Processato più volte per le sue azioni, Nelson Mandela dichiarava nel 1964 in un’appassionata arringa davanti alla Corte suprema di Pretoria: “Ho lottato contro il dominio bianco e contro il dominio nero. Ho coltivato l’ideale di una società democratica e libera nella quale tutti potessero vivere uniti in armonia e con pari opportunità. È un ideale per il quale spero di poter vivere e che spero di ottenere. Ma se necessario, è un ideale per il quale sono pronto a morire”.

Condannato all’ergastolo tornerà libero - a 72 anni, dopo 27 di reclusione - solo l’11 febbraio 1990.

Alla sua liberazione seguiranno le trattative per la transizione democratica del Paese, le elezioni, gli anni della Presidenza e poi dell’impegno umanitario con la sua fondazione prima del definitivo ritiro dalla vita pubblica.  Il 10 maggio 1994 diventa presidente del Sudafrica.

Madiba presidente

 “Lo abbiamo capito ora - dirà nel suo discorso d'insediamento - che non vi è nessuna strada facile per la libertà. Lo sappiamo bene che nessuno di noi da solo può farcela e avere successo (...). Il tempo per la guarigione delle ferite è venuto. Il momento di colmare gli abissi che ci dividono è venuto. Il tempo di costruire è su di noi, è il nostro tempo, la nostra ora”. 

Morirà, serenamente, a Johannesburg il 5 dicembre 2013. “Quando un uomo ha fatto quello che ritiene il suo dovere per la sua gente e il suo paese - del resto era solito dire - può riposare in pace”. Ai suoi funerali parteciperà probabilmente il più alto numero di personalità mai visto nella storia.

“Madiba - scriveva Repubblica - soprannome che deriva dal suo clan di appartenenza, si è spento serenamente nella sua abitazione a Johannesburg, attorniato dai suoi familiari. Tutto il Sudafrica ha seguito con il fiato sospeso i suoi ultimi mesi, punteggiati da quattro ricoveri in ospedale dovuti a infezioni polmonari, conseguenze della turbercolosi contratta nei lunghi anni di prigione a Robben Island. Appena appresa la notizia una folla, fra cui tanti giovani si è radunata sotto la sua casa: molti in lacrime, qualcuno sorridendo nel ricordo di un uomo venerato ormai nel continente africano quasi come un santo”.

L'esempio di Nelson Mandela

“Non posso immaginare la mia vita senza l’esempio di Nelson Mandela” - affermava nell’occasione Barack Obama turbato fino quasi alle lacrime - Io sono stato una delle milioni di persone ispirate da Mandela. Mi ha dato l’idea di cosa si può raggiungere quando si è guidati dalla speranza”.

“Sono stato ispirato da Mandela”, raccontava l’allora segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon: “Mi disse che erano state centinaia di migliaia di persone ad aver abbattuto l'apartheid, non lui solo. Fui colpito da queste parole. Come è possibile, mi chiesi, che un uomo non si attribuisca i meriti che tutti gli attribuiscono? Dobbiamo imparare da Nelson Mandela per fare in modo che questo mondo sia migliore”.

Lo stesso Dalai Lama dirà di “aver perduto un caro amico, un uomo coraggioso, di una integrità incontestabile. Il modo migliore per rendergli omaggio - affermerà -  è di lavorare per la pace e la riconciliazione come ha fatto lui”. Anche oggi. Soprattutto oggi.

Invictus, mai sconfitto è una poesia scritta dal poeta inglese William Ernest Henley. Quella poesia che Nelson Mandela utilizzava per alleviare gli anni della sua prigionia. 

Dal profondo della notte che mi avvolge,
Nera come un pozzo da un polo all'altro,
Ringrazio qualunque dio esista
Per la mia anima invincibile.
Nella feroce morsa delle circostanze
Non ho arretrato né gridato.
Sotto i colpi d’ascia della sorte
Il mio capo è sanguinante, ma non chino.
Oltre questo luogo d'ira e lacrime
Incombe il solo Orrore delle ombre,
E ancora la minaccia degli anni
Mi trova e mi troverà senza paura.
Non importa quanto stretto sia il passaggio,
Quanto piena di castighi la vita,
Io sono il padrone del mio destino:
Io sono il capitano della mia anima.