Il decreto del ministero della salute pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 21 agosto di quest’anno revoca la sospensione del decreto emanato nel 2020 dallo stesso ministero, che aveva inserito il cannabidiolo (Cbd) nelle tabelle delle sostanze stupefacenti.

 “Tale sospensione – afferma Denise Amerini responsabile dipendenze e carcere, area Stato sociale e diritti della Cgil nazionale - era stata ottenuta grazie alla mobilitazione delle organizzazioni e delle associazioni della società civile, compresa la Cgil, che da anni sono impegnate sul tema delle sostanze, che ne avevano chiesto il completo ritiro. Giudicammo, allora, quel risultato una prima parziale vittoria, che andava nella direzione delle più recenti affermazioni della medicina e della ricerca scientifica, ma che, soprattutto, non impediva il diritto alla cura per tante persone affette da patologie spesso anche invalidanti”.

Oggi il ministro Schillaci annulla quell’atto di sospensione inserendo il cannabidiolo fra le sostanze stupefacenti: dal 22 settembre questo, nonostante la comprovata assenza di effetti psicoattivi, sarà inserito nella tabella B dei medicinali, secondo il testo unico degli stupefacenti, senza alcuna evidenza scientifica a supporto.

Tutt’altro. Già l’Oms, nelle raccomandazioni all’Onu, aveva chiesto di rimuovere dalle convenzioni questa sostanza perché non psicoattiva, e già altri Paesi europei hanno escluso l’assoggettabilità di medicinali anche ad alta concentrazione di Cbd agli stupefacenti.

Dietro questo provvedimento, oltre agli interessi economici delle grandi aziende farmaceutiche, si legge chiaramente la visione proibizionista, pregiudiziale, dell’attuale governo, basata su una guerra alla droga che parte dal rifiuto ideologico e a prescindere di ogni sostanza, e della canapa in quanto tale.

L’Italia sarà il solo Paese europeo che considera il Cbd e le sue preparazioni ad uso orale come uno stupefacente, determinando anche una situazione complessa da gestire, visto che la Corte di giustizia europea ha stabilito che il Cbd prodotto da uno Stato membro debba poter circolare anche negli altri Stati, proprio perché non è considerato stupefacente.

La revoca arriva, inoltre, in un momento in cui in altri Paesi dell’Unione Europea si sta ragionando per la legalizzazione della cannabis: “Oltre a confermare la politica ultraproibizionista dell’attuale governo, è una ulteriore dimostrazione delle politiche repressive che già si erano evidenziate a partire dal cosiddetto decreto Rave”, aggiunge Daniela Barbaresi segretaria confederale della Cgil. Non a caso già c’è stato chi ha giudicato favorevolmente il provvedimento, affermando esplicitamente che il Cbd è “il cavallo di Troia per promuovere il consumo di cannabis”, visione vecchia e smentita dai fatti, quella che vuol fare della cannabis la porta di accesso a consumi di sostanze sempre più pesanti.

“È evidente come questo sia un passo nella direzione, peraltro esplicitamente dichiarata dal governo, della ‘tolleranza zero’” - conclude Amerini -. In questi giorni si tiene, a Roma, la Summer School sulle droghe, appuntamento annuale promosso da Forum Droghe e Cnca, a cui da sempre la Cgil collabora e contribuisce, dove esperti, operatori, amministratori si confrontano per produrre un pensiero più avanzato e politiche più avanzate: sarà il luogo giusto per affrontare anche questo tema, nello spirito che informa la nostra azione: conoscere, affrontare la realtà fuori dai pregiudizi. Non serve dire no, serve conoscere”.