Aveva ragione la Fiom e torto la Commissione Europea. Anche se nella vita vera la vittoria di Davide e la sconfitta di Golia non restituiranno alla Acc di Mel, storico stabilimento del bellunese produttore di compressori per elettrodomestici, la ricchezza e il protagonismo che gli operai si erano conquistati sul campo per decenni. Insieme alla soddisfazione di una sentenza che, con pochissimi precedenti, annulla una decisione della Commissione, il sindacato potrà però lottare, ancora una volta, perché sia riconosciuto a quegli stessi operai, le vere vittime di tutta questa assurda vicenda, il risarcimento che spetterebbe loro.

La vicenda

Complicato riannodare le fila di una strategia politico-economica durata anni che, alla luce del pronunciamento del Tribunale Europeo, di fatto dà ragione alla ricostruzione dei metalmeccanici della Cgil. Il Tribunale Europeo ha annullato la decisione della Commissione Europea del 2020 di autorizzare la multinazionale giapponese Nidec ad acquisire le linee produttive del compressore per refrigerazione domestica dello stabilimento di Fuerstenfeld in Austria, “affossando così le ultime speranze italiane di riattivare un polo di produzione del compressore” e “negando al contempo allo stabilimento Acc di Borgo Valbelluna – finito in amministrazione straordinaria – l’accesso ai fondi europei previsti dalla legge Prodi-bis per la continuazione della produzione di compressori, chiesto dal governo italiano per l’ultima fabbrica nazionale ancora aperta dopo che Whirlpool aveva chiuso l’Embraco di Chieri, provincia di Torino”, altra pagina vergognosa di questa storia.

“Una scelta, quella europea, vistosamente ostile al nostro Paese e favorevole all’Austria e al colosso giapponese”, commenta con amarezza Stefano Bona, segretario generale della Fiom di Belluno che si è battuto per anni contro la fine della Acc determinata, di fatto, dalle scelte di Bruxelles.

Una scelta, quella europea, vistosamente ostile al nostro Paese e favorevole all’Austria e al colosso giapponese

Stefano Bona: “Al tempo fummo derisi e sbeffeggiati anche dall’allora ministro dello Sviluppo economico Giorgetti. Altro che ‘prima gli italiani’”

“Durante gli anni di lotta, siamo stati del tutto inascoltati da chi, al governo e al ministero, avrebbe dovuto aiutarci a salvare Acc. Il progetto Italcomp – sottolinea Stefano Bona riferendosi al progetto di riattivare un polo italiano del compressore che diventasse punto di riferimento del mercato europeo – se adeguatamente sostenuto avrebbe rilanciato e tenuto aperte le nostre fabbriche, uniche in Europa per competenze e professionalità. E invece siamo stati derisi e sbeffeggiati anche dal ministro Giorgetti, allora titolare dello Sviluppo economico e Ministro dell'Economia in carica, del quale ricordiamo tutte le decisioni, lontane anni luce dallo slogan Prima gli Italiani tanto caro al suo partito, che hanno portato alla fine di Acc e alla mancata realizzazione del progetto Italcomp che avrebbe salvato sia Acc che Embraco”.

Siamo stati derisi e sbeffeggiati anche dal ministro Giorgetti, allora titolare dello Sviluppo economico e Ministro dell'Economia in carica, del quale ricordiamo tutte le decisioni, lontane anni luce dallo slogan Prima gli Italiani tanto caro al suo partito, che hanno portato alla fine di Acc e alla mancata realizzazione del progetto Italcomp che avrebbe salvato sia Acc che Embraco

La vicenda ai giorni nostri

“Dopo una causa molto lunga e complessa – ricostruisce il segretario della Fiom bellunese – la sentenza sancisce, con una decisione con pochissimi precedenti, la sconfitta della Commissione. Ciò non restituisce vita allo stabilimento Acc, ceduto l’anno scorso al gruppo Lu-Ve per essere riconvertito dalla produzione di compressori a quella di scambiatori di calore, ma ribadisce le ragioni industriali e sociali della posizione italiana. Nella decisione di non autorizzare i finanziamenti, la Commissione aveva sostenuto che l’importazione di compressori dal Far East provocava limitati danni sociali (la chiusura della fabbrica), ma ben maggiori benefici economici per i consumatori in ragione del minor prezzo dei prodotti asiatici di quelli nostrani. Ora Nidec dovrà desistere dalla produzione di compressori in Austria, rinunciando allo stabilimento”.

Sconfessata dunque la linea della Commissione. Resta grande lo sconcerto per una partita sostanzialmente persa, quella della produzione di elettrodomestici, uno dei cuori pulsanti delle economie avanzate e per decenni fiore all’occhiello del nostro Paese – come dimostrano le vertenze combattute in solitudine dai sindacati in questi anni, Acc, Embraco, Whirlpool e tante altre –. Adesso, con le guerre che stanno sconvolgendo il mondo e ben sette stretti bloccati, da Suez a Panama, per citare i due più famosi, si rischia un terremoto nella logistica globale, nel trasporto di materie prime e componenti dall’Asia all’Europa. E questo potrebbe presto diventare un altro colpo, stavolta mortale, alla nostra già fragile economia. Le vittime sarebbero sempre le stesse, lavoratori e cittadini di tutto il pianeta.