Otto miliardi per “tagliare le tasse”: questo quanto indicato nel Documento di previsione del bilancio appena varato dal Consiglio dei ministri. Ma come, e soprattutto per chi? Questo l’interrogativo non sciolto la cui risposta darà il segno al provvedimento. Taglio a favore dei redditi medio bassi da lavoro e da pensione, o riduzione del cuneo fiscale a favore delle imprese, magari riducendo o eliminando l’Irap?

Certo, è positivo che nella prossima manovra le risorse destinate alla riforma del fisco siano aumentate rispetto ai due miliardi previsti. Ma il punto vero – anche in questo caso - è quale riforma si sta pensando. Una riforma fiscale per lo sviluppo, per la redistribuzione della ricchezza prodotta dal Paese, che contribuisca alla riduzione delle diseguaglianze, che sostenga il sistema di welfare che ha bisogno di consolidamento e allargamento? Oppure si sta pensando ad una riforma che riduca la pressione fiscale sulle imprese, ritenendo che in questo modo si creerà lavoro e crescita, magari lasciando invariato il prelievo sulle grandi ricchezze? Ecco, c’è riforma e riforma.

“Se le anticipazioni giornalistiche corrispondono al vero e nella Legge di bilancio ci saranno i 6/8 miliardi di cui si parla per la riduzione delle tasse - afferma Gianna Fracassi vicesegretaria generale della Cgil -. credo debbano andare tutti a lavoratori e pensionati, facendo un intervento che sia significativo. E, probabilmente, sarebbe necessario averne di più per un intervento davvero rilevante”.

Ridurre tutte le aliquote non è affatto una buona idea, né ridurre solo quella del 38%. Secondo la dirigente sindacale “Si potrebbe lavorare sulle detrazioni da lavoro dipendente e da pensioni. In questo modo si riuscirebbe a dare subito un segnale tangibile. Riteniamo importante, visto lo slittamento dei tempi della riforma, che la legge di bilancio stabilisca chi saranno i beneficiari di questo intervento”.

Le pressioni che arrivano da più parti sono davvero tante: intervenire sull’Irap eliminandola per tutti, o solo per alcuni come professionisti e società di persone, per esempio, costerebbe tre miliardi. Mentre due miliardi costerebbe l’eliminazione del Cuaf (il contributo unificato per gli assegni familiari). Anche in questo caso a beneficiarne sarebbero le imprese. Interventi che ridurrebbero, non di poco, gli otto miliardi a disposizione rendendo così davvero esigua la quota che rimarrebbe per la riduzione a favore di lavoratori e pensionati. Per non parlare di chi sostiene che andrebbe estesa la flat tax. Ovviamente il sindacato, in modo unitario, non è affatto d’accordo con queste ipotesi.

Quanto previsto in manovra finanziaria, se le anticipazioni verranno confermate dai testi al momento non disponibili, sarà una premessa della complessiva riforma del fisco, delineata dalla delega fiscale approvata nelle scorse settimane dal governo. L’intenzione è certamente lodevole, ed è bene ricordare che il Piano nazionale di ripresa e resilienza la prevede come riforma di accompagnamento. Però ci sono almeno due questioni non proprio positive. Innanzitutto i tempi e le procedure: come ogni legge delega, per esser definita la riforma dovrà aspettare i decreti legislativi che dovranno essere predisposti dal governo ed esaminati dal Parlamento. In secondo luogo i criteri definiti sono davvero troppo ampi.

In ogni caso Gianna Fracassi sostiene: “La delega è sicuramente una scelta politica importante. È l’esplicitazione della volontà effettiva di metter mano alla riforma del fisco. Ha però alcuni elementi di criticità. Innanzitutto ha un perimetro assai largo ed è vaga sui principi che dovranno esser rispettati nella scrittura dei decreti legislativi. Poi prevede un tempo assai lungo per l’emanazione dei decreti stessi: 18 mesi sono davvero troppi, per di più è prevista anche la possibilità di slittamento. Positivo, invece, è l’intervento sul catasto. Sicuramente è interessante l’idea del riordino dell’Irpef. È di tutta evidenza che occorrerà capire quale sintesi si troverà, se si troverà, all’interno della maggioranza di governo sui decreti legislativi”.

Razionalizzazione, progressività, contrasto all’evasione ed elusione sono i principi affermati nella delega. Si provvederà ad una revisione dell’Irpef sulla base di un sistema duale: significa che i redditi da lavoro saranno tassati in maniera progressiva, mentre quelli da interessi, dividendi, plusvalenze, affitti, e rendite lo saranno in maniera proporzionale. Ancora, si dovrà lavorare al riordino delle detrazioni e deduzioni e alla riduzione delle aliquote medie per favorire l’accesso al lavoro per i giovani e le donne. E poi si dovrà metter mano alla revisione dell’Ires e del catasto. È prevista la razionalizzazione dell’Iva e il superamento graduale dell’Irap. Anche in questo caso l’Europa non è un’osservatrice “neutra”, le indicazioni che ci ha mandato sono precise: meno pressione sui fattori della produzione, incremento del gettito dalle imposte sui consumi, revisione del catasto e imposte sul patrimonio, riduzione delle agevolazioni e trattamenti di favore, riduzione dell’evasione.

È bene ricordare che l’Italia è il Paese con un tasso di evasione fiscale tra i più alti. Proprio lo scorso 18 ottobre l’Istat ha pubblicato il Rapporto sull’economia non osservata: nel 2019 ammonta 203 miliardi e di questi ben 183 è economia sommersa mentre 19 sono frutto di attività illegali. Stiamo parlando di oltre 11% del Pil. Ma dal fronte evasione ed elusione arriva una piccola buona notizia, accompagnata da una assai meno buona. Secondo quando scritto nella Nadef (la nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza) l’Iva non è più la tassa maggiormente evasa, grazie alla fatturazione elettronica. Questo “brutto” primato è passato all’Irpef degli autonomi. Su questa partita la riforma dovrà intervenire in maniera efficace.

Cgil Cisl e Uil da tempo sostengono la necessità di una riforma fiscale che riporti il nostro sistema di tasse e tributi ai principi costituzionali. Nel 2019 hanno unitariamente presentato una vera e propria piattaforma con proposte dettagliate. Conclude Gianna Fracassi: “In questo panorama è necessario e urgente che il governo, ministro dell’economia e premier, convochi rapidamente le organizzazioni sindacali. La partita ci riguarda assai da vicino: credo non si possa procedere ad un intervento di questa natura senza che ci sia un passaggio con Cgil Cisl e Uil. Ricordo che ci incontrammo prima della manovra di bilancio del 2019, questo portò al risultato di un abbattimento del cuneo fiscale per i lavoratori a reddito basso. Occorre incontrarci prima della stesura della manovra di quest’anno, per ben destinare gli otto miliardi a disposizione”.