“La memoria è viva se parla al presente e al futuro”. Lo afferma la segretaria confederale della Cgil Maria Grazia Gabrielli rendendo omaggio oggi ai 262 minatori vittime della tragedia di Marcinelle, 136 dei quaili erano italiani emigrati in Belgio. “Non si può morire lavorando – ha detto la dirigente sindacale –, oggi come ieri, perché è da questa condizione che si giudica la civiltà e il progresso di una comunità, internazionale o nazionale. Sono ancora tanti coloro che muoiono di lavoro, in Italia e in Europa per non parlare del resto del mondo. Ogni tragedia sul lavoro non può essere considerata una fatalità, non lo è mai. Come non lo è stata quella di Marcinelle”.

“La migrazione - aggiunge la segretaria confederale - è ripresa anche nel nostro Paese, riguarda spesso i più giovani e scolarizzati mentre nel Mediterraneo perdono la vita in tanti che fuggono dalle loro terre a causa della povertà, della mancanza di libertà e per l’aumento delle temperature e delle guerre conseguenti. La discriminazione, l’assenza di accoglienza, la diffidenza con cui quei lavoratori arrivati a Marcinelle per effetto dell’accordo tra governo italiano e belga non era, e per noi non è, il modello per affrontare l’immigrazione in Italia e in Europa perché non c’è altra strada se non quella della inclusione, dell’accoglienza, dell’integrazione”. 

“Il messaggio che abbiamo lanciato ieri nella nostra iniziativa e oggi alle celebrazioni ufficiali con la deposizione dei fiori insieme al patronato Inca è rivolto – prosegue Gabrielli – all’Europa che nel 1956 muoveva i primi passi. Oggi l’Ue è a un bivio: o sceglie la strada della centralità del lavoro a partire dalla stabilità, da un salario dignitoso, dalla protezione della salute e della sicurezza di lavora, dei diritti sociali fondamentali come sanità e istruzione, della pace e dell’accoglienza oppure sarà dilaniata dalle derive nazionaliste, ma per farlo deve cambiare radicalmente le sue politiche economiche e costruire un nuovo modello sociale. Anche per queste ragioni saremo in piazza il 7 ottobre e continueremo a mobilitarci nei prossimi mesi insieme a tutti i sindacati europei”. 

Nel confronto organizzato ieri per la prima volta nel sito Bois di Coazier  con gli interventi del Comune di Charleroi, del console generale d’Italia a Charleroi del presidente della Fondazione Di Vittorio Francesco Sinopoli, di Sara Palazzoli del Collegio di presidenza dell’inca, di Carlo Briscolini vicepresidente del sindacato Belga Fgtb, della vicepresidente nazionale Anpi Mari Franceschini, di Urbano Ciacci ultimo minatore di Marcinelle e con il contributo dei parlamentari, coordinato da Filippo Ciavaglia dell’Area politiche europee e internazionali e concluso dalla segretaria confederale Maria Grazia Gabrielli non si è limitato a ricostruire la tragedia e ricordare le vittime.

Dei 262 minatori uccisi, 136 erano italiani con oltre 60 vittime che provenivano dall’Abruzzo, 95 i belgi, otto i polacchi, sei i greci, cinque i tedeschi, tre i francesi e gli ungheresi, un olandese, un ucraino, un russo; il più giovane di loro aveva 14 anni mentre il più anziano 59. In quella miniera c’erano lavoratori provenienti da ogni parte del nostro Paese, parlavano diversi dialetti, ma certo si sentivano fratelli, perché lavoratori, non solo perché italiani.