Lula introduce la riforma del lavoro spagnola nella campagna elettorale per le presidenziali in Brasile
El Pais. 13 gennaio 2022

La riforma del lavoro in Spagna è diventata la protagonista della campagna elettorale per le presidenziali in cui si trova il Brasile. L’ex presidente candidato alla presidenza del paese, Luiz Inácio Lula da Silva, ha portato la riforma del lavoro nel dibattito con un tweet con il quale ha incoraggiato i suoi compatrioti a “seguire da vicino” il progetto con il quale “il presidente Pedro Sánchez sta lavorando per ripristinare i diritti dei lavoratori”. Le reazioni, a favore o contro, di alleati, detrattori, degli analisti e degli editorialisti sono tema di dibattito politico in questi giorni di ferie estive in Brasile. Il dirigente del Partito dei Lavoratori e il ministro spagnolo per l’inclusione, le migrazioni e la sicurezza sociale, José Luis Escrivá, hanno partecipato questo martedì ad un webinar sul tema, a porte chiuse.

Secondo una nota diffusa dal partito di Lula, hanno partecipato al webinar i rappresentanti del Partito dei Lavoratori, del Partito Socialista Operaio Spagnolo, dei sindacati brasiliani, dell’UGT e delle Comisiones Obreras. La nota osserva che “gli spagnoli hanno esperienza di dibattito pubblico per la riforma e il ripristino dei diritti”, scomparsi con la riforma del 2012 “nell’obiettivo di raggiungere una retribuzione equa”. Secondo il Partito dei Lavoratori, il ministro spagnolo ha detto che “è una menzogna che la competitività di un paese si ottiene riducendo i salari. Si ottiene con salari migliori insieme alla qualificazione della forza lavoro”. La nota aggiunge che da quando governa Sánchez, “il salario minimo in Spagna è aumentato del 38%”.

L’occupazione e il reddito saranno probabilmente, insieme all’economia in generale, i grandi temi della campagna elettorale per le presidenziali che il Brasile terrà ad ottobre. I dati dell’inflazione (10,06%) e della disoccupazione (12,6%) mostrano che la situazione è pessima. Lula ha pubblicato nel tweet un comunicato stampa che riassume in dettaglio la riforma concordata dal governo spagnolo, dai sindacati e dai datori di lavoro. Il tema era già al centro del dibattito politico mediatico quando il presidente Sánchez ha ringraziato con un tweet. Il fatto che la riforma del lavoro sia il prodotto di un consenso non fa che aumentare il suo interesse.

Il Brasile si era già ispirato dalla Spagna con la riforma del lavoro di una portata enorme, promossa nel 2017 da Michel Temer. Allora il modello era il progetto di Mariano Rajoy.

A seguito di questa iniziativa, Lula introduce il tema della precarietà del lavoro nel dibattito elettorale nel quinto anniversario del massimale di spesa, anch’esso approvato nel 2017, poco dopo la destituzione del presidente Dilma Roussef, sempre del Partito dei Lavoratori. Il presidente Jair Bolsonaro ha ridotto il massimale in vista delle elezioni presidenziali.

Il candidato alle presidenziali sta lanciando due avvertimenti. Il primo rivolto ai milioni di brasiliani che si guadagnano da vivere guidando moto o auto per Uber o Ifood, il nuovo proletariato urbano formato da persone che hanno perso un’occupazione formale. Il secondo avvertimento è rivolto ai sindacati, parte significativa del Partito dei Lavoratori, che negli ultimi mesi hanno assistito agli sforzi del presidente volti a conquistarsi alleati nel centro destra e a indebolire la resistenza del mondo imprenditoriale.

Lula è un po' come Gorbaciov russo dei suoi tempi per la popolarità all’estero che in patria. Durante le recenti visite di successo in Europa, Lula è stato ricevuto dai principali capi di stato. In Spagna è stato ricevuto dal presidente e dalla vicepresidente della Spagna.

Il Partito dei Lavoratori è nato nel 1980 per difendere i diritti dei lavoratori come ha fatto Lula, dirigente sindacale dei metalmeccanici, inizialmente restio ad entrare in politica. Credeva che bastassero i sindacati. Secondo una biografia recentemente pubblicata, Lula ha cambiato idea quando ha scoperto che al Congresso c'erano solo due lavoratori. Durante i suoi due mandati come presidente (2003-2011), la sua politica economica non si è discostata dall'ortodossia. Rousseff è stata criticata duramente e accusata di aver creato la recessione nei due anni di presidenza.

Secondo il Partito dei Lavoratori la riforma ha creato contratti precari, esternalizzazioni e facilitato i licenziamenti. Il grande argomento del governo di allora era che sarebbero stati creati in due anni due milioni di posti di lavoro e sei milioni in dieci anni (il Brasile ha 210 milioni di abitanti). Anche il presidente di allora, Michel Temer, ha ammesso dopo aver lasciato l'incarico che le sue previsioni erano esagerate. Diversamente dalle previsioni, la disoccupazione è aumentata (anche prima della pandemia) e i lavoratori hanno perso potere d'acquisto.

Lula ha rilanciato il tema della riforma del lavoro nell'agenda politica, e come è nel suo stile, lo ha fatto senza molti dettagli, senza specificare se è a favore dell'abrogazione della riforma, dell'introduzione di cambiamenti o semplicemente di un ritocco. La questione della riforma del lavoro ha provocato qualche attrito con il centro-destra di Geraldo Alckmin, che Lula ha sconfitto nelle elezioni presidenziali del 2016 e che ora vuole come vicepresidente. Spera insieme a lui di non far rielegger Bolsonaro dal ritorno della democrazia nel 1985.

Per il momento, su questo e su altri temi, Lula preferisce ascoltare. Non è il momento delle grandi discussioni, dal momento che ha bisogno di numerosi e diversi alleati politici sul territorio per vincere le elezioni, tuttavia non ha ancora fretta di confermare la sua candidatura. Anche se ha già avvertito che "a parte Dio, solo il partito" può proibirgli di essere candidato. Prima di redigere le caratteristiche del suo programma, deve decidere chi sarà candidato alla vicepresidenza.

La discussione sulla riforma del lavoro, se il Partito dei Lavoratori dovesse vincere le elezioni, ha interessato le diverse anime che coesistono nella più grande formazione politica del Sud America. "C’è già la strada", ha detto il presidente del Partito dei Lavoratori, Gleisi Hoffman, riferendosi alla riforma del lavoro spagnola, ma anche "alla revoca della privatizzazione delle imprese energetiche" in Argentina, cioè all'esproprio della compagnia petrolifera YPF della Repsol nel 2012.

Per leggere l'articolo originale: Lula coloca la reforma laboral española en la campaña electoral de Brasil

 

La goccia che ha fatto traboccare il vaso in Kazakistan
Inter Press Service, 12 gennaio 2022

Le proteste più violente degli ultimi 30 anni scoppiate in Kazakistan stanno smascherando anni di diseguaglianze, ingiustizia e corruzione e hanno investito le città del Kazakistan per giorni, mentre tra la popolazione cresceva il malcontento nei confronti della dirigenza del Paese. Dapprima il governo ha tentato l’approccio del bastone e della carota per smorzare le agitazioni, ma poi ha dovuto indire lo stato di emergenza e, infine, ha richiesto un aiuto agli ex alleati sovietici.

Il 6 gennaio, le truppe straniere sono atterrate nella città più grande del Kazakhistan, Almaty, con il mandato dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, una sorta di alleanza militare simile alla NATO che comprende l’Armenia, la Bielorussia, il Kazakhistan, il Kyrgyzstan, la Russia e il Tajikistan. Questo ha segnato il primo dispiegamento ufficiale delle forze dell’organizzazione OTSC, la cui esistenza era stata fino ad ora scarsamente aggressiva.

Il presidente del Kazakhistan, Kassym-Jomart Tokayev, ha chiesto ai paesi dell’organizzazione di inviare aiuti militari per aiutare l’esercito e le forze speciali del paese a ripristinare l’ordine pubblico. Per quanto il mandato abbia un carattere limitato e temporaneo, l’operazione dell’OTSC potrebbe essere un ammonimento prudente per la capacità della dirigenza kazakha di mantenere l’ordine pubblico nel paese.

Le fonti ufficiali hanno riferito a oggi centinaia di vittime, sia tra gli agenti di polizia e sia tra i manifestanti, e di migliaia di feriti negli scontri che sono durati giorni nelle città, provocando 164 morti (il numero dei decessi è contraddetto dalle autorità). Sono state arrestate più di 6.044 persone durante gli scontri violenti.

Un mix esplosivo di inflazione e povertà

La scintilla che ha causato un’ondata simile di proteste trae origine dall’aumento brusco del prezzo del gas di petrolio liquefatto, un tipo di combustibile comunemente usato nelle regioni occidentali del vasto paese dell’Asia centrale. L’aumento era stato all’inizio giustificato dal governo come una conseguenza involontaria della decisione volta a migliorare la competizione nel mercato dei combustibili, ma le proteste nelle strade del 2 e 3 gennaio nelle principali città della regione Mangistau, ad Aktau e Zhanaozen, hanno risposto all’aumento dei prezzi provocati dall’inflazione.

Il fatto importante da sottolineare è che Mangistau è anche una delle principali regioni produttrici di idrocarburi del paese e i lavoratori del settore petrolifero spesso manifestano nelle strade quando sentono di aver subito un torto da parte delle compagnie petrolifere o dal governo.

Ad esempio, lo sciopero che nel 2011 durò otto mesi a Zhanaozen fu disperso con l’uso della violenza delle forze speciali e della polizia. Furono uccisi lavoratori inermi e il governo dichiarò lo stato di emergenza. Il regime kazako non autorizzò successivamente un’indagine indipendente e arrestò una trentina di civili, addossando loro la responsabilità degli scontri che avevano provocato la morte di 16 persone.

La città di Zhanaozen è stata fino ai primi giorni di gennaio sinonimo di tragedia in Kazakistan e una delle pagine più buie in trent’anni di indipendenza del paese. La maggior parte delle persone aveva timore di pronunciare la parola e si riferiva all’uccisione dei lavoratori con il termine “eventi”.

Questa volta, però, le proteste si sono diffuse rapidamente ad altre città del paese, raggiungendo il picco il 4 gennaio ad Almaty, dove migliaia di persone si sono riunite nei pressi della struttura sportiva prima di dirigersi verso la piazza principale della città. Era prevedibile che i manifestanti sarebbero stati accolti da una massa di forze speciali di polizia che hanno utilizzato i lacrimogeni, sparato granate e proiettili di gomma per disperdere la folla.

La protesta è continuata nel mattino successivo con una folla più agguerrita, che ha appiccato il fuoco al palazzo di governo e alla residenza presidenziale. Anche in altre città sono stati riferiti incendi.

Si chiudono cinicamente gli occhi verso un malcontento che dura da tempo

Gli autisti della città di Almaty o della capitale Nur Sultan, non utilizzano il gas di petrolio liquefatto per alimentare le loro auto, ma, allora, perché protestano? La risposta risiede nel malcontento politico, che può essere riassunto in tre parole: disuguaglianza, ingiustizia e corruzione.

Dopo due anni difficili provocati anche dalla pandemia di Covid-19, il tessuto socioeconomico del Kazakistan è stato danneggiato anziché essere ricucito. L’inflazione e una valuta debole accompagnate da statistiche sull’occupazione in peggioramento sono la ricetta per il disastro.

Quattro milioni di persone hanno perso il lavoro durante la pandemia, il calo del prezzo del petrolio ha influenzato negativamente il tasso di cambio Tenge Kazako/dollaro USA, che è sceso del 16% in due anni.

Mentre i poveri diventavano sempre più poveri, i ricchi diventavano sempre più ricchi. La lista stilata da Forbes sui miliardari è passata da quattro a sette miliardari nel 2021. Questa lista non comprende le ricchezze accumulate dal predecessore di Tokayev, Nursultan Nazarbayev, che ha governato il paese dall’indipendenza fino alle dimissioni rassegnate nel 2019.

Durante i governi di Nazarbayev e Tokayev, le riforme politiche sono rimaste indietro rispetto alle richieste della popolazione. Lo stato di diritto era un concetto arbitrario, considerato un costo sistemico dalle società transnazionali desiderose di investire nel paese.

La normativa debole ha aperto uno spazio enorme alla corruzione. L’élite kazaka è nota per aver utilizzato canali finanziari offshore per il riciclaggio del danaro, per aver preso tangenti, e per aver frenato la concorrenza in alcuni settori del mercato. Il mercato del gas di petrolio liquefatto nell’area occidentale del paese era, ad esempio, truccato, cosa notoriamente risaputa.

Nel 2019 e nel 2020, la promessa di riforme avanzata dal nuovo dirigente è stata disattesa e la popolazione ha risposto con un’ondata di proteste che, ancora una volta, sono state represse. Già nel 2021, una serie incessante di proteste sindacali mostravano come il governo fosse incapace di dare risposte a molte fasce della popolazione.

La visione geopolitica

 Il 5 gennaio, mentre le tensioni diventavano violente nei centri urbani di Almaty, nel sud, e ad Aktobe, nel nord del paese, Tokayev ha destituito e arrestato Karim Massimov, fedelissimo di Nazarbayev, dall’incarico di capo dei servizi di sicurezza kazaki, il KNB che ha sostituito il KGB. Inoltre, Tokayev ha assunto la carica di capo del Consiglio di sicurezza nazionale, ricoperto precedentemente da Nazarbayev.

Il mondo, nel frattempo, ha spostato l’attenzione sull’Asia centrale. Quando Tokayev ha chiesto il dispiegamento di truppe dell’organizzazione OTSC, è crollata la sua legittimità all’interno dell’apparato del potere. Era chiaro che aveva bisogno di un aiuto materiale e dell’approvazione dei paesi vicini alleati per restare al potere.

Questo scenario è sembrato conveniente alla Russia, che ha inviato un primo contingente militare e attrezzature a sud del confine russo. I soldati dell’organizzazione OTSC, dopo aver preso il controllo delle strutture logistiche, come l’aeroporto di Almaty, che era stato occupato precedentemente dai manifestanti, si sono spostati nel centro della città e partecipato all’operazione speciale dell’esercito locale per sedare le proteste.

Anche se la motivazione ufficiale si basa sull’infiltrazione di “terroristi addestrati all’estero”, è molto probabile che la Russia decida di spingere l’organizzazione OTSC ad intervenire, considerata la debolezza del regime di Tokayev. Sembra essere prematura l’ipotesi che possa avvenire uno scontro tra grandi potenze, con la Russia e la Cina come parti confinanti interessate, e l’Occidente come portavoce della democrazia e degli interessi commerciali.

Non è chiaro come Tokayev riuscirà a restare al potere, e che tipo di concessioni, lui e il suo successore, saranno disposti a fare al popolo, insoddisfatto, emarginato e tradito, e quali riforme di lungo periodo saranno programmate per evitare che la violenza del 2022 si ripeta.

Per leggere l'articolo originale: The Straw that Broke Kazakhstan’s Back

 

L’arresto di sindacalisti in Cambogia mette in luce le pressioni sulla società civile
Al Jazeera, 11 gennaio 2021

Prima che la polizia in borghese costringesse Chhim Sither la scorsa settimana a salire su un’auto anonima nei pressi del complesso del casinò, dove lavorava, la dirigente sindacale cambogiana aveva tutto il tempo per valutare le alternative. La presidente del sindacato di NagaWorld è stata prelevata dalla polizia per aver guidato lo sciopero per settimane e per aver manifestato all’esterno delle due strutture alberghiere del casinò nel centro della città di Phnom Penh.

Sithar si è tenuta lontana dalle manifestazioni, mentre organizzava i sindacalisti e faceva la spola tra i rifugi sicuri per evitare che venissero prelevati dai funzionari della sicurezza. Ma mentre si preparava a raggiungere i manifestanti la scorsa settimana, aveva previsto che poteva essere arrestata. “Sapevamo dall’inizio che avrebbero utilizzato queste tattiche per intimidirci”, afferma Sithar ai media della Cambogia il 3 gennaio, spiegando che aveva deciso di tagliarsi i capelli per padroneggiarli meglio in prigione”. Gli iscritti sanno che se gli arresti fermeranno lo sciopero, non si arriverà a nessuna soluzione. Per questo devono continuare lo sciopero”.

La polizia ha arrestato Sithar il giorno dopo aver raggiunto i sindacalisti fermati dalla polizia all’esterno dell’ambasciata australiana. Le riprese video VOD e di altri punti vendita hanno mostrato agenti in borghese afferrare Sithar per le braccia, trascinandola in macchina, e respingendo i sindacalisti lungo la strada.

Gli eventi drammatici hanno indicato che la situazione è peggiorata con lo sciopero iniziato il 18 dicembre, nel quale sono state arrestate 30 persone, di queste nove persone sono state accusate di “istigazione a commettere un reato”.

Lo sciopero nasce da una controversia di lavoro iniziata ad aprile, quando la direzione aziendale annunciò il licenziamento di 1.329 lavoratori, circa un sesto della forza lavoro.

600 lavoratori licenziati, tra questi la sindacalista Sithar, sono iscritti al sindacato. La loro occupazione dovrebbe essere protetta dalla legge del lavoro in Cambogia, salvo in caso di colpa grave. Anche se la maggior parte ha accettato i termini del licenziamento, 312 lavoratori hanno continuato a rifiutare il licenziamento, sostenendo che il trattamento è stato scorretto. La direzione si è rifiutata di negoziare con il sindacato durante i licenziamenti, ordinando invece ai lavoratori di autorappresentarsi nei colloqui sulla liquidazione.

Altri lavoratori hanno accusato NagaWorld di non aver pagato la giusta liquidazione in base all'anzianità e ad altri criteri. Il sindacato ha annunciato il 24 novembre l’intenzione di scioperare, dopo mesi di negoziati e di contatti con il Ministero del Lavoro e della Formazione Professionale che non hanno prodotto risultati.

Anche se le rivendicazioni dei lavoratori assomigliano a quelle di molti luoghi di lavoro in fase di ristrutturazione, la controversia alla NagaWorld è seguita attentamente come un campanello d'allarme della società civile cambogiana, che è stata sottoposta ad una crescente pressione da quando la principale opposizione politica del paese è stata abolita nel 2017 per ordine della Corte Suprema, che gli attivisti ritengono sia stata sottoposta ad un controllo politico.

Naly Pilorge, direttore generale dell’organizzazione per i diritti, Licadho, ha riferito ad Al Jazeera che il modo in cui i manifestanti di NagaWorld sono stati trattati è solo l'ultimo esempio di come le autorità usino procedimenti penali per tenere sotto controllo il dissenso. E ha affermato: "Nessuno può sostenere che questo sciopero, condotto da centinaia di iscritti al sindacato, per lo più donne, che manifestano pacificamente per chiedere i loro diritti sul lavoro, minacci la “sicurezza nazionale” o causi disordini sociali". "È assurdo. Quanto accade riflette la mancanza di tolleranza del governo verso qualsiasi assemblea pacifica". Le accuse di “incitamento”, presentate contro i nove sindacalisti arrestati, ora sono usate dal governo per perseguire chiunque osi parlare contro l'ingiustizia in Cambogia, che si tratti di attivisti del lavoro, dell'ambiente, della politica o dei diritti umani".

L'arresto di Sithar, avvenuto martedì scorso, è avvenuto ore dopo la conferenza stampa tenuta dai funzionari di polizia nella capitale per giustificare l'arresto di alti funzionari sindacali.

La polizia ha sostenuto durante la conferenza stampa, a cui non hanno partecipato i media, ritenuti critici nei confronti del governo, che il sindacato è finanziato da organizzazioni esterne, con l'intenzione di "incitare il caos sociale", un’accusa penale spesso usata per mettere a tacere i dissidenti. A riprova delle loro affermazioni, la polizia ha mostrato immagini di bottiglie d’acqua, di manifestanti con cartelli in mano e un'immagine di anni fa di Sithar con una dirigente del Cambodia National Rescue Party (CNRP), partito bandito dalla Cambogia, durante una conferenza delle donne.

Ridurre al silenzio l’opinione pubblica

Anche se NagaWorld è un datore di lavoro privato, gode di un monopolio per il rilascio delle licenze per le attività di gioco a Phnom Penh e l’opinione diffusa, dopo una fuga di notizie del 2017 su presunti messaggi telefonici tra Hun Manith, figlio del primo ministro Hun Sen, e l’amministratore delegato di NagaWorld Chen Lip Keong, un cittadino malese con cittadinanza cambogiana, è che sia collegato al partito popolare cambogiano al governo.

Nonostante la crisi dovuta alla pandemia, la società capogruppo NagaCorp, quotata a Hong Kong, sta attualmente finanziando la costruzione di un terzo impianto multiuso vicino agli altri a Phnom Penh per un valore stimato di 4 miliardi di dollari.

Anche se per i cambogiani stessi è legalmente vietato giocare d'azzardo, la società quotata in borsa occupa una posizione forte nell'industria del gioco mondiale, grazie in gran parte a un commercio precedentemente fiorente dovuto ai viaggi dei cinesi e dei VIP.

Durante i licenziamenti, il casinò aveva affrontato un anno relativamente fiacco per gli affari a causa del crollo dei clienti stranieri. NagaCorp ha registrato, con 102 milioni di dollari di profitti nel 2020, una flessione rispetto ai 521 milioni dell'anno precedente e a 1.47 miliardi del 2018.

La Cambogia è riuscita ad evitare che l’epidemia di COVID-19 si estendesse largamente nel primo anno della crisi globale, ma è stata investita dalla variante Delta lo scorso febbraio, il che ha indotto le autorità a chiudere temporaneamente NagaWorld e il resto dei casinò del paese.

Mentre le fortune dell'azienda aumentavano, il sindacato dei lavoratori di NagaWorld aveva dimostrato nei precedenti scontri con la direzione dell’azienda di essere una forza efficace per la contrattazione. Nel settembre 2019, Sithar fu sospesa dal lavoro a tempo indeterminato mentre chiedeva condizioni di lavoro migliori e salari più alti. Il sindacato scioperò per due giorni nel gennaio 2020 e ottenne il reintegro di Sithar nel posto di lavoro, oltre agli aumenti salariali.

NagaWorld ha mantenuto un silenzio pubblico durante la controversia di lavoro. I rappresentanti dell’azienda non hanno risposto alla richiesta di Al Jazeera di rilasciare un commento.

Dall'inizio dello sciopero, la stessa polizia in borghese che ha trascinato via Sithar questa settimana, gironzolava ai margini delle manifestazioni, filmando con i loro telefoni cellulari sindacalisti, giornalisti, osservatori dei diritti umani e altri partecipanti.

La polizia ha iniziato ad arrestare i sindacalisti la notte di Capodanno, quando hanno pianificato di organizzare proteste fino alla mezzanotte.

I sindacalisti non si sono fatti scoraggiare dagli arresti e, giovedì, una folla di circa 500 persone si è riunita come faceva da oltre due settimane cantando, scandendo slogan e applaudendo. Molti cartelli chiedevano la liberazione dei loro colleghi.

Alla protesta di giovedì, Som Sophea, di anni 50, tra le prime ad essere stata licenziata che si è rifiutata di accettare l’offerta di liquidazione, ha detto ad Al Jazeera di aver lavorato per 26 anni come addetta alle pulizie alla NagaWorld, per un salario iniziale di 80 dollari al mese nei primi giorni di apertura dell’azienda, quando operava da una nave ormeggiata nel vicino fiume Mekong. Ha detto di sentirsi “affranta” per gli ultimi arresti. "Ciononostante, continuerò a scioperare", racconta Sophea. "Voglio che Naga si sieda al tavolo per negoziare con i nostri rappresentanti sindacali".

La decisione del mese scorso del sindacato di scioperare è giunta dopo che i meccanismi ufficiali per attivare le controversie di lavoro non hanno portato ad una risoluzione. Il Consiglio di Arbitrato della Cambogia a settembre si è rifiutato di emettere una decisione in merito ai licenziamenti, chiedendo, invece, al Ministero del Lavoro di riprendere un'indagine sulla situazione dell'azienda che dura oramai da mesi.

Mentre il ministero del Lavoro negoziava con i sindacalisti e la direzione, esortava i manifestanti a interrompere lo sciopero. Un portavoce del ministero ha riferito ad Al Jazeera di un comunicato stampa in cui si chiedeva ai manifestanti licenziati di verificare di aver ricevuto la giusta liquidazione.

I rappresentanti aziendali di NagaWorld hanno detto, il 24 dicembre, che avrebbero portato la questione del reintegro dei lavoratori in sciopero al consiglio di amministrazione, ma non è chiaro se lo abbiano mai fatto.

Khun Tharo, coordinatore del programma del gruppo per i diritti del lavoro Central, ha riferito ad Al Jazeera che era "completamente irragionevole" per il governo aspettarsi che i lavoratori in sciopero tornassero a casa in attesa di una soluzione. "I lavoratori di NagaWorld stanno aspettando da più di sei mesi", ha detto Tharo. "È nell'interesse di tutti che lo sciopero finisca, ma i lavoratori di NagaWorld hanno bisogno di una soluzione accettabile prima di porre fine allo sciopero". Lo sciopero è stato pacifico fino a quando la polizia non ha iniziato ad arrestare gli iscritti al sindacato. Ed ha aggiunto: “L'intero movimento sindacale indipendente in Cambogia è solidale con i lavoratori di NagaWorld". "Questo tipo di attacchi servirà solo a rafforzare il nostro spirito, non a indebolirci".

Nonostante le minacce di agire legalmente contro i lavoratori arrestati, gli iscritti al sindacato si sono impegnati a scendere in strada finché le loro richieste non saranno soddisfatte.

Ket Pronita, di anni 35, lavoratrice iscritta al sindacato che ha partecipato alla protesta di giovedì, ha detto ad Al Jazeera di aver aderito allo sciopero pur mantenendo il suo lavoro perché vede nei licenziamenti una minaccia all’esistenza del sindacato. "Non voglio lasciare il lavoro senza che sia stata fatta giustizia, anche per la prossima generazione che ci lavorerà. Se non agiamo ora per i nuovi lavoratori, finiranno come noi”.

"Continuerò a partecipare dal profondo del cuore fino a quando non avremo più la forza di farlo, o fino a quando non rimarrà una persona".

Per leggere l'articolo originale: In Cambodia, union arrests spotlight pressures on civil society

 

La mobilitazione in Sudan non si affievolisce, nonostante le dimissioni del primo ministro Hamdock
Jeune Afrique, 10 gennaio 2022

Domenica 9 gennaio sono riprese le manifestazioni, dopo le dimissioni del primo ministro di una settimana fa. L’ONU invita a negoziare i civili e i militari, che oramai detengono il potere totale nel paese.

Dopo le dimissioni del primo ministro Abdallah Hamdock di una settimana fa, migliaia di manifestanti si sono radunati, domenica 9 gennaio, nuovamente nella capitale sudanese per protestare contro il colpo di stato del 25 ottobre scorso. Altri manifestanti sono scesi nelle strade delle periferie Omdourman e Bahri, a nord di Khartum, e nella periferia di Wad Madani a sud della capitale.

Al grido di “No, no al regime militare”, i manifestanti sventolavano la bandiera sudanese, mentre le forze della sicurezza cercavano di disperderli con i lacrimogeni, come avevano già fatto durante le manifestazioni contro il colpo di stato del generale Abdel Fattah Al Burhane. Secondo i medici aderenti al movimento di protesta, la repressione delle manifestazioni avrebbe provocato almeno 60 morti e centinaia di feriti.

Blocco rete Internet e di telefonia mobile

Secondo l’ONU, sarebbero almeno 13 le donne violentate e decine di giornalisti malmenati, a volte arrestati, mentre la rete Internet e di telefonia mobile funzionava solo su decisione del governo. Le autorità hanno regolarmente negato di aver sparato sui manifestanti e affermano che numerosi poliziotti sono stati feriti negli scontri.

I medici con i camici bianchi hanno aderito, domenica, alle manifestazioni per protestare contro le forze la sicurezza che hanno preso d’assalto gli ospedali e le strutture mediche durante le manifestazioni precedenti. Il Comitato centrale dei medici sudanesi, che fa parte del movimento di protesta, ha dichiarato, sabato, che i medici parteciperanno alle manifestazioni e consegneranno ai funzionari delle Nazioni Unite un promemoria per denunciare le recenti “aggressioni commesse dalle forze che hanno compiuto il colpo di stato”.

Il primo ministro, volto della società civile per la transizione, ha rassegnato le dimissioni la scorsa settimana in seguito ad una giornata di manifestazioni finite in tragedia. Il primo ministro Abdallah Hamdock, che era stato reinsediato il 21 novembre scorso, dopo essere stato destituito con l’intero governo in seguito al colpo di stato del 25 ottobre, ha preso atto di non riuscire a cambiare la situazione verso la giusta direzione. I militari sono da allora gli unici al potere. Il generale Burhane, che ha prolungato il mandato alla guida del paese di due anni, afferma che le elezioni si terranno nel luglio del 2023, ma le promesse fatte non calmeranno le manifestazioni nelle strade.

Rifiuto “completo” dei colloqui

L’inviato ONU in Sudan, Volker Perthes, ha annunciato che organizzerà i negoziati con “tutti gli attori, civili e militari” per cercare di risolvere la crisi. “E’ tempo di porre fine alla violenza e di avviare un processo costruttivo”, ha segnalato mentre proponeva di intavolare queste discussioni, che avrebbero dovuto essere inaugurate questo lunedì.

Le Forze per la Libertà e il Cambiamento, protagoniste della rivolta che ha portato all’estromissione dal potere di Bashir nel 2019, hanno dichiarato di non aver ricevuto “alcun dettaglio” dall’ONU in merito ai colloqui da avviare. L’Associazione dei professionisti sudanesi, che da due anni svolge un ruolo determinante, ha espresso un “rifiuto completo” dei colloqui, affermando che il solo modo per risolvere la crisi sta nel “ritiro completo del consiglio militare golpista”.

Per leggere l'articolo originale: Soudan : malgré la démission de Hamdock, la mobilisation ne faiblit pas


La crisi del costo della vita alimenta il timore di una nuova era di conflitti sociali
The Observer, 9 gennaio 2022

Iscritti al sindacato delle università e dei college hanno scioperato per tre giorni lo scorso mese. Alcuni credono che gli accordi sull’aumento dei salari avvieranno la spirale tra salari e prezzi. Ma i lavoratori non sindacalizzati nel Regno Unito sono in grado di chiederlo?

Jack Saunders ha il titolo accademico post lauream, PhD, e ha insegnato ai laureandi per 10 anni, di recente presso l’University College di Londra, eppure in tutto questo periodo non ha avuto la sicurezza del posto di lavoro e un aumento dello stipendio adeguato all’inflazione. “Da quando ho iniziato a lavorare nel 2011, ho un contratto a tempo determinato”. “E non ho avuto un aumento dello stipendio adeguato all’inflazione da quando Gordon Brown era primo ministro. Questo significa essere sempre in cerca di un lavoro nel mercato del lavoro e ogni lavoro trovato è un palliativo”.

Saunders è rappresentante del sindacato delle università e dei college, che rappresenta gli universitari, e lo scorso anno ha scioperato per tre giorni con il personale universitario di altre 57 istituzioni. Dovrebbe promuovere altri scioperi all’interno di una guerra di logoramento con i datori di lavoro dell’università condotta su tre questioni: salari bassi, tagli alle pensioni del personale universitario e “precarizzazione” della forza lavoro universitaria, dove un numero basso di personale ha contratti a tempo indeterminato. Saunders aggiunge che “i datori di lavoro dell’istruzione universitaria hanno adottato una forma di gestione maschilista che non fa che peggiorare la situazione del personale universitario col passare degli anni”.

L’Associazione dei datori di lavoro delle università e dei college hanno proposto un aumento retroattivo a partire da aprile dell’1,5%, sostenendo che non può permettersi di fare altro nel mezzo della pandemia, dato che sta versando maggiori somme per aumentare le ultime retribuzioni degli universitari ai fini pensionistici.

La situazione è più o meno la stessa nel magazzino e nel centro di smistamento B&Q e nei luoghi di lavoro in tutto il paese. Dovendo affrontare la pressione enorme del costo della vita, mentre l’inflazione riduce i salari e le bollette da pagare aumentano, i lavoratori chiedono aumenti di stipendio per stare al passo on gli aumenti.

450 lavoratori dell’azienda di logistica Wincanton, preposti al funzionamento dello stabilimento B&Q nel Nottinghamshire hanno abbandonato il lavoro per protestare contro l’offerta di aumentare la paga dal 2% al 4%, poi aumentata, senza che la controversia fosse risolta.

Un lavoratore dello stabilimento ha riferito che il personale era chiaramente arrabbiato perché si aspettava qualcosa di più dato l’aumento vertiginoso del costo della vita, dopo che il 96% dei lavoratori avevano votato a favore dello sciopero. “Lo stabilimento è operativo da 16 anni e questa è la prima controversia di lavoro. Ma il datore di lavoro non ammette che le persone lavorino in un ambiente di lavoro duro per 40 ore la settimana, monitorate tutto il tempo e, per di più, non possono sbarcare il lunario dato che molti lavoratori sono pagati meno di 10 sterlina l’ora”.

Il sindacato Unite sta sostenendo i lavoratori in sciopero, anche se molti di loro stanno utilizzando il fondo speciale e frequentano regolarmente i banchi alimentari.

La Wincanton ha dichiarato: “Apprezziamo il lavoro vitale svolto quotidianamente dai nostri colleghi e la proposta che abbiamo presentato è giusta e competitiva. Ci impegniamo a cercare una soluzione che soddisfi tutte le parti".

Per Mike Clancy, segretario generale del sindacato Prospect, l'aumento del costo della vita sta alimentando la polveriera di lamentele accumulate prima e durante la pandemia. "Le controversie salariali sono di solito il risultato di un malcontento più profondo nell'organizzazione".

Gli iscritti al sindacato Prospect sono aumentati fino a rappresentare 150.000 iscritti in vasti settori di lavoro, per lo più nelle posizioni professionali più alte. Anche una parte degli oltre 1 milione di iscritti di Unite, è impegnata in diverse controversie salariali, di recente nella controversia con l'agenzia governativa Natural England. Il personale ha scioperato la scorsa settimana dopo una serie di blocchi salariali e di bassi salari che, secondo il sindacato, risalgono a più di dieci anni fa.

Il negoziatore del sindacato, Jane Lancastle, ha riferito che la direzione dell'agenzia sta sfruttando il personale entrato con uno stipendio iniziale di 22.168 sterline. "Lo stipendio iniziale all'Environment Agency è di 24.213 sterline e di 27.235 sterline alla Forestry Commission. Nel momento in cui più della metà del personale sostiene, nel sondaggio realizzato dal datore di lavoro, che il loro lavoro li ha fatti ammalare nell'ultimo anno, non sorprende il fatto che vogliano prendere dei provvedimenti".

Il 76% dei voti a favore di uno sciopero è stato accantonato mentre i negoziati con la direzione continuano.

L'esperto di redditi, Ken Mulkearn, fino a poche settimane era convinto fa che un'impennata dell'inflazione sarebbe passata senza che vi fossero state molte reazioni da parte dei 32 milioni di lavoratori britannici. Un decennio di salari medi bassi dopo il crollo finanziario del 2008 sembrava suggerire che i lavoratori, timorosi di un mercato del lavoro sempre più insicuro, avessero poca voglia di combattere. "Ora non ne sono così sicuro. Ci sono segnali che indicano che l'aumento dei prezzi sta avendo conseguenze”.

Dietro l'aumento dei tassi d'interesse della Banca d'Inghilterra dello scorso mese, si è temuto che l’aumento dei prezzi potesse innescare una serie di richieste salariali alte.

Migliaia di aziende valuteranno nei prossimi due mesi quanto pagare il personale a partire da aprile e se questo comporterà un aumento dell’inflazione di due cifre in termini reali.

Con la principale misurazione dell'inflazione, l'indice dei prezzi al consumo (CPI) al 5,1% che punta al 6%, i funzionari della Banca hanno analizzato i dati relativi alle retribuzioni del settore privato per rilevare se una spirale tra salari e prezzi, di quelle che consolida livelli di inflazione alti negli anni futuri, potesse prendere slancio e se avessero bisogno di imporre ulteriori aumenti dei tassi nel 2022 per calmare la situazione.

Il direttore di Incomes Data Research, Mulkearn, è uno degli esperti consultati dalla Banca.

La sua azienda ha scoperto che il premio corrisposto in base alla paga mediana nell’intera economia è stato del 2,3% nei tre mesi fino a novembre, con segnali scarsi riguardo alla possibilità che si potesse verificare una spirale salariale. La società di consulenza rivale XpertHR afferma lo stesso. Il suo osservatorio dello stipendio mediano ha rilevato un aumento medio del 2,2% nello stesso periodo, rispetto al 2% di ottobre, calcolato in base al risultato di 42 accordi salariali entrati in vigore tra il 1° settembre e il 30 novembre, che coprono più di 650.000 dipendenti.

L'aumento della retribuzione dei lavoratori del settore pubblico è stato solo dell'1,4%, rispetto al 2,5% dell'anno precedente.

I dati ufficiali, che tengono conto anche dell’aumento di stipendio dovuto alla promozione e al cambiamento di lavoro del personale, hanno registrato un aumento nei primi mesi della pandemia, per lo più in risposta alle grosse perdite di posti di lavoro tra i lavoratori meno pagati che hanno innalzato artificiosamente la media.

Il picco al di sopra dell'8% ha cominciato a scemare nell’estate. Negli ultimi dati di ottobre, l'aumento medio della paga era crollato sotto al 4% ed è sembrato scendere ulteriormente a novembre.

Mulkearn sostiene che un'ondata di controversie salariali e di scioperi potrebbe portare ad un aumento degli accordi separati sul tasso di inflazione.

Tuttavia, non si prospetta uno sciopero generale o il tipo di lotta sindacale di massa che caratterizzò gli anni '70, quando l'adesione al sindacato raggiunse il livello massimo di 12 milioni. Stephen Bevan, responsabile della ricerca presso l’Institute for Employment Studies, ritiene che esistano ad oggi poche indicazioni che i 6.7 milioni di lavoratori sindacalizzati (4 milioni dei quali nel settore pubblico), ossia il 76,3% non sindacalizzato, si stiano preparando a lottare per i salari, ad eccezione di quelli marginali. L'adesione al sindacato tra le aziende del settore privato ha raggiunto uno dei livelli più bassi mai registrati, 2.56 milioni di iscritti nel 2020.

Per Bevan il fatto che aziende come Amazon e Starbucks si siano fatte pubblicità nel Regno Unito per aver aumentato gli stipendi al di sopra dei minimi legali, difficilmente permetterà che vi siano aumenti reali su base annua. "La realtà è che queste sono aziende statunitensi, e se osserviamo come operano negli Stati Uniti vediamo che stanno pagando delle società di consulenza per assicurarsi che i sindacati non possano mai prendere piede".

Ritiene che la maggior parte dei lavoratori sia rimasta in una posizione debole dopo il passaggio alla "retribuzione commisurata alle prestazioni individuali", che li ha costretti a combattere da soli, faccia a faccia con il loro manager. "La paga individuale è sfumata, ma il lavoro da casa la sta riportando indietro".

Tuttavia, una carenza di professionalità, soprattutto nel settore manifatturiero, dopo l’uscita di lavoratori specializzati più anziani, ma anche nel settore professionale legale, contabile e dei servizi informatici, sta andando a favore del personale.

I 1.200 magazzinieri e autisti di camion della Tesco hanno di recente respinto l'offerta salariale di un aumento del 4%, a rischio di non compiere le consegne natalizie, prima di accordarsi sul 5,5%, con effetto retroattivo da luglio, più un ulteriore 0,5% da febbraio. Il sindacato del commercio al dettaglio, Usdaw, ha raggiunto, a nome di 5.000 iscritti, un accordo con Tesco per un importo simile. La Ford ha raggiunto un accordo di due anni a novembre, che prevede inizialmente un aumento del 5,1% prima di agganciare la paga all'indice dei prezzi al dettaglio (RPI) nel secondo anno. L'RPI si attesta attualmente al 7,1%.

Il nuovo segretario generale di Unite, Sharon Graham, ha il merito di aver organizzato una campagna sindacale più mirata per adeguare i salari all'inflazione, e di aver esercitato una pressione a causa dei livelli alti di posti di lavoro vacanti e per cambiare i modelli di lavoro al fine di correggere dieci anni caratterizzati da salari bassi.

Mulkearn ritiene che, dopo l’uscita di Len McCluskey, famoso per il suo esibizionismo politico, il sindacato Unite si sia "spostato su una linea diversa", concentrandosi di più su questioni di carattere sindacale come il salario.

Il sindacato delle Università e dei College ritiene che il voto a favore dello sciopero votato con successo in 58 università potrebbe verificarsi in altre 42 università, che lo scorso anno non sono riuscite a raggiungere la soglia del 50% di adesione, con la possibilità che il nuovo voto potrebbe impegnare 100 università negli scioperi quando il 14 gennaio sarà reso noto il risultato.

Gli infermieri hanno respinto l’offerta di aumentare il salario del 3% in una votazione consultiva di dicembre, dove più della metà si è espressa a favore dello sciopero. Il sindacato dei dipendenti pubblici, PCS, sta organizzando una consultazione simile che, secondo il segretario generale Mark Serwotka, servirà a capire se gli iscritti sono pronti a scioperare per i salari, le pensioni e le condizioni di vita.

La responsabile delle questioni giuridiche presso il TUC, Kate Bell, sostiene che ci siano indicazioni secondo cui i lavoratori starebbero flettendo i loro muscoli dopo aver spinto, prima che esplodesse il Covid, gli aumenti salariali medi a circa il 4%: "Molte persone hanno lavorato duramente durante la pandemia ed è comprensibile che vogliano tornare ad aumenti salariali di quel livello". "C'è un sentimento diffuso che le persone che hanno lottato durante la pandemia vogliono e hanno bisogno di un aumento del salario in termini reali".

Finora, solo il sindacato dei lavoratori delle ferrovie RMT ha intenzione di voler assicurare un aumento superiore all'inflazione nel caso in cui l'indice dei prezzi al dettaglio sia utilizzato come punto di riferimento degli accordi. Il sindacato si è già impegnato con l’Azienda responsabile dei trasporti pubblici di Londra ad aumentare gli stipendi dei conducenti della metropolitana tenendo contro dell’indice dei prezzi al dettaglio, più lo 0,1% da aprile. L’accordo triennale raggiunto sembra essere un accordo lungimirante.

Il sindacato dei lavoratori delle ferrovie si distingue in quanto negoziatore. Nessun altro sindacato riesce a competere con la sua determinazione, o capacità di bloccare le ferrovie. Questo può significare che la Banca d’Inghilterra si sta preoccupando inutilmente dell’aumento dei salari, almeno non con la fermezza degli anni ’70, quando l’adesione sindacale era così forte e la contrattazione per combattere l’inflazione era la regola.

Per leggere l'articolo originale: Cost of living crisis raises fears of a new era of industrial strife