Come prima risposta al calo della domanda anche in Germania le aziende fanno ricorso alle leve classiche come lo smart working, la banca delle ore, l’esaurimento delle ferie e la cassa integrazione. Già oggi è chiaro che il ricorso alla cig sarà molto più forte che non durante la crisi economica e finanziaria. Questo viene dimostrato anche dai risultati di un sondaggio realizzato recentemente dall’IG Metall, il sindacato dei metalmeccanici tedeschi. Il sondaggio ha riguardato 3.571 aziende. I risultati che sono stati presentati il 7 aprile rivelano che solo il 4% delle aziende interpellate lavora ancora a pieno regime. Per 1.107 aziende (31%) gli ordini sono invece crollati drasticamente. Il 60% delle aziende riferisce problemi e rischi a livello della catena di fornitura. Il 10% ha già proceduto a licenziamenti e il 38% non ricorre più al lavoro in somministrazione. Il 9% dichiara di avere già dei problemi di liquidità e il 16% si aspetta dei problemi di liquidità nel corso dei prossimi 4-6 settimane. Mentre l’1% si trova già in insolvenza, un altro 7% vede questo rischio nel corso dei prossimi 3 mesi. Due terzi delle aziende fa già ricorso alla cassa integrazione o prevede di farlo nel corso dei prossimi mesi. Il 42% di queste aziende si aspetta una durata di ricorso alla cassa integrazione di almeno 6 mesi. Nel 55% delle aziende il ricorso alla cassa integrazione riguarda almeno l’80% delle lavoratrici e dei lavoratori e la metà delle aziende dichiara di aver ridotto l’orario di lavoro di almeno il 50%.

Nel settore automobilistico solo alla Volkswagen sono 80.000 dipendenti che attualmente si trovano in cassa integrazione. All’Audi sono invece 29.450, alla Porsche 9.000 e alla Bmw 22.000. Ma anche gli altri gruppi (Mercedes, Opel e Ford), così come anche i grandi fornitori come Continental, Leoni ed altri ancora hanno fermato la produzione. In questi casi la cig si dimostra uno strumento fondamentale per salvaguardare i posti di lavoro. Ma anche dal punto di vista dell’andamento economico la cig si rivela uno strumento fondamentale nella crisi. Come è stato dimostrato già nella crisi economica e finanziaria, l’impatto sull’economia sarebbe molto maggiore senza lo strumento della cig. È infatti la salvaguardia dei posti di lavoro che riesce a frenare la recessione. Comunque, come menzionato sopra, ci sono anche aziende che hanno già proceduto a licenziamenti. Nell’industria automobilistica la Ford ha annunciato che intende eliminare 5.000 degli attuali 24.000 posti di lavoro a Colonia e Saarlouis e anche l’Audi ha dichiarato che vuole cancellare 1.500 degli attuali 62.000 dipendenti in Germania.

La riapertura delle aziende
Attualmente le case automobilistiche stanno già pianificando le loro strategie di riapertura dei loro stabilimenti. La maggior parte ha deciso di riprendere la produzione verso la fine di aprile o all’inizio di maggio. I fornitori stanno invece concordando le date con i gruppi automobilistici. La prima a presentare il suo piano di riapertura è stata la Daimler. Mentre il ricorso alla cig per la gran parte delle lavoratrici e dei lavoratori della produzione è stato prolungato fino al 30 aprile, alcuni stabilimenti della Daimler saranno riaperti in modo graduale già a partire dal 20 aprile. Il piano coordinato di riapertura riguarderà in primo luogo i siti di produzione di sistemi di propulsione. Poi sarebbe prevista una riapertura scaglionata dei vari siti di produzione di automobili, monovolume, camion e autobus. All’inizio sarebbe previsto comunque un solo turno di lavoro. Come la Daimler anche la Bmw si sta preparando per riaprire gli stabilimenti. L’interruzione delle attività in Europa, Sudafrica, Messico e negli Stati uniti dovrebbe durare ancora fino al 30 aprile. La Bmw usa questo tempo per realizzare modifiche negli stabilimenti che si rendono necessarie in vista del lancio della produzione dei nuovi modelli. Nello stabilimento di Monaco, per esempio, si prepara la produzione del modello elettrico Bmwi4 che dovrebbe partire nel 2021. La Ford ha invece annunciato che i due stabilimenti di Colonia e Saarlouis riapriranno probabilmente il 4 maggio.

Un’altra casa automobilistica che ha già definito il calendario della riapertura dei vari stabilimenti è la Volkswagen. Il 20 aprile saranno riaperti gli stabilimenti di Zwickau e Bratislava. A Zwickau viene prodotto il primo modello completamente elettrico della Volkswagen, la ID3, che dovrebbe essere disponibile in Europa a partire dall’estate 2020. Il 27 aprile dovrebbero riaprire anche la maggior parte degli altri stabilimenti tedeschi, fra cui quelli di Wolfsburg, Hannover, Emden, Braunschweig e Salzgitter così come quelli in Spagna, Portogallo, Russia e negli Stati uniti. Infine, la riapertura degli stabilimenti in Sudafrica, Argentina, Brasile e Messico è prevista per maggio. All’inizio la riapertura avverrà ancora a ritmo rallentato e a regime ridotto, ovvero a un turno. 

In questa fase di riapertura la Volkswagen fa tesoro delle sue esperienze in Cina dove la produzione è già stata ripresa. Per garantire l’approvvigionamento degli stabilimenti cinesi gli stabilimenti produttivi di componenti di Braunschweig e Kassel hanno iniziato il 6 aprile a riprendere la produzione. Dopo Pasqua hanno dato seguito anche gli stabilimenti produttivi di componenti di Salzgitter, Hannover e Chemnitz. In questi cinque stabilimenti di componenti lavorano attualmente complessivamente 1.700 lavoratrici e lavoratori che producono soprattutto motori, trasmissioni e assali. Anche lo stabilimento dell’Audi a Györ in Ungheria ha ripreso la produzione di motori. Inizialmente la riapertura riguarda 100 dipendenti che lavorano su un solo turno. La produzione di componenti in questa fase non serve solo a garantire la produzione in Cina ma anche a preparare le forniture di componenti a tutti gli stabilimenti di montaggio del gruppo Volkswagen in europa, incluso gli stabilimenti degli altri marchi del gruppo. 

Un tassello per il ritorno alla normalità riguarda la riapertura delle concessionarie. Senza punti di vendita aperti la ripresa delle attività produttive non avrebbe senso. Perciò probabilmente non è un caso che il governo tedesco abbia inserito nel suo piano per le riaperture la possibilità proprio per le concessionarie auto di riaprire a partire dal 20 aprile. Per poter riprendere a produrre le case automobilistiche dipendono comunque fortemente dai fornitori. L’amministratore delegato della Continental, Elmar Degenhart, fa presente che un fornitore di primo livello come la Continental ha bisogno di almeno una settimana per riorganizzare la propria catena di fornitura che è composta da 2.300 fornitori a livello globale. Per far sì che la catena di fornitura funzioni è ovviamente necessario che tutti i fornitori siano pronti a riprendere l’attività produttiva. Se ci fossero dei fornitori insolventi o dei fornitori che nei loro paesi non ottengono ancora il permesso di riaprire, la ripresa della produzione si potrebbe complicare. Perciò l’associazione dell’industria automobilistica tedesca sta chiedendo una pianificazione coordinata a livello europeo per quanto riguarda la ripresa delle attività produttive nell’industria automobilistica. Un tale coordinamento non riguarderebbe solo gli intrecci fra case automobilistiche, fornitori e distribuzione, ma ovviamente anche tutto il settore della logistica e la libertà di circolazione delle merci a livello europeo. 

Nell’ambito di un piano coordinato a livello europeo, l’Italia assume un ruolo cruciale. Si stima che solo in Italia si trovano circa 2.200 fornitori dell’industria automobilistica tedesca. Se queste aziende non possono riprendere a produrre anche i piani di riapertura delle case automobilistiche tedesche sono destinati a fallire. Per questo motivo i massimi rappresentanti dell’industria automobilistica tedesca, come fra l’altro l’amministratore delegato della Continental, Degenhart, premono sul governo tedesco per far sì che vengano garantite misure di sostegno adeguate per l’Italia. Secondo Degenhart dovrebbe essere proprio questa la funzione dell’Unione europea. A questo riguardo vede una responsabilità particolare della Germania. Si tratta infatti dello Stato membro che in passato ha approfittato dell’Unione europea come nessun altro Paese. Questo viene dimostrato dal continuo surplus della bilancia commerciale tedesca con gli altri Stati membri dell’Unione europea. Perciò Degenhart crede che la Germania abbia il dovere di impegnarsi per misure di sostegno più adeguate.

Un altro aspetto cruciale per poter tornare a produrre riguarda la tutela della salute delle lavoratrici e dei lavoratori. Perciò le aziende dell’industria automobilistica stanno concordando con i consigli di fabbrica delle misure per tutelare la salute dei dipendenti. Alla Volkswagen hanno stipulato un accordo aziendale che definisce un pacchetto di circa 100 misure mirate a ridurre il rischio di infezione il più possibile. Queste misure concordate con il consiglio di fabbrica includono misure a livello dell’organizzazione del lavoro, l’uso di mascherine, il disaccoppiamento dei turni, la distanza di sicurezza fra le postazioni di lavoro, le pause per potersi lavare le mani, il controllo della temperatura corporea, standard igienici e regole di condotta e  comportamento sul posto di lavoro. Queste misure implicano anche un adattamento del processo produttivo che necessariamente rallenterà. Un pacchetto simile di misure per ridurre il rischio di infezione al minimo è stato sviluppato anche alla Daimler. Alla Continental le misure implicano l’applicazione di divisori in plexiglass e l’utilizzo di diversi tipi di maschere (mascherine monouso, maschere FFP2, ecc.) a seconda del livello di rischio. Per quanto riguarda le mascherine chirurgiche, la Continental si vuole rendere indipendente attraverso una produzione propria che dovrebbe soddisfare il proprio fabbisogno. Inoltre è stata attivata una linea diretta in diverse lingue per informazioni di carattere medico-sanitario.

L’impatto sull’economia tedesca
L’industria tedesca si aspetta nei prossimi tre mesi un brusco calo per quanto riguarda le aspettative di produzione. L’indice Ifo del rinomato istituto di ricerca economica che misura la fiducia degli industriali tedeschi in marzo è calato a un minimo storico di -20,8 punti. Durante la crisi economica e finanziaria era calato a -13,3 punti. Le aspettative più negative sono state rilevate per l’industria automobilistica, per l’industria della gomma e della plastica e per l’industria meccanica. L’industria della chimica si sente meno colpita e per quanto riguarda l’industria alimentare l’indice cala, ma rimane comunque positivo. La domanda è se dopo la riapertura l’economia si riprenderà velocemente, dopo un periodo di magra, o se i livelli produttivi si attesteranno su un livello più basso per un periodo più lungo. Secondo gli economisti più lungo sarà il fermo di produzione, più difficile sarà la ripartenza.

Le prospettive dell’industria automobilistica
Attualmente, come abbiamo visto, le case automobilistiche si stanno preparando per la riapertura. La pianificazione della ripresa delle attività produttive è un’operazione complessa visto che implica il coordinamento dei fornitori a livello globale. Secondo l’agenzia di consulenza Ernst & Young le catene di fornitura rappresentano infatti il rischio più grande per l’industria automobilistica visto che non tutti riusciranno a sopravvivere alla crisi. Questo potrebbe costringere le case automobilistiche a fermare le catene di montaggio nuovamente. Mentre i grandi gruppi riescono a resistere più a lungo grazie alle loro riserve finanziarie, le piccole aziende rappresentano il vero punto debole nella catena di fornitura. Mantenere in vita questo sistema di fornitura molto complesso rappresenta quindi la sfida principale. Perciò, le case automobilistiche sembrano anche disposte a salvare fornitori strategici che si trovano in difficoltà economiche e soprattutto di liquidità.

Inoltre, l’agenzia di consulenza McKinsey si aspetta per il futuro una riorganizzazione dei complessi sistemi di fornitura. Se in passato le catene di fornitura costruiti fino a sette livelli erano organizzati a livello globale, in futuro è prevedibile un processo di regionalizzazione. Per ridurre la dipendenza da catene a livello globale i siti produttivi in Europa si avvarranno probabilmente il più possibile dei fornitori europei e i siti produttivi in Cina dei fornitori cinesi. Ernst & Young vede la Coronacrisi anche come un catalizzatore di una pulizia di mercato. L’agenzia prevede un’ondata di insolvenze, acquisizioni e fusioni. Si prevede un crollo degli utili e dei fatturati senza precedenti. Anche se la produzione dovesse riprendere a breve ci vorrebbe un periodo molto lungo per tornare ai livelli pre-crisi. Per quanto riguarda le case automobilistiche, i gruppi Toyota, Bmw e Volkswagen sembrano i meglio posizionati in termini di profittabilità. Secondo Ernst & Young i 17 gruppi automobilistici più grandi alla fine del 2019 disponevano complessivamente di 226 miliardi di euro di liquidità.

Secondo il professor Ferdinand Dudenhöffer, esperto riconosciuto del settore automobilistico, per i tre gruppi tedeschi Volkswagen, Bmw e Daimler ogni giorno senza fatturato equivarrebbe a una perdita di circa 360 milioni di euro. In questa crisi Dudenhöffer vede anche il rischio che l’industria automobilistica tedesca possa perdere fino a 100.000 degli attuali 830.000 posti di lavoro visto che la cassa integrazione riesce a salvaguardare i posti di lavoro solo per un determinato periodo. Sulla base delle esperienze della crisi economica e finanziaria secondo Dudenhöffer ci vorranno più di 10 anni per compensare il crollo della domanda. La causa non sarebbero tanto i problemi legati alla catena di fornitura, quanto la mancanza di domanda a medio-lungo termine. Secondo Dudenhöffer la domanda interna potrebbe calare quest’anno del 15%, del 20% in Cina, del 25% in Francia e negli Stati uniti e del 30% in Italia. A livello europeo l’agenzia McKinsey prevede addirittura un calo del 30% e per il mercato statunitense del 30-35%. Un andamento simile prevede anche l’agenzia di consulenza Bain a livello globale. L’agenzia stima che senza incentivi da parte dei governi nel 2020 la domanda potrebbe calare del 29% a livello mondiale. Secondo altri esperti le prospettive dell’industria automobilistica tedesca non devono essere per forza così cupi, secondo loro dipenderà molto dall’andamento del mercato cinese che sta già mandando segnali di ripresa.   

In Europa la domanda sarà comunque una delle incognite principali. Potenziali consumatori che durante la crisi hanno dovuto intaccare i loro risparmi o che si preoccupano per le loro future entrate probabilmente sposteranno in avanti l’acquisto di una nuova macchina. Anche le imprese che sono rimaste senza liquidità rimanderanno la sostituzione del loro parco rotabile. È anche da tener conto che il calo della domanda dovuto alla Coronacrisi rafforza ulteriormente la tendenza al ribasso che era già in atto prima della pandemia. In Germania la produzione era infatti calato da 5,1 milioni di vetture nel 2018 a 4,7 milioni di vetture nel 2019. Per il 2020 Dudenhöffer prevede una produzione fra 3,4 e 3,8 milioni di vetture. Visto il prevedibile crollo della domanda dovuto all’aumento della disoccupazione e delle insolvenze, Ernst & Young vede la necessità di incentivi all’acquisto di autoveicoli. Anche il gruppo Volkswagen sostiene che una politica degli incentivi questa volta sarà ancora più importante che dopo la crisi economica e finanziaria. Visto che in Germania circolano ancora circa 5 milioni di auto con standard euro 3 o addirittura con standard precedenti, la Volkswagen suggerisce degli incentivi mirati alla sostituzione di auto inquinanti con auto ecosostenibili. Proposte simili sono state avanzate sia dalla Bmw, sia da rappresentanti dei partiti di governo.

Volker Telljohann, Ires Emilia-Romagna