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La Corte di giustizia europea si è pronunciata, con la sentenza 917/2025, su una domanda (tecnicamente “domanda di pronuncia pregiudiziale”) sottoposta da un giudice polacco: la domanda si riferiva al caso di due cittadini polacchi, entrambi uomini, che, avendo contratto matrimonio in Germania, dove soggiornavano, chiedevano conseguentemente la trascrizione del matrimonio in Polonia, dove tale unione non è contemplata.
La pronuncia della Corte stabilisce un importante punto fermo: stante la disponibilità del diritto interno dei singoli Stati di prevedere o non prevedere il matrimonio o altro tipo di istituto equivalente tra persone dello stesso sesso, lo Stato di origine non può rifiutare la trascrizione del matrimonio contratto in altro Stato membro, a meno che l’ordinamento interno non sia dotato di strumenti che garantiscano comunque l’unione tra quelle due persone.
Vale la pena di ricordare che – al netto delle recenti elezioni che hanno in parte modificato l’assetto politico del Paese – la Polonia è stata nell’ultimo decennio uno dei Paesi capofila, assieme all’Ungheria, dell’ondata di estrema destra che ha travolto il nostro Continente e che ha poi fatto numerosi adepti, non solo nell’area dell’ex Patto di Varsavia ma anche nel nostro e in altri Paesi. Va da sé dunque che il diritto interno polacco non consente nessun tipo di unione tra persone dello stesso sesso e pertanto la trascrizione si impone.
La Corte europea fa appello, nella sua decisione, a due principi fondanti del diritto europeo, quello della tutela della vita familiare e quello della libertà di movimento all’interno dell’Unione, princìpi che non sarebbero garantiti se all’atto dello spostamento si perdesse, come in questo caso, lo status matrimoniale.
Questa decisione non implica l’introduzione del matrimonio egualitario in Polonia (perché questo attiene appunto alla libera decisione di ciascuno Stato membro) né è direttamente efficace in Polonia ma il giudice che ha presentato la domanda vi si dovrà attenere nella sua decisione, quella sì, valida nel diritto interno. E la pronuncia si applicherà tout-court anche a tutti i casi analoghi già emersi o che emergeranno nel futuro.
In un tempo di diritti negati e di feroce attacco a quelli esistenti, è giusto salutare con estremo favore una pronuncia che, oltre a tutelare princìpi fondamentali dell’Unione, apre uno spiraglio di speranza anche per chi provenga da Paesi dell’Unione caratterizzati da un forte integralismo come tutti quelli in cui l’estrema destra è arrivata al governo.
Sandro Gallittu, responsabile Politiche per le famiglie e l’infanzia Cgil






















