La lettura dei 57 paragrafi che compongono il documento tedesco Combattere le conseguenze del coronavirus, assicurare la prosperità, rafforzare la redditività futura, presentato il 3 giugno e frutto dell’elaborazione di una Commissione nominata dalla coalizione di governo, mostra come la Germania, dopo la pandemia, si candidi a esercitare un nuovo ruolo di guida in Europa. Tanto per cominciare, il riferimento all’Unione costituisce un contrappunto continuo, come per confermare che il governo tedesco intende commisurare le sue azioni a uno scenario continentale che non perde mai dalla sua visuale. Per questo aspetto, risalta la distanza dal documento francese per il rilancio dell’industria automobilistica nazionale, già commentato su questo sito, dove invece il profilo europeo dei problemi è di fatto ignorato, essendo l’attenzione imperniata sulla realtà e gli obiettivi della Francia. Rispetto a un simile approccio lo stacco del documento tedesco vuol essere netto ed evidente, quasi a convalidare il principio che non ci possa essere un interesse nazionale della Germania distinto dalla prospettiva europea. Una seconda differenza da rimarcare è la visione olistica sottesa al documento tedesco: non esistono problemi dell’auto che possano essere affrontati in maniera distinta da quelli della mobilità più in generale, così come non si può discutere di mobilità senza preoccuparsi di disegnare i contorni di un modello di sviluppo fondato sul principio della sostenibilità ambientale.

A chi legge, sia tedesco o no, viene inviato un chiaro messaggio: la necessità di ripensare le basi dell’economia dopo il coronavirus è un’opportunità che va colta per una sorta di revisione generale. La pandemia impone di fatto un’accelerazione e anche un salto di qualità nella definizione di linee di sviluppo che si distaccano da quelle seguite in precedenza, perché incorporano molto più decisamente la sollecitazione alla difesa e alla tutela ambientale. È evidente che, se la Germania saprà agire tempestivamente, essa influenzerà in maniera ancora più determinante del passato le politiche della costruzione europea. Ciò la sospinge verso una responsabilità maggiore e più elevata in seno all’Unione Europea, cui ha titolo per le risorse e le capacità che può mobilitare, incomparabili rispetto a quelle delle altre nazioni.

L’approccio olistico è imperniato, come si è già notato, sul principio di inaugurare una nuova era configurando un modello di sviluppo dotato di un grado sempre più ampio di sostenibilità, in primo luogo ambientale, ma anche sociale, tale da garantire al processo di crescita un’inedita qualità. Una Germania diversa da quella che è stata nel suo passato recente? Sì e no: sì, perché risulta nuova la ricerca di una coerenza interna e di una compatibilità da realizzare trasversalmente ai comparti dell’economia; no, perché dal testo fanno capolino le radici storiche dell’egemonia economica tedesca, che il governo si propone semmai di consolidare, non certo di abolire. Tale è, per esempio, il caso dell’export, giacché anche nel nuovo contesto la Germania intende salvaguardare la posizione di straordinario vantaggio che si è assicurata all’interno del commercio internazionale. Forse proprio quest’ultimo è l’elemento più contraddittorio entro uno schema politico-culturale che tenta di compiere un consistente sforzo di innovazione. Ma probabilmente il governo tedesco è troppo consapevole del peso del proprio apparato produttivo per immaginare di poter ridurre la tensione verso le esportazioni.

Non di meno, non si può non rimanere colpiti dalla compattezza di un elaborato che riesce a concentrare, in uno spazio limitato, una vastissima quantità di temi, declinati e articolati con cura. I paragrafi non assomigliano per nulla alle schede presentate al governo italiano dalla Commissione Colao: anzitutto perché il documento possiede una sua logica unitaria e poi perché gli obiettivi sono indicati con sufficiente chiarezza. Per ognuno di essi vengono posti dei termini di tempo per l’esecuzione e sono preventivati i costi e le coperture finanziarie. Non un “libro dei sogni”, come si dice di solito, ma qualcosa che assomiglia di più a un vastissimo e complesso piano organico, sui cui risultati non ci possono essere certezze, ma che è sorretto dalla convinzione che meriti provarci.

Inevitabile che l’occhio del lettore italiano corra al paragrafo relativo alla mobilità, non foss’altro perché crede che il programma tedesco possa avere delle conseguenze e delle ripercussioni significative per il nostro paese, visto che una parte cospicua della nostra filiera automotive gravita sulla Germania. Il paragrafo 35 si apre con un’affermazione impegnativa: “Un’infrastruttura di trasporto e mobilità efficiente è un prerequisito per una rapida ripresa e una nuova crescita praticamente in tutti i settori economici”. Ma la mobilità deve essere rafforzata “garantendo al contempo maggiore sostenibilità e protezione del clima”. Ecco la ragione degli incentivi concessi ai veicoli a emissioni più ridotte, con l’esenzione fiscale per le vetture elettriche prorogata al 31 dicembre 2030. Per un’auto elettrica del costo fino 40.000 euro elettrici l’incentivo del governo passa da 3.000 a 6.000 euro fino al 31 dicembre 2021.

Nel campo della ricerca il governo finanzierà con 2 miliardi di euro nel 2020-21 le attività di Ricerca&Sviluppo soprattutto nei sistemi di fornitura del ciclo dell’auto. Altri 2,5 miliardi saranno investiti nelle strutture di carica e nella produzione di batterie elettriche, cioè nel framework da cui dipende la diffusione dell’auto elettrica. Seguono le misure per il trasporto urbano: “Al fine di aumentare la domanda di autobus elettrici e rendere i trasporti urbani più rispettosi dell’ambiente, i finanziamenti per gli autobus e la loro infrastruttura di ricarica saranno temporaneamente aumentati fino alla fine del 2021”, con un finanziamento di altri 1,2 miliardi di euro.

Sullo sfondo di questi interventi, c’è però un obiettivo molto più ambizioso: “rendere la Germania il fornitore mondiale di tecnologia all’avanguardia per l’idrogeno”. Per questo occorrono il sostegno europeo e partenariati internazionali, ma non c’è dubbio l’egemonia tedesca sull’europea uscirebbe ingigantita dalla sua eventuale leadership tecnologica nell’idrogeno.

Ecco il livello delle ambizioni tedesche ed ecco anche il quadro di riferimento che la Germania mette a punto per l’Europa e per il suo sviluppo di domani. Essa chiede alle altre nazioni europee di seguirla e di appoggiarla in questo processo di trasformazione. È chiaro che per l’Italia, a questo punto, si delinea soltanto la possibilità di un ruolo laterale e complementare di accompagnamento della Germania nella transizione verso una riconfigurazione dello sviluppo europeo.