In conferenza stampa ad Astana, in Kazakistan, dove ha incontrato il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, Vladimir Putin ha dichiarato che non vede necessità di colloqui con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden in Indonesia, a margine del prossimo G20. "Non è il momento di parlare di negoziati diretti con lui - ha chiarito -, dobbiamo ancora vedere come la Russia parteciperà al vertice di Bali", ma ha anche ribadito che uno scontro diretto tra la Russia e la Nato comporterebbe "una catastrofe globale". La conferenza asiatica Cica si era aperta all'indomani della risoluzione Onu che ha bocciato l'annessione russa dei territori ucraini. In molti in Europa si aspettavano un segnale dall'incontro tra il capo del Cremlino e Erdoğan, magari nella direzione di un cessate il fuoco. Così non è stato. In questa intervista a Lucio Caracciolo, il direttore di Limes - che da oggi, 15 ottobre, è in edicola e in libreria con il nuovo numero - alcune riflessioni sui possibili scenari che ci troviamo davanti a partire dal temuto rischio nucleare.

Quanto è realisticamente elevato questo pericolo? 

Nella questione della bomba atomica c’è una forte componente propagandistica: non avendo altre risorse a disposizione, in questa fase Putin fa aleggiare l’ombra dell’atomica. Quanto il rischio sia probabile non lo sappiamo ma credo che in ogni caso si tratterebbe di una risorsa di ultima istanza che Putin userebbe solo, per esempio, in caso di attacco alla Crimea.

Quali sono i rapporti tra Cina e Russia in questa fase?

Alleanza non c’è mai stata e non ci sarà, c’è una coincidenza relativa d'interessi ovvero una manipolazione reciproca per contare di più nei confronti dell’America. Tuttavia l’avventura in Ucraina ha sicuramente inciso sul giudizio che i cinesi danno di Putin e della Russia e, quindi, oggi assistiamo a una notevole presa di distanza da parte di Pechino.

Negli interessi coincidenti tra Xi e Putin c’è l’affermazione di un nuovo ordine mondiale, multipolare, diverso da quello al quale Occidente e Stati Uniti sono abituati?

Non credo che sia all’ordine del giorno alcun tipo di nuovo ordine mondiale, semplicemente perché siamo ancora nella fase in cui il precedente ordine è entrato in crisi, cioè quello che si immaginava vertere, dopo il 1991-1992, sulla fine dell’Unione Sovietica e sul dominio assoluto dell’America. L’America è e resterà a lungo la potenza numero uno, ma oggi non può certamente regolare un mondo in cui ci sono troppi attori che si muovono per proprio conto.

A proposito degli Stati Uniti, cosa dobbiamo aspettarci da Joe Biden, alle prese tra poche settimane con le elezioni di mid-term?

Credo che Joe Biden sia uno dei presidenti meno incisivi, oltre che meno popolari che ci siano stati in America. Tutto dipenderà ovviamente dall’esito del voto, ma è chiaro che ci sarà un presidente piuttosto debole anche perché appare molto improbabile che possa essere rieletto.

Intanto lunedì (17 ottobre) a Lussemburgo si riuniranno i ministri degli Affari Esteri dell’Unione europea. Sarebbe troppo visionario aspettarsi dall’Europa uno scatto di reni?

Lontano dalla realtà, sì. L’Unione europea è particolarmente divisa sulla questione ucraina e al suo interno convivono posizioni antitetiche come per esempio quella polacca e quella tedesca. Questo già di per sé impedisce qualsiasi scatto.

Quale ruolo, invece, sta giocando la Turchia di Erdogan?

La Turchia si sta affermando come leader ovvero come un Paese che si muove nel rango delle maggiori potenze: non è più semplicemente un membro della Nato ma è un impero in ri-formazione. È un dato di fatto importante soprattutto per noi, vista la vicinanza con la Turchia.

Una delle domande più ricorrenti quando si parla degli scenari legati al conflitto russo-ucraino è: quale inverno dobbiamo aspettarci. Lei come risponde?

Dal punto di vista energetico, dobbiamo aspettarci un inverno difficile, freddo e probabilmente anche con qualche forma di razionamento; dal punto di vista bellico, sul fronte ucraino, ci possiamo attendere un rallentamento delle operazioni e quindi l’apertura di un dialogo.