlli medici mirati e regolari e al monitoraggio della salute, necessari per prevenire la sottostima dello stress da calore correlato al lavoro, delle radiazioni UV e di altre malattie”.
Esther Lynch, Ces: “Quanti lavoratori devono morire per il caldo prima che si intervenga?”
“Un’altra estate porta con sé un’altra tragedia – ha detto la segretaria generale della Ces, Esther Lynch –. Quanti lavoratori devono morire durante le ondate di calore prima che vengano messe in atto alcune regole di buon senso? Questo è un problema che riguarda i paesi di tutta Europa, motivo per cui la responsabilità di proporre una soluzione ricade logicamente sulla Commissione Europea. È chiaro a tutti, nella nostra vita quotidiana, che il clima sta cambiando e abbiamo urgente bisogno che le nostre leggi si allineino se vogliamo evitare innumerevoli altre morti evitabili ogni estate”.
Giulio Romani, Ces: “L’aumento delle temperature non deve essere una condanna a morte per i lavoratori”
“Come qualsiasi altro rischio per la salute e la sicurezza delle persone – ha detto il segretario confederale della Ces, Giulio Romani – l’aumento delle temperature non deve essere una condanna a morte per i lavoratori se mettiamo in atto misure sensate per garantire la sicurezza delle persone. Sulla base di una direttiva forte, i datori di lavoro dovrebbero collaborare con i sindacati per garantire che esista un piano per la sicurezza sul lavoro durante le ondate di calore, che si tratti di pause supplementari per l’acqua, indumenti protettivi o accesso all’ombra. La Commissione Europea ha pubblicato delle linee guida per i datori di lavoro, invitandoli a fornire questi strumenti, ma spesso i lavoratori più a rischio sono i migranti o i lavoratori stagionali che si trovano in condizioni precarie. La sicurezza delle persone deve essere garantita dalla legge, non da semplici consigli”.
Sebastiano Calleri, Cgil: “Il punto fondamentale è stabilire un valore soglia oltre il quale si deve fermare il lavoro”
“La questione fondamentale – ci ha detto Sebastiano Calleri, responsabile nazionale della Cgil per la salute e la sicurezza sul lavoro – è stabilire un valore soglia oltre il quale non si può lavorare. E bisogna pensare a proteggere i segmenti più deboli del mercato del lavoro dall’esposizione al calore estremo, soprattutto in presenza di fragilità pregresse del lavoratore che rischiano di moltiplicatore l’effetto del caldo”.
“Il valore soglia in Italia è gestito in modo quasi paradossale. Molte Regioni lo hanno stabilito prendendo a riferimento la letteratura scientifica che ha dato origine a Worklimate, ma di fatto – ribadisce Calleri – a livello nazionale la questione non è stata mai affrontata. Nel protocollo cominciamo a farlo. Consapevoli che in molti paesi europei il valore soglia è stato stabilito a livello nazionale. Il grande problema è la resistenza delle imprese, spaventate dagli eventuali blocchi che andrebbero a incidere sulle scadenze contenute nei contratti. Temono i ritardi delle consegne. E poi ci sono gli aspetti più particolari. Ma il punto di partenza per trovare soluzioni resta quello del valore soglia che impedirebbe almeno gli effetti più deleteri. E la dinamica è simile al livello europeo, dove la commissione – questa in particolare non è certo orientata ai bisogni dei lavoratori –subisce la pressione della pesante lobby delle imprese, ma si trova anche alcuni stati che hanno già stabilito regole a livello nazionale”.