Andrea Di Stefano, con una lunga esperienza di giornalista radiofonico a Radio Popolare ed esperto di finanza (ha diretto anche la rivista "Valori" di Banca Etica), ragiona sugli effetti delle misure adottate dalla Ue contro la Russia. In particolare ora si tratta di capire che cosa produrrà il blocco dell'accesso allo Swift per gli scambi finanziari internazionali. Una delle conseguenze più probabili sarà però legata al peggioramento delle condizioni delle fasce più deboli della popolazione russa e agli effetti a catena sul sistema dell'import-export. Saranno fortemente penalizzate anche molte imprese italiane

Tra le sanzioni adottate in questi giorni contro la Russia ce ne sono alcune che riguardano direttamente la finanza. Che significa per esempio la chiusura del rubinetto dello Swift? E che cosa comporterà per la finanza russa?
La sospensione del sistema Swift con alcune banche russe non è quell’arma nucleare finanziaria tanto decantata dai paesi Europei e Stati Uniti. Innanzitutto perché, almeno per ora, è un provvedimento selettivo cioè che non coinvolgerebbe le transazioni più importanti anche per volumi, che sono quelle per le forniture di gas. In secondo luogo la Russia da alcuni anni aveva avviato una profonda collaborazione con le autorità bancarie e monetarie cinesi che hanno messo a punto un sistema di certificazione delle transazioni alternativo. È quindi abbastanza probabile che il blocco dello Swift possa essere aggirato mediante una triangolazione con entità bancarie cinesi. Molto più rilevante, senza alcun dubbio, è il blocco delle riserve della Banca centrale. Qui il tema si fa molto più serio, come evidenziato dal crollo del rublo che ha già provocato e provocherà un drammatico impoverimento della popolazione russa.

Guardando a una prospettiva globale possiamo chiederci quanto pesa realmente la finanza russa a livello mondiale?
Non molto, mentre pesano, e molto, le disponibilità accumulate dal ristrettissimo numero di oligarchi arricchitisi con le “privatizzazioni”. Lo studio di Piketty, Zuckman e Novokmet del 2018 evidenzia un evoluzione che non ha raffronto nella storia di nessun Paese. Secondo le stime il reddito nazionale russo è aumentato di circa il 40% tra il 1989 e il 2016, da poco più da 16.000 euro alla fine del periodo sovietico a quasi 24.000 euro negli ultimi anni. Se confrontiamo il reddito nazionale per adulto della Russia alla media dell'Europa occidentale, troviamo che il divario tra la Russia e l'Europa occidentale si è leggermente ridotto. Il tenore di vita russo era di circa 60-65% della media dell'Europa occidentale nel 1989-1990, e ha raggiunto circa il 70-75% da metà degli anni 2010. Ma se guardiamo alla ricchezza due terzi è nelle mani dell’1% più ricco: secondo le stime di Piketty e Zuckman gli oligarchi detengono offshore tre volte le riserve della banca centrale russa. Si tratta prevalentemente di proprietà, molto meno di asset finanziari.

Come succede sempre ogni sanzione contro un singolo Paese comporta conseguenze anche per tutti i Paesi con cui è in rapporto. Che effetti avrà la sanzione Swift sull’Europa?
Potenzialmente abbastanza pesanti soprattutto per gli esportatori di piccole-medie dimensioni. D’altra parte lo stop dei trasporti, non solo quelli aerei ma anche marittimi e via strada, sta determinando un blocco totale dell’export quindi le conseguenze per le imprese saranno molto consistenti. In termini generali l’export italiano verso la Russia vale circa il 3% delle esportazioni con una forte concentrazione nella meccanica, tessile, abbigliamento e ovviamente nell’agro alimentare.

Un altro elemento centrale nella tensione attuale internazionale e in particolare europea è quello relativo alle forniture di gas e di grano. Quali effetti si possono già prevedere sui nostri sistemi economici?
Come si è già visto in questi primi giorni un forte incremento, anche speculativo, dei prezzi che rischiano di spingere le economie verso una frenata rilevantissima, addirittura una recessione tecnica a cavallo tra primo e secondo trimestre. Ovviamente molto dipenderà dall’evoluzione ma se il conflitto dovesse perdurare una caduta dei consumi è inevitabile con conseguente frenata del Pil che in alcuni casi, potrebbe finire in terreno negativo. Ovviamente mese su mese, non come tendenziale annuo.

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