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L'economia della Basilicata ristagna, in controtendenza rispetto alla “moderata crescita italiana e del Mezzogiorno”. A dirlo ieri, 13 novembre, l’aggiornamento congiunturale della Banca d’Italia sul primo semestre del 2025, in cui l’indicatore trimestrale dell’economia regionale ha segnalato una variazione negativa (-0,1%).
A pesare maggiormente è stato l’andamento dell’industria caratterizzato da contrazioni su fatturato e vendite. In cima alla lista delle criticità, ancora una volta, le difficoltà dello stabilimento Stellantis di Melfi con la produzione calata da poco più di 40 mila veicoli, a poco meno di 20 mila, con un saldo negativo del 59,4%, e le vendite precipitate da 60 mila a meno di 20 mila. Una contrazione netta è stata registrata anche nel comparto estrattivo, dove il saldo negativo è del 10%.
Fernando Mega, Cgil: “Rilanciamo la vertenza Basilicata: lavoro, industria, trasporti e emigrazione, specie dei nostri giovani”
“Il quadro dell’economia lucana emerso dai dati della Banca d’Italia purtroppo non sorprende, confermando ciò che da tempo denunciamo. Ecco perché come Cgil Basilicata abbiamo lanciato la vertenza Basilicata, un vero e proprio allarme per il governo regionale ma anche un appello a intervenire con urgenza su alcuni asset fondamentali in particolare sofferenza, come il lavoro, l’industria, i trasporti e l’emigrazione, specie dei nostri giovani, spostando a Roma le vertenze che coinvolgono grandi player nazionali e internazionali”. Lo ha detto il segretario generale della Cgil Basilicata, Fernando Mega.
“Alla luce della drammaticità dell’economia lucana – ha proseguito – chiediamo al Consiglio regionale della Basilicata una seduta straordinaria sulla grave crisi del nostro sistema produttivo che ha portato la regione al primo posto per la crescita esponenziale degli ammortizzatori sociali (dati Inps), a partire dalle grandi vertenze di Stellantis e dall’automotive fino alla SmartPaper e al salottificio Natuzzi”.
Mega: “A pesare soprattutto l’andamento negativo dell’industria”
Per Mega “i dati della Banca d’Italia parlano chiaro. L’andamento dell’economia regionale ha risentito soprattutto di quello negativo dell’industria. Le rilevazioni campionarie relative ai primi nove mesi dell’anno indicano infatti una contrazione del fatturato e delle quantità vendute tra le imprese del settore. Le difficoltà dello stabilimento Stellantis di Melfi hanno continuato a incidere sull’intero comparto degli autoveicoli. Con una incidenza sul Pil che continua a contrarsi, in controtendenza rispetto alla moderata crescita osservata in Italia e nel Mezzogiorno. Una decrescita destinata ad aumentare se non si interviene subito e con urgenza, così come abbiamo ampiamente anticipato con il nostro rapporto sul Pil lucano e la crisi dell’automotive e dell’area industriale di Melfi”.
La Cgil ha lanciato l’allarme e chiesto politiche di reindustrializzazione e riconversione rispetto ai siti di estrazione petrolifera tenuto conto del graduale declino della produzione, con investimenti nel no oil. “E infatti la Banca d’Italia ha certificato che nei primi sei mesi di quest’anno il valore della produzione del comparto estrattivo – da cui dipende l'ammontare delle royalties erogate a favore degli enti locali lucani – sarebbe sceso rispetto al primo semestre del 2024. Le esportazioni sono rimaste stazionarie in termini nominali, su livelli molto contenuti nel confronto storico”.
“La Basilicata è ormai una vertenza a cielo aperto: presidi e tende ovunque”
“Se a ciò si aggiunge la crisi idrica, con l’agricoltura in ginocchio, e perfino le utenze di tantissimi comuni lucani, il calo demografico (la Basilicata è prima in Italia secondo i dati Istat), il saldo migratorio negativo (oltre 3 mila persone nel 2023, ovvero -6,1 per mille), è evidente – conclude Mega – che non si può più negare che siamo di fronte a una crisi senza precedenti. È ora di rompere l’omertà e il racconto negazionista del governo Bardi rispetto a una crisi epocale. Come ha detto una lavoratrice lucana e delegata Cgil, la Basilicata è ormai una vertenza a cielo aperto: presidi e tende ovunque. Il simbolo di una terra dimenticata che affonda nel silenzio e nella rabbia di chi non si rassegna”.

























