A più di trent’anni dal bando dell’amianto in Italia, risalente alla legge del 1992, le sue conseguenze continuano a farsi sentire. Ancora oggi, molti familiari di lavoratori esposti a questa fibra scoprono solo dopo anni di avere diritto a un risarcimento o a una rendita da parte dell’Inail e del Fondo Vittime Amianto.
Un recente caso seguito dalla Camera del Lavoro Cgil Roma Centro Ovest Litoranea e dal patronato Inca Cgil dimostra quanto sia fondamentale la tutela e l’assistenza offerte da queste strutture. Presso la sede Inca di via Ostiense, è stato infatti ottenuto il riconoscimento integrale della malattia professionale per un operaio manutentore deceduto a causa di mesotelioma pleurico, dopo decenni di esposizione all’amianto.
Il risultato arriva dopo un percorso lungo e complesso, che ha richiesto la collaborazione di più figure professionali: i consulenti del patronato Inca, il medico legale Fabio Manca e l’avvocata Claudia Malandrino, che ha curato l’azione legale. Inizialmente, l’Inail aveva respinto la richiesta della famiglia, ma grazie all’intervento del patronato e alle prove raccolte – comprese ricerche ambientali che hanno dimostrato l’uso di materiali contenenti amianto nell’azienda – l’ente ha infine riconosciuto il diritto prima dell’apertura del dibattimento.
Un percorso difficile ma di grande valore
Come racconta Serena Stellon, responsabile Inca Cgil Roma Centro Ovest Litoranea, ai microfoni di Collettiva, la pratica è partita dalla moglie della vittima, accompagnata dai figli. Il marito, deceduto per mesotelioma pleurico, aveva lavorato per anni a stretto contatto con materiali contenenti amianto, in particolare nella pulizia dei cavi di Eternit.
“Non è stato facile ricostruire il nesso causale tra malattia e attività lavorativa – spiega Stellon – perché erano passati molti anni dalla cessazione del rapporto di lavoro e l’Inail aveva inizialmente respinto la pratica. Abbiamo raccolto prove e documentazioni tecniche e così siamo riusciti a dimostrare che l’azienda in cui l’uomo lavorava utilizzava materiali contenenti amianto, come avveniva comunemente in quegli anni. Dopo quasi tre anni di lavoro, tra la fase amministrativa e quella giudiziaria, siamo riusciti a ottenere un risultato importante per la famiglia”.
La famiglia ha ottenuto il riconoscimento della rendita ai superstiti, la liquidazione dei ratei arretrati per un importo complessivo di più di 99 mila euro, oltre a 10 mila euro provenienti dal Fondo Vittime Amianto. Questo riconoscimento rappresenta non solo un risarcimento economico, ma soprattutto un atto di giustizia e di dignità nei confronti di chi ha perso la vita a causa del lavoro.
Amianto: una ferita ancora aperta
Nonostante il divieto d’uso dell’amianto risalga al 1992, i casi di mesotelioma e altre patologie correlate continuano a emergere. Molti ex lavoratori o i loro familiari non sanno di avere diritto a una rendita o a un risarcimento, perché le malattie legate all’amianto possono manifestarsi anche dopo decenni dall’esposizione.
“Purtroppo, non è un caso isolato – spiega Stellon –. Molte persone non immaginano che la patologia che li ha colpiti o ha colpito i loro cari possa derivare dal lavoro svolto molti anni prima. Per questo è fondamentale rivolgersi alle nostre sedi per ricevere assistenza e verificare se esistono i presupposti per un riconoscimento”.
Come ottenere supporto
Il patronato Inca Cgil offre consulenza gratuita per i familiari delle vittime dell’amianto in tutte le sue sedi sul territorio nazionale. Grazie al lavoro congiunto di operatori, medici e avvocati, è possibile ricostruire la storia lavorativa, accertare il nesso causale tra esposizione e malattia, e presentare domanda di riconoscimento all’Inail o al Fondo Vittime Amianto.
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