Pochi giorni fa gli agricoltori hanno messo a ferro e fuoco Bruxelles. Mentre si svolgeva il Consiglio dei ministri dell’agricoltura, mille trattori hanno invaso le strade, buttato segatura, appiccato il fuoco. Soprattutto belgi e francesi, ma anche delegazioni degli altri Stati membri, nel cuore dell’Europa per chiedere di cambiare la Pac.

La protesta si è fermata solo quando i ministri hanno annunciato la disponibilità a mettere mano alla Politica agricola comune, alle norme del Green Deal, alle condizioni ecologiche per ottenere i finanziamenti, alla concorrenza dei prodotti dall’estero.

Che cosa sta succedendo? Perché gli agricoltori sono da settimane sul piede di guerra? Chi vince e chi perde in questa partita? “Perdono l’agricoltura e l’ambiente – risponde a Collettiva.it l’economista Vincenzo Comito -. Il settore è fagocitato dall’agrobusiness, dalla grande distribuzione e dalla concorrenza dei prezzi bassi dei prodotti dall’estero. E quella che avanza è una falsa soluzione perché è il modello produttivo affermatosi dal dopoguerra a essere sbagliato: oggi sta mostrando drammaticamente tutti i suoi limiti”.

Dalla civiltà contadina millenaria e familiare siamo passati a una lunga catena di fabbriche agroalimentari che riforniscono a loro volta la grande distribuzione. Oggi l’impresa contadina rischia di essere schiacciata dalla grande industria e dalla distribuzione oligopolistica che segue una logica che tende a massimizzare i profitti.

“Tra le conseguenze del cattivo modello di sviluppo agroindustriale c’è un grande livello di inquinamento – dice ancora Comito -, sotto forma di emissione di gas serra e fertilizzanti chimici, scarsità d’acqua, degradazione dei suoli, spreco del cibo”.

Che fare? Le soluzioni ci sono: “Perché gli agricoltori possano far fronte al caos climatico e alla fluttuazione dei prezzi bisognerebbe riorientare la Pac e le politiche nazionali – conclude l’economista -, combattere più in generale per un’agricoltura socialmente giusta, rispettosa dell’ambiente e del clima”.